Fu un martire religioso o uno spietato guerriero? Ricca di culti, miti e leggende che si fondono con la realtà, la figura del sovrano vichingo eretto a simbolo nazionale continua ad affascinare

OSLO. In un versetto della Bibbia, Giobbe affermava che Militia est vita hominis super terram (La vita degli uomini sulla terra è un combattimento). E di culti di santi guerrieri ne potremmo trovare a decine anche in Sicilia: agli albori del cristianesimo appartiene il culto di San Giorgio – santo patrono di Ragusa, Modica e Piana degli Albanesi – e in tempi più moderni potremmo riferirci a Sant’Ignazio di Loyola, per restare nella categoria degli Athleta Christi, venerato a Ragusa, Piazza Armerina e Piedimonte Etneo.
Qualche settimana addietro, sfogliando una rivista norvegese di storia con tema (guarda caso)  i vichinghi, la mia attenzione è stata attirata da uno speciale su colui che era descritto come il santo più sanguinario e crudele della cristianità: Sant Olav di Norvegia, festeggiato il 29 luglio.

Nell’autunno del 1013, in pieno medioevo, al cospetto del duca di Normandia si presentò un robusto  vichingo norvegese che portava il nome di Olav Haraldsson. Cent’anni prima i normanni erano scesi a patti con il re francese e, stabiliti nel medesimo territorio, erano diventati ferventi cristiani. Allo stesso modo alla corte del duca, il giovane Olav sperimentò qualcosa che gli cambiò decisamente la vita: lo zelo e il potere unificatore del culto cristiano, tanto da voler essere battezzato dall’Arcivescovo di Rouen.
Ritornerà presto in patria, ancora non consapevole di passare alla storia come Olav il Santo, re di Norvegia e primo santo scandinavo.

In realtà, un decennio prima la Norvegia aveva già avuto il suo primo re cristiano, sconfitto da diverse tribù vichinghe che si spartirono il territorio norvegese eleggendo ognuna il proprio re. In questo contesto di estremo caos politico e di frammentazione territoriale, si colloca la figura di Olav, membro di una famiglia appartenente all’élite guerriera. Egli prese parte a spedizioni devastanti e crudeli che lo portarono verso il Mar Baltico sino ai territori di Al-Andalus, nell’attuale Spagna. Insieme al re Torkjell, giunse in Inghilterra – terra saccheggiata dai vichinghi – e ottenne enormi ricchezze in cambio di protezione dagli attacchi del re danese Svein Barbaforcuta. Successivamente, partecipò alla contesa tra il re d’Inghilterra Ethereld e il re danese Knut, in qualità di mercenario e probabilmente per entrambi gli schieramenti, cercando di trarne il massimo vantaggio. Quindi, forte dei tesori accumulati, tornò in Norvegia autoproclamandosi re, con il consenso di quasi tutti i capitribù. Da allora cominciò a promuovere il cristianesimo sul territorio norvegese.

Appare importante sottolineare come per i re norvegesi il cristianesimo fu principalmente uno strumento per il mantenimento del potere politico: la propagazione del cristianesimo divenne, infatti, un mezzo importante per soggiogare il popolo. Malgrado i capitribù norvegesi fossero abbastanza restii al cambiamento, Olav – con la sua cruda ferocia e la sua ostinazione – costrinse i sudditi a pentirsi dei loro peccati, continuando a diffondere prepotentemente il cristianesimo per più di dieci anni. Allo stesso tempo, il re Knut sconfisse i re inglesi e allontanò dal trono anche il fratello maggiore in Danimarca, creando  in tal modo uno dei più potenti regni in Europa. Olav non riuscì più a contrastarlo e, tradito dalla sua stessa popolazione sottomessa per anni, scappò verso i territori dell’attuale Russia. Non dandosi mai per sconfitto, qualche tempo più tardi tornò con l’intenzione di riconquistare il suo regno. Lungo la strada di ritorno verso la Norvegia nell’estate del 1030, radunò un esercito di seguaci ma fu definitivamente sconfitto da una numerosa compagine di contadini nella città di Stikklestad.

La leggenda narra che Olav morì in una sanguinosissima battaglia in nome del cristianesimo: per ironia della sorte l’esercito di contadini che lo sconfisse era quasi del tutto cristiano, a differenza di quello di Olav che era in larga misura pagano. Ma la storia di Olav non finisce a Stiklestad. Quando il re Knut introdusse pesantissime tasse e rigorose leggi per i sudditi, Olav tornò ad avere onore e dignità. Giunsero notizie riguardanti miracoli avvenuti sulla sua tomba (si narra che il suo corpo restò intatto a lungo), tanto che la sua salma fu spostata a Trondheim. Presso la maestosa cattedrale della città risiedono le spoglie del più sanguinario santo cristiano.

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