L’umorismo surreale di Valerio Lundini: “Suonavo il piano ai matrimoni, poi ho provato a diventare bello” - la Repubblica

Cronaca

L’umorismo surreale di Valerio Lundini: “Suonavo il piano ai matrimoni, poi ho provato a diventare bello”

Valerio Lundini
Valerio Lundini 

E’ considerato un Buster Keaton contemporaneo: rimane perfettamente serio creando le situazioni più folli ed esilaranti. Dalla televisione al teatro al cinema la storia di un successo

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Come si diventa Valerio Lundini, ovvero quello che – secondo pressoché tutti i critici televisivi e chiunque ami l’umorismo surreale – è uno degli uomini più divertenti d’Italia? La sua maschera imperturbabile da Buster Keaton contemporaneo, che gli permette di creare le situazioni più folli ed esilaranti rimanendo perfettamente serio, in questa intervista si incrina e lascia trapelare qualche aspetto poco conosciuto del suo percorso. Che è già di tutto rispetto: l’autore e attore trentottenne, che si è imposto nel 2020 su Rai 2 con “Una pezza di Lundini”, in questi anni ha riempito i teatri con il suo tour “Il mainsplaining spiegato a mia figlia” e i suoi concerti con i Vazzanikki, ha pubblicato libri come Era meglio il libro (Rizzoli) e oggi lancia il suo nuovo programma, Faccende complicate (dal 15 aprile, tutti i giorni alle 20,15 su Rai 3). È una serie di 10 reportage improbabili dove Lundini sfata gli ingiusti pregiudizi sul Medioevo, fa da pigmalione a una giovane promessa del trap, si iberna insieme ai paninari, diventa un divo internazionale in Albania. Ma in Italia come è diventato quello che è? Per la famosa teoria del battito d’ali di una farfalla che diventa un uragano dall’altra parte del mondo, anche piccoli eventi in apparenza banali possono rivelarsi semi del successo, come Lundini ci racconta in questa intervista.

Prima di indagare sul segreto del suo successo, so che nel nuovo programma lei svela il segreto della sua… bellezza. Qual è?

"Mi ha divertito molto un’intervista di Sharon Stone dove lei diceva, con brutale onestà genetica, che per essere belli bisogna avere i genitori belli. Allora in Faccende complicate faccio questo esperimento: provo a vivere per una settimana con due genitori più belli dei miei, due attori, fingendomi loro figlio, per vedere i risultati. Nella puntata io resto uguale dall’inizio alla fine, ma mi convinco di essere diventato più bello. Ecco, non so se poi funziona realmente questa cosa”.

Valerio Lundini e Sergio Castellitto in "Il migliore secolo della mia vita"
Valerio Lundini e Sergio Castellitto in "Il migliore secolo della mia vita" 

Nei migliori feuilleton c’è un evento traumatico e poi la reazione del protagonista che ne approfitta per diventare più forte. Lei anni fa è stato vittima della cosiddetta “truffa dello specchietto”: un uomo finse di essere stato colpito dal suo specchietto e le chiese dei soldi con fare aggressivo. Ci racconta?

"Non amo parlare di questo, e vorrei precisare che io ben conoscevo quel tipo di truffa, ma il problema è che a me ‘sto tizio mi entrò proprio in macchina. Ed essendo lui grosso e minaccioso, ho fatto quello che chiedeva: dargli 200 euro. La cosa folle è che questa cosa è successa 10 anni fa. Il fatto è che nel 2021, quando fui chiamato in tribunale come testimone, era già uscito Una pezza di Lundini in tv, e quindi mi sono trovato diversi giornalisti addosso. Ma per me era una follia che si parlasse di me associandomi al nome di un pregiudicato”.

Perché?

"Perché pensavo ‘Quando quello esce di galera, di tutti quelli che hanno fatto il processo si ricorda solo di me, perché c’è l’articolo col nome e cognome mio e la foto!’. C’erano titoli come ‘A Valerio Lundini hanno rubato 200 euro’… Roba che chi legge quell’articolo s’immagina che io abbia telefonato alle redazioni dicendo ‘Ragazzi, dovete scrivere assolutamente un articolo su questa vicenda che mi è successa, è gravissima’. E infatti i commenti sotto l’articolo giustamente dicevano: ‘A Lundini hanno rubato 200 euro? E vabbè, e ‘sti cazzi!’”.

Valerio Lundini e Sergio Castellitto in "Il migliore secolo della mia vita"
Valerio Lundini e Sergio Castellitto in "Il migliore secolo della mia vita" 

Questo episodio del 2014 le è servito da spunto per il divertentissimo video “Disguido stradale drammatizzato” (che si può vedere su YouTube), dove lei interpreta un ragazzo educato che viene urtato con la moto e intimidito da un energumeno. Un video dove già si vedeva il suo talento surreale, e che è stato importante per la sua carriera.

"È uno degli sketch che giravo da solo, malissimo, e pubblicavo sui social. Io nasco come autore radiofonico, scrivendo sketch per il programma I sociopatici. Poi Nino Frassica vide questi video, compreso Disguido stradale drammatizzato, gli piacquero molto, perché ci vedeva la follia che lui apprezza, e mi chiamò a scrivere e registrare interventi per il suo Il programmone su Radio 2. Poi dopo sono entrato come autore in 610, il programma di Lillo e Greg a cui ancora lavoro.

Oltre al fattaccio dello specchietto, ha avuto qualche altro momento "sliding doors" nella sua vita, ovvero un momento nel quale, se lei avesse fatto una scelta leggermente diversa, sarebbe diventato… Gwyneth Paltrow. No, volevo dire: “Avrebbe avuto una vita totalmente diversa”…

"Credo che ogni giorno passiamo attraverso infinite sliding doors. Fortunatamente non mi sono mai capitate cose tipo ‘Se non fossi passato sotto quella scala, adesso sarei vivo’… Le mie sliding door riguardano le relazioni, sono più del tipo: ‘Se non fossi andato a pranzo lì, non avrei conosciuto questi amici con cui poi ho fatto queste cose’”.

A proposito: Giovanni Benincasa è stato l’autore Rai che – prima con Battute?, condotto da Riccardo Rossi, il programma dove il fenomeno Lundini è esploso, e poi con Una pezza di Lundini – ha scommesso di più su di lei. Ci racconta il vostro primissimo incontro?

"Giovanni cercava degli autori per un su nuovo programma, e il cantante Calcutta, che è amico di entrambi, ci ha messi in contatto. Ci vedemmo in un bar in zona Prati e mi parlò di Battute?. Accettai subito: Riccardo Rossi mi piace molto. Dopo Battute? Giovanni pensò a un programma senza pubblico (per via del Covid), e mi disse di proporlo in Rai con il mio nome. Io all’inizio non volevo che si chiamasse Una pezza di Lundini. Dicevo: “Ma la gente che ne sa, di chi è Lundini?”. Ma pure oggi, eh, nel senso che se metti “Lundini” su un manifesto non è che chissà che succede. Ma Giovanni insisté: ‘No, no, va messo, va messo’. E poi alla fine forse è andata meglio così”.

Valerio Lundini e Sergio Castellitto in "Il migliore secolo della mia vita"
Valerio Lundini e Sergio Castellitto in "Il migliore secolo della mia vita" 

Chi è oggi il suo spettatore tipo? O spettatrice, beninteso.

"Ha detto bene prima: è più ‘spettatore’. Mi fermano per strada soprattutto 30-35enni con gli occhiali: i miei fan mi assomigliano proprio esteticamente. Che i fan assomiglino ai loro idoli l’ho notato anche vedendo chi va ai concerti agli Oasis. Però piano piano qualche coatto me lo sto prendendo, finalmente. Perché quando ti fermano i coatti, significa che le cose stanno andando bene!”

… Significa che lei è a un pelo dal mainstream…

"Sì, spero di arrivare ai criminali praticamente”.

Il “fan intelligente”, quello che ha lei insomma, si comporta in modo diverso dal “fan ignorante”? Ad esempio: magari è un fan educatissimo che, se la riconosce in treno, fa finta di niente per non disturbare la sua privacy?

"Il 99% delle persone che incrocio, fortunatamente, non sente il bisogno di fermarmi, quindi non so se siano miei fan o no. Una cosa curiosa sui miei fan: è capitato più volte che qualche mia gaffe venga interpretata come una brillante allusione o un doppio senso. Ad esempio una volta dissi in tv che nel film Nestore, l’ultima corsa di Alberto Sordi recitava anche Valeria Marini. Falso: mi sbagliavo con il film Sogni proibiti. Ma sul web ho visto dei commenti di fan che dicevano ‘Ah, che genio Lundini! Qui sta parodizzando una risposta sbagliata che dette Claudia Pandolfi tre anni prima…’”.

Quindi oggi c’è chi fa l’esegesi di Lundini.

“Sì, sì. Ma per me è un grande riscatto. E ora spiego perché. Prendiamo – e adesso senti che paragone impegnativo sto per fare! – Dante Alighieri: ricordo che al liceo il professore ci diceva ‘Ecco, in questo verso Dante usa durante perché questa parola contiene il suo nome…’. Io, convinto che quella fosse soltanto una scelta legata alla metrica, avrei voluto ribattere ‘Guardi professore che Dante c’aveva altro a cui pensare…’. Insomma questa propensione a immaginare che ogni parola, ogni sospiro sia tutto frutto di uno studio, ecco, per me è sempre stata una fandonia. E quindi vedere che oggi ci stanno dei matti su Internet che giustificano un mio errore con una citazione astrusa mi fa pensare che avevo ragione ai tempi del liceo. Questo mio pubblico sarà sì intelligente, ma forse spesso sopravvaluta l’intelligenza altrui e anche la mia”.

Ha avuto un episodio, da bambino, dal quale si sarebbe potuta preconizzare una carriera da autore e attore comico?

"Avevo un amico che si chiamava Marco: facevamo un finto programma radio, registrandolo su nastro. Essendo nato nel 1986, mi sono fatto tutta l’infanzia senza Internet: e quindi quegli intrattenimenti che avevo, come le videocassette, li consumavo fino alla noia. Ed è proprio questo che mi ha dato la voglia di inventarmi cose”.

Quando non era ancora famoso per il suo talento comico, saper suonare il pianoforte ha facilitato la sua vita amorosa?

"Con i miei amici ‘Vazzanikki’ abbiamo suonato per anni ai matrimoni. E vorrei smentire il falso mito secondo cui ai matrimoni sarebbe facilissimo tornare a casa con qualche ‘trofeo’. In realtà: mai successo. Mai! Anche perché quelle sono le occasioni dove le persone sono più inibite: hanno intorno tutti i parenti, gli zii, i nonni”.

I suoi anni all’università – giurisprudenza, poi abbandonata per laurearsi in lettere – come li giudica?

“Onestamente? Una perdita di anni e di soldi. Sia chiaro che parlo solo per me: invito chiunque voglia fare un lavoro serio a laurearsi. Io non ero proprio in grado. Ho buttato nel cestino tre anni di giurisprudenza. E Lettere l’ho fatta così ‘tanto per’, perché non sapevo che lavoro fare in alternativa. Era una facoltà di editoria e giornalismo, ma non c’era un solo esame di giornalismo né un esame di editoria. Mi sembrava una facoltà creata per chi come me non sapeva che fare e non gli andava di dire ai genitori che non si sarebbe laureato”.

L’abbiamo vista in uno spot recitare insieme a un attore che faceva il genio della lampada. Ma lo sa che quell’attore le somigliava moltissimo?

"Quando mi hanno proposto quella pubblicità, ho pensato: ‘Gli spot pagano bene… pensa se fai due ruoli!’. Allora ho voluto fare anche il ruolo del genio pensando di raddoppiare il cachet. Però poi mi hanno detto che non funziona così. Solo che ormai avevo proposto, l’idea gli era piaciuta, e così”.

Ci racconta un aneddoto dal set de Il migliore secolo della mia vita, il film di Alessandro Bardani con lei e Sergio Castellitto come protagonisti?

“Non mi preoccupava tanto, da attore inesperto, l’essere accanto a un grande come Castellitto. Quanto l’essere accanto a un grande attore che però prima di girare doveva stare cinque-sei ore a farsi truccare per interpretare un uomo di cent’anni. Temevo che tutto quel tempo al trucco potesse renderlo meno paziente nei miei confronti. Una cosa buffa è che Sergio entrava così bene nel personaggio, ed era truccato così bene da Andrea Lanza (lo stesso mago che ha trasformato Pierfrancesco Favino in Craxi), che quando finivamo di girare e lui si alzava di colpo mi dimenticavo che non ha cento anni e sa camminare benissimo! Così mi agitavo: ‘Oh, oh Sergio! Che fai, Sergio, ‘ndo vai? Aspetta, fatte aiuta!’”.

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