Le scatole cinesi dello Zooprofilattico: due enti fantasma incassano 2,3 milioni. E spuntano parenti di politici e alti burocrati - la Repubblica

Palermo

Le scatole cinesi dello Zooprofilattico: due enti fantasma incassano 2,3 milioni. E spuntano parenti di politici e alti burocrati

L'Istituto Zooprofilattico (foto di Igor Petyx)

L'Istituto Zooprofilattico (foto di Igor Petyx)

 
Nella sede dell’istituto una fondazione iscritta appena una settimana fa e anche un laboratorio. Un ex stagista racconta cosa fanno: quasi niente
2 minuti di lettura

«In una stanza dell’Istituto Zooprofilattico della Sicilia convivono due realtà, una fondazione privata e un hub logistico, esterni all’ente. Il loro obiettivo? Inglobare soldi pubblici». A parlare è un ex tirocinante che racconta i particolari del “sistema Zooprofilattico”. Le due realtà hanno ottenuto dalla Regione siciliana 2,3 milioni di euro in due anni. Dalle carte visionate da Repubblica emerge che 1,4 milioni sono stati stanziati per la “fondazione internazionale biodiversità del Mediterraneo”, creata da un gruppo di burocrati e professionisti che hanno ottenuto il primo contributo venti giorni dopo la costituzione della fondazione.

Possibile? Sì, grazie al maxi-emendamento alla legge finanziaria. Il presidente è Salvatore Seminara, in qualità di persona fisica e non di commissario straordinario dello Zooprofilattico. La fondazione viene iscritta solo una settimana fa nel registro degli enti del terzo settore, con un decreto firmato dalla dirigente Maria Letizia Di Liberti: finora ha preso soldi pubblici ma non è chiaro a che titolo.

La seconda realtà, sulla carta, dovrebbe essere un laboratorio di livello internazionale. È l’ufficio palermitano “per la cooperazione internazionale mediterranea Stor” di Remesa (Réseau Méditerranéen de Santé Animale), istituito dentro lo Zooprofilattico nel 2021. Remesa è un rinomato organo dell’Organizzazione mondiale della sanità animale con sede a Parigi. A siglare l’accordo per la creazione dell’hub a Palermo, è desumibile dal sito, c’erano Seminara e l’allora assessore alla Salute Ruggero Razza. «Ma le attività di ricerca dello Stor Remesa sono rade e molto discutibili — racconta il giovane — allo stesso modo dei controlli dello Zooprofilattico sulle carni e sui loro derivati, su cui qualcuno dovrebbe vigilare con più attenzione. A governare non è la competenza, ma la politica che decide il destino dei lavoratori e dei consulenti. È una macchina per fare e gestire soldi mediante progetti che ottengono finanziamenti. Di recente hanno presentato un progetto per la reintroduzione dei grifoni nelle Madonie. Mentre la fondazione ne ha presentato un altro per la reintroduzione del francolino di mare, estinto da 150 anni».

E che cosa hanno fatto? «Hanno liberato qualche uccellino in aria». Nessuno si sarebbe preoccupato di valutare che fine hanno fatto e se la specie è stata realmente reintrodotta. Nella pagina ufficiale dello Stor Remesa la parte dei progetti è vuota. Visibile il team. Anzitutto c’è Seminara come direttore amministrativo. Un pensionato dal triplice ruolo: commissario, presidente della fondazione e direttore dello Stor. Figura poi Maria Daniela Costantino, responsabile degli affari generali Remesa, cognata del coordinatore regionale di Forza Italia Marcello Caruso. Costantino è anche fra i soci della “fondazione internazionale biodiversità del Mediterraneo”. Fra i veterinari dello Stor Remesa c’è Elena Bignardelli, figlia di Fabrizio Bignardelli, ex capo della segreteria particolare di Totò Cuffaro ed ex esponente di Forza Italia. «Inoltre alla fondazione lavora un parente della deputata della Lega Marianna Caronia», dicono fonti dell’Ars.

Veniamo ai legami fra lo Zooprofilattico e gli uffici della Regione (Dasoe) che dovrebbero vigilare sul suo funzionamento. Pietro Schembri, quale dirigente del servizio 10 del Dasoe, ha in carico la vigilanza sulle attività dello Zooprofilattico. Il dirigente risulta anche fra i componenti del collegio tecnico dello Zooprofilattico e, in quanto tale, percepisce un compenso dall’ente su cui dovrebbe vigilare. La firma di Schembri è in tutte le delibere di assegnazione di fondi sia alla fondazione che allo Stor Remesa. Schembri venne nominato dal governo Musumeci direttore dell’Ufficio speciale sanità veterinaria e sicurezza alimentare. Il nuovo governatore Renato Schifani ha soppresso l’ufficio speciale, riportando Schembri a responsabile del servizio 10 del Dasoe. Oggi Schembri aspira a diventare il direttore generale dello Zooprofilattico, succedendo a Seminara. «Dall’istituto dicevano: “Abbiamo Schembri che ci approva tutto” — racconta il giovane — Parliamo di milioni di euro». Sui legami di Schembri con lo Zooprofilattico la Regione non si pronuncia.

In una sentenza la Corte costituzionale dichiara l’illegittimità dell’articolo 56 della legge regionale del 2021 che conteneva il primo contributo da 200mila euro allo Stor Remesa: «Obiettivi e finalità sarebbero diverse da quelle perseguite dall’Istituto Zooprofilattico della Sicilia». Eppure l’anno successivo Schembri firma un’altra delibera di assegnazione di fondi: 704mila euro.

Legami importanti anche fra lo Zooprofilattico e Roma. Fra i consulenti dell’istituto c’è Camilla Marabelli, figlia di Romano Marabelli, ex direttore generale del ministero della Salute e oggi, pensionato, consulente dell’Organizzazione mondiale della sanità animale, cui fa capo Remesa. «La Marabelli l’abbiamo conosciuta quando è venuta a firmare il contratto», raccontano fonti interne allo Zooprofilattico. «Non l’abbiamo mai più vista lì dentro». Anche questi fondi provengono da un emendamento alla Finanziaria regionale.

I commenti dei lettori