IL MALE NON ESISTE - Spietati - Recensioni e Novità sui Film
Drammatico, Recensione

IL MALE NON ESISTE

Titolo OriginaleAku wa sonzai shinai
NazioneGiappone
Anno Produzione2023
Durata106'
Fotografia
Scenografia

TRAMA

Takumi è un boscaiolo che conduce assieme alla figlioletta Hana una vita semplice a Mizubiki, un paesino nella prefettura di Nagano immerso nella natura. Un giorno, da Tokyo giungono Takahashi e Mayuzumi, i rappresentanti di un’azienda che vorrebbe costruire un glamping nel bosco, a pochi passi da casa di Takumi, un’offerta che se accettata potrebbe alterare in maniera drastica il suo stile di vita e quello degli altri abitanti.

RECENSIONI

La descrizione più accurata del Capitale ha un che di romanzo gotico: il Capitale è un parassita astratto, un vampiro insaziabile, uno zombie infetto. Ma la carne viva che trasforma in lavoro morto è la nostra. Gli zombie che contagia siamo noi. 
Mark Fisher - Realismo Capitalista

Un groviglio di rami ci invita e ci accoglie, dal basso scrutiamo una natura che è testimone del nostro dimenarci inquieto, sotto le sue immobili fronde, attenta a mantenere il suo equilibrio.
Gli stessi rami che fanno capolino nelle opere precedenti e che sono ripresi, riflessi nell'acqua, nel trailer che ha realizzato in occasione della 60° edizione della Viennale, un'immagine che si accompagna a un estratto da Secondo amore di Douglas Sirk, una  rilettura del Walden di Thoreau.
Dopo Asako I & II, tratto da un romanzo di  Tomoka Shibasaki e Drive my Car, dall'ononimo racconto di Haruki Murakami, Hamaguchi torna a lavorare su un soggetto originale che, a differenza de Il gioco del destino e della fantasia affonda le sue radici in un episodio realmente accaduto ed è frutto della collaborazione con la compositrice Eiko Ishibashi (già autrice della colonna sonora di Drive my Car), che gli ha commissionato delle riprese da accompagnarsi a musiche da lei composte. Se il progetto primigenio è Gift, privo di dialoghi e (ancora?) inedito in Italia, il regista giapponese ha poi rimontato le immagini e ri-lavorato al sonoro dando vita a Il male non esiste, premiato con il Leone d'Argento all'ultima edizione della Mostra del Cinema di Venezia.

Distanziandosi dalla verbosa concitazione delle opere precedenti, Hamaguchi rimette in primo piano l'attenzione per i gesti elementari, altrimenti estranei a chi non condivide i tempi e gli spazi della vita rurale.
Il nitore della legna spaccata, il suono risoluto dell'ascia che si abbatte sul ceppo, i fumi caldi sprigionati da mucchi di letame, le mani pazienti che riempiono le taniche al ruscello, taniche da consegnare a chi avrà bisogno di acqua potabile, al ristorante di udon che ne fa ingrediente sostanziale della sua cucina: Il male non esiste mantiene lo sguardo fisso sull'essenziale che ci circonda, mentre veniamo avvolti dalle sue sonorità primarie, dai rumori originati dalla contaminazione tra uomo e ambiente circostante, rumori di chi si occupa di tutelare la collettività, adeguandosi ai ritmi di un quotidiano tanto lirico quanto aspro.
Il concetto di equilibrio, quello stesso equilibrio che veniva insegnato e inseguito durante una pratica fisico-spirituale in Happy Hour, diventa qui il genius loci della piccola comunità di Mizubiki, un centro di gravità che rischia di venir corrotto dalle ingerenze di un'agenzia di Tokyo e del suo disegno predatorio.
Ad esclusione del momento in cui gli abitanti del villaggio sono messi a conoscenza del progetto di glamping – una scena realizzata a partire dalle reali registrazioni di un incontro tra alcuni locali e un'agenzia di eventi - al confronto diretto Hamaguchi preferisce un gioco tra le parti più sotterraneo: un approccio graduale, una seduzione emanata da quel mondo lontano dalle frustrazioni della città e dalle sue dinamiche artificiose e perverse.

Incarnazione della linea di confine tra chi è attraversato dal presagio di una metamorfosi e chi è parimenti conscio della propria eredità colonica, discendendo da quanti avevano ricevuto in dono quelle terre vergini, Takumi schiude così agli invasori le porte di un microcosmo a rischio estinzione.
Ma qual è la vera natura del legame che si crea tra il tuttofare del villaggio e i portavoce dell'agenzia della capitale? Curiosità? Necessità di conquista, come nelle più tipiche logiche di mercato? Una genuina ricerca di reciproca comprensione ed empatia? Il dovere di educare al rispetto della genuinità proprio chi quella purezza la vorrebbe aggredire, depredare, deturpare?
Guida più mondana che spirituale, Takumi diventa così – suo malgrado? – il traghettatore di anime corrotte (o di chi è costretto a rappresentarle, a farne le veci) nelle pieghe di un piccolo mondo antico e incontaminato, che scruta nell'abisso di un apocalittico sovvertimento.
Se nei film precedenti il confronto con l'altro da sé (declinato questa volta in chiave risolutamente politica) era principalmente fondato sul verbo, attraverso una parola tesa non soltanto ad insinuarsi tra segreti e bugie («Non possiamo essere amiche se menti. Io credo a tutto di solito. Così se menti, tutta la terra trema.» - Happy Hour) ma anche a supplire ad altre relazioni permeate dall'incomunicabilità, qui la gestualità – spesso secca, essenziale - di chi vive a contatto con le asperità della natura, sono la chiave di volta per rendere possibile l'incontro tra due mondi inconciliabili, che si vedono costretti a confrontarsi per resistere ed esistere.
E la scomparsa tra i boschi di Hana, la giovane figlia di Takumi, si interseca con una connessione tra le parti solo apparente, l'ombra fugace di una linea di congiunzione tra residenti e forestieri, tra ex-coloni e invasori di ascendenza capitalista.
L'incontro mancato tra due sistemi, tra due universi paralleli si dissolve nella bruma crepuscolare lasciando spazio a fantasmi (fantasmi del tempo presente? Fantasmi del tempo passato? Quando, di preciso, ci troviamo?) figli di vampiri insaziabili e zombie infetti, mentre i rami degli alberi, indifferenti al destino dell'uomo, si chiudono nuovamente sopra di noi.

Sento uno spiffero sul mio cuscino, mamma. Il Regno resterà com'era?