di Nicola Grion

È uscito al cinema Il diritto di contare, un film di Theodore Melfi che racconta la storia vera di tre donne afroamericane che negli Sessanta diedero un rilevante contributo alla cosiddetta “corsa allo spazio” e alle prime missioni spaziali della NASA: la matematica Katherine Johnson, l’aspirante ingegnere aerospaziale Mary Jackson e la matematica Dorothy Vaughan.

Il film, leggero e pulito, intreccia più  temi di riflessione: la  “corsa allo spazio”  che vedeva USA e Unione Sovietica inseguirsi una con l’altra e la segregazione razziale in America. La storia si basa sul libro Hidden Figures: The Story of the African-American Women Who Helped Win the Space Race di Margot Lee Shetterly. Hidden Figures è anche il titolo originale del film, ed è un gioco di parole perché in inglese figures vuol dire sia “cifre” sia “persone” (c’è quindi un doppio significato, mantenuto nell’italiano “contare”).

Le prime scene del film mostrano la piccola Katherine piccolo genio della matematica tanto da farle concludere gli studi in anticipo: la High school a 14 anni e il College a 18. Poi, come in un salto temporale, la si ritrova impiegata all’Agenzia Spaziale americana, assieme alle sue amiche.  

Quello che colpisce è la situazione di assoluta ingiustizia che vivono le donne di colore nel loro ambiente di lavoro. Pur dimostrando tutta la loro capacità ed intelligenza, esse lavorano in uno spazio ai margini degli stabilimenti e non possono accedere alla carriera come le altre donne bianche.

I commenti riportano che il film esagera alcuni aspetti e sottolinea la segregazione più di quello che le protagoniste hanno detto di aver vissuto. Ad esempio, nel film si vede Katherine perdere quaranta minuti per andare nel bagno delle persone di colore, da tutt’altra parte rispetto a dove lavora. Nel libro si legge invece che la donna usò per anni bagni per bianchi, senza far caso al fatto che fossero riservati a questi ultimi (anche perché non era esplicitamente scritto); a un certo punto qualcuno glielo fece notare, ma lei continuò a usarli comunque, senza tra l’altro evidenti proteste da parte delle donne bianche.

La storia ci conferma che negli anni Cinquanta e Sessanta gli Stati Uniti d’America avevano ancora una società separata tra bianchi e neri; nel film sono stati inseriti alcuni spezzoni di filmati che riprendono le lotte per la parità razziale ed uno del discorso di Martin Luther King, il pastore statunitense impegnato  nella lotta contro le leggi che discriminavano le comunità afroamericane negli Stati Uniti d’America.

Dal 1964 le leggi razziali iniziarono a essere abolite: prima fu concesso un accesso paritario alle scuole, ai mezzi e alle strutture pubbliche. Nel 1965 fu concesso anche il diritto di voto.

Durante gli anni Sessanta non ci furono però soltanto cortei e dimostrazioni pacifiche, ma anche veri scontri e rivolte con spargimento di sangue.

Purtroppo dobbiamo dire che la Storia ritorna. Anche in questi anni le comunità afroamericane negli Stati Uniti  vivono in modo conflittuale  in particolare i rapporti con le forze di polizia che spesso sembrano usare forme eccessive  di contrasto ai reati  commessi dai neri. Forse è ancora utopia la convivenza pacifica tra razze, lingue e popoli!

Per quanto riguarda invece il tema della corsa allo spazio, lo sviluppo tecnologico, la ricerca di nuove fonti di energia, il perfezionamento dei razzi hanno visto gli Usa e l’URSS contendersi il primo posto, tantoché  nel 1961 il volo di Yuri Gagarin, che compì un’orbita intorno alla Terra e rientrò vivo alla base (cosa di non poco conto), fu per gli Americani un’amara sconfitta e portò ad un maggiore impegno nella conquista della Luna con la ricerca di personale altamente qualificato (matematici e ingegneri) che ci riporta alla storia del film.

Nel corso della Seconda guerra mondiale le donne avevano sostituito gli uomini impegnati al fronte nei diversi ambiti lavorativi ed organizzativi; terminato il conflitto, esse riuscirono a mantenere il posto di lavoro. Per questo il fatto di essere donne, e per di più nere, non ha impedito a Katherine, Mary  e Dorothy  di essere protagoniste , anche se nascoste, del progresso dell’umanità.

La loro intelligenza, ma soprattutto la loro determinazione hanno fatto loro realizzare un sogno, con i denti e forse con le lacrime.

Il film ci insegna infatti che la forza di volontà  può far superare molti ostacoli e permettere di diventare essenziali  in una struttura complessa. Le grandi scoperte e le conquiste sono ricordate con nomi di scienziati, medici, archeologi, … ma certamente dietro a loro, per arrivare al successo finale, c’è stato e ci sarà sempre un piccolo esercito di “formiche” apparentemente insignificanti ma che contribuiscono a compiere grandi imprese…

Sembra una cosa solo da film ma Glenn, pochissimo prima di quel lancio del febbraio 1962, chiese davvero che fosse Katherine Johnson a ricontrollare i dati di quella che divenne poi la prima missione che mandò uno statunitense in orbita attorno alla Terra.

Il film si conclude con il successo della missione Friendship 7, e con la Luna che diventa un obiettivo ragionevole. Nella realtà Vaughan divenne una grande esperta di FORTRAN, un importante linguaggio di programmazione dell’epoca, che si vede anche nel film; si ritirò nel 1971 e morì nel 2008. Jackson lavorò alla NASA fino al 1985, poi si dedicò al supporto delle donne e delle minoranze; morì nel 2005. Johnson calcolò poi anche le traiettorie per le missioni Apollo 11 e Apollo 13. Andò in pensione nel 1986 e nel 2015 ha ottenuto da Barack Obama la Medal of Freedom (Medaglia della Libertà), la più alta onorificenza civile degli Stati Uniti e ora un importante centro di ricerca della NASA è a lei intitolato.