Il "decalogo" del maestro Lino: "Un mantra sessuale per le allieve". Poi le torte sataniche e pedopornografiche per i bimbi
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PROCESSO AL SANTONE / Acquapendente

Il "decalogo" del maestro Lino: "Un mantra sessuale per le allieve". Poi le torte sataniche e pedopornografiche per i bimbi

Durante il processo a Pasquale Gaeta, il santone di Acquapendente, la testimonianza del consulente informatico della procura e di un amico di una vittima

Un "Decalogo Linico", torte con diavoli e disegni sessuali destinate ai bambini, oltre 150mila file tra foto e testi. È quanto emerso nell'ultima udienza del processo per violenza sessuale, maltrattamenti ed esercizio abusivo della professione a carico di Pasquale Gaeta, alias maestro Lino.

A passare al setaccio quei 150mila e rotti file l'esperto Mauro Profili, il consulente della procura a cui la pm Paolo Conti ha affidato l'analisi dei dispositivi informatici dell'imputato e di una delle vittima, una 24enne: telefoni cellulari, computer, hard disk e pen drive. "Una mole di file, tra immagini e testi, sistemati in 5mila cartelle - ha spiegato davanti al collegio dei giudici del tribunale di Viterbo -. All'interno, tra le varie cose, una sorta di diario personale della vittima e il "Decalogo Linico", una specie di mantra destinato agli allievi del santone con anche indicazioni sessuali descritte per filo e per segno. Ad esempio, come fare esercizi di contrazioni pelviche. I testi erano spesso scritti con quello che sembra a tutti gli effetti essere un codice: "nessuno" veniva scritto "ness'1", "litighiamo" invece li(ti)ghi(amo)".

Il maestro Lino, 66enne di origine napoletana, professandosi psicologo, ad Acquapendente ha creato la comunità Qneud (Questa non è una democrazia) dove, secondo l'accusa, sarebbero avvenute pratiche sessuali su ragazze che sarebbero state circuite da Gaeta. Alle giovani, ritenute sue "allieve" e a cui si sarebbe presentato come santone, avrebbe prospettato tutto come un cammino catartico e purificatore. Ma, stando alle indagini, altro non sarebbe stato che un plagio sia psicologico che sessuale.

Durante l'udienza presieduta dal giudice Jacopo Rocchi, un commerciante di Acquapendente, amico della vittima 24enne, ha descritto la ragazza come "sottomessa al maestro Lino, comandata a bacchetta. Taciturna, spesso assente e con lividi, sfregi, taglietti, ustioni sulle braccia di cui non ha mai dato spiegazioni". L'uomo è stato anche a casa di Gaeta, dove ha incontrato sia lui che la moglie. "Accompagnavo la mia amica a fare la spesa e al ritorno, un paio di volte, mi sono fermato per un caffè offerto dal maestro Lino - ha raccontato -. Poi non sono più voluto andare perché non mi piaceva come tipo. Non solo si presentava malconcio con una lunga barba sporca e con addosso una tunica tipo quelle arabe, ma mi ha parlato anche di torte destinate a dei bambini con sopra disegni macabri, con diavoli e a sfondo sessuale, anche con bambini nudi. Poi mi ha detto che avrebbe voluto prendere una casa disabitata, dove c'è stato un omicidio, per farne un luogo di ritrovo e di incontri: un circolo teatrale e una casa famiglia. Ho detto alla mia amica di evitare questo maestro Lino, ma non c'è stato nulla da fare. Lei, che si vedeva anche in giro con la moglie di Gaeta, diceva che erano suoi zii, suoi amici".

L'udienza è stata rinviata al pomeriggio del 28 maggio per l'ascolto dei due uomini che avrebbero presentato due delle vittime al santone. Il processo è nato anche dalla denuncia della madre della 24enne che, dopo essere entrata a far parte della comunità Qneud, si è allontanata dalla famiglia. La donna, assistita dall'avvocato Vincenzo Dionisi, è presidente di un'associazione nata per tutelare le vittime di sette e psicosette e si sta battendo per un disegno di legge per sconfiggere l'abuso di mezzi di manipolazione mentale. Parte civile anche un'altra ragazza, una 25enne di Bologna che ha testimoniato durante la scorsa udienza. Gaeta è invece difeso dall'avvocato Domenico Gorziglia.

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