Sfida al Presidente - The Comey Rule

James Comey viene nominato direttore dell'FBI da Barack Obama anche se non concordano su tutti i temi. Lo seguiamo da quel momento passando attraverso la vicenda della e-mail di Hillary Clinton per poi giungere al suo siluramento da parte di Donald Trump in seguito alle indagini sul Russiagate.

La miniserie in due puntate ha una genesi interessante di per sé. In seguito alla decisione del 2019 di Bill Ray di scriverla e dirigerla per la CBS sulla base dell'autobiografia di Comey e, ottenuta la collaborazione dello stesso ex direttore dell'FBI, le riprese sono state realizzate in Canada. Fin qui tutto ok.

C'è la presenza di Jeff Daniels nel ruolo principale, quella di Brendan Gleeson in quello di Trump nonché quella di Holly Hunter che indossa i panni del Procuratore Generale Sally Yates licenziata da Trump 10 giorni dopo il suo insediamento. I problemi iniziano con la 'prudenziale' decisione del distributore Showtime di mandarlo in onda 'dopo' le elezioni presidenziali. È stata necessaria la netta reazione di Ray per far ripensare Showtime che ha portato alla messa in onda in due serate (27 e 28 settembre) negli Usa. Questa decisione, per quanto obbligata dalle circostanze, ha impedito il vanificarsi della presa di un'opera che serve, al contempo, a fare chiarezza ma anche memoria su che tipo di persona sia l'attuale presidente degli Usa.

La narrazione viene costruita nella forma del flashback commentato da Rod Rosenstein, il Procuratore Generale nominato da Trump a cui è stato attribuito il licenziamento di Comey. Ovviamente Ray sta dalla parte del Direttore dell'FBI ma anche il più convinto sostenitore di Trump non può sottrarsi nella visione allo sviluppo degli eventi e alla lettura della personalità, per quanto in parte enfatizzata sul versante dell'appello all'integrità totale dell'FBI, di Comey in una svolta particolarmente complessa della storia politica americana.

Si trova infatti ad essere accusato prima per aver assolto Hillary Clinton per la vicenda delle e-mail riservate presenti sulla posta di colei che è stata Segretaria di Stato e successivamente per aver riaperto l'indagine favorendo in qualche misura l'elezione di Trump. Ma ciò che sta al centro soprattutto della seconda parte della miniserie, è il modo in cui Trump concepisce il proprio ruolo. Se nelle battute iniziali Comey e Obama si dicono che il loro colloquio vis a vis resterà l'unico perché le due cariche non debbono mai incontrarsi in assenza di testimoni per correttezza istituzionale, per il neo presidente questa regola diviene carta straccia.

La parola che lo contraddistingue è 'lealtà'. Non da parte sua nei confronti dei suoi interlocutori ma esclusivamente viceversa. Alla replica di Comey che gli garantisce 'onestà' controbatte con la richiesta di 'un'onesta lealtà'. La traduzione di questa definizione è obbedienza cieca ai voleri del Commander-in-chief, salvo voler essere considerati dei traditori nonché delle pessime persone.

Il lungo elenco di coloro che sono stati licenziati in tronco, magari apprendendolo dalla televisione come Comey, ne è la lampante testimonianza. Quando Sfida al Presidente è stato post-prodotto Ray non poteva sapere (la notizia è recentissima) che Trump avesse pensato di licenziare Christopher Wray, cioè colui che ha sostituito Comey su sua stessa indicazione. La motivazione? Non ha avviato un'indagine, in piena campagna elettorale, su Biden e suo figlio. La storia (tristemente) si ripete. 