Il cognome che porta è dei più ingombranti. Ginevra Elkann infatti è una delle nipoti di Gianni Agnelli, figlia di Margherita e Alain Elkann e sorella di John e Lapo. Ma lei è sempre stata chiara su questo punto: se i miei film non piacciono, spero che sia per motivi diversi dal mio cognome. Perché il peso dei pregiudizi è sempre stato schiacciante.
Lei, nata a Londra nel 1979 e cresciuta tra Regno Unito, Brasile e Francia, oggi vive tra Torino e Roma e va dritta per la sua strada. Prima ha studiato all’università americana di Parigi, poi si è specializzata in regia cinematografica alla London Film School. Il suo progetto di tesi, un cortometraggio, è stato proiettato alla mostra del cinema di Venezia ma non lo ha vissuto come un punto di arrivo, il contrario. Si è dunque fatta le ossa lavorando per la Miramax di Londra e la Knopf di New York, poi è stata assistente di Bernardo Bertolucci e di Anthony Minghella. A testa bassa, pronta a fare tutta la gavetta necessaria.
Privilegi tanti, certo, se non altri quelli garantiti dall’accesso a un’educazione di altissimo livello. Ma anche altrettanta volontà di emergere per il suo talento e il suo impegno. E una buona dose umiltà. Prima di risolversi a dirigere il suo primo film si è messa alla prova come produttrice, ha imparato tutti i mestieri del cinema e solo quando si è sentita pronta ha deciso di realizzare il suo primo film. Ben dieci anni dopo aver fondato la Caspian Films nel 2009 con cui ha prodotto corti e lungometraggi di qualità, spesso selezionati ai festival internazionali. Era importante sentirsi pronta per la prima prova, ha spiegato in alcune interviste, ma anche sapere come muoversi, conoscere l’ambiente dal di dentro. Per esordire con consapevolezza, senza salti nel buio.
Nel frattempo con le mani in mano non restava di certo. Dal 2006 occupa la poltrona che era stata di nonna Marella alla presidenza della Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli di Torino, due anni dopo sedeva anche nel Comité d'Acquistion e Comité Executif della Fondation Cartier di Parigi. Ma il suo cuore batte per il cinema. Già da ragazzina andava al cinema da sola e vedeva tre film in un solo giorno.
Il resto le interessa poco, men che meno la vita da socialite. Di tanto in tanto si lascia convincere a posare per un’ad campaign e il suo favoloso matrimonio a Marrakech con Giovanni Gaetani dell’Aquila d’Aragona nel 2009 ha fatto sognare il mondo, ma a Ginevra Elkann piace di più stare dietro l’obiettivo che davanti. Nel 2012 ha fondato anche la casa di distribuzione cinematografica Good Films e nel 2021 ha meritato una candidatura ai David di Donatello come regista esordiente. La sua strada la sta tracciando da sola, un fotogramma alla volta. È la regista della sua vita e non permette a nessun altro di raccontarla.
Il suo mondo cinematografico, come appare nell’opera prima intitolata Magari, è fatto di ciò che conosce meglio: una famiglia radicata in due paesi, atmosfere di fine anni ’80 e inizio anni ’90, un’Italia un po’ selvaggia e un po’ addomesticata, com’era a cavallo di quei decenni in cui anche Ginevra cresceva. Il suo film è un brandello di vita vera trasfigurata in arte, con Riccardo Scamarcio e Alba Rohrwacher a indossarla come un abito un po’ sbilenco. Sempre un po’ sbilenca è la vita di tutti, anche di chi nasce ereditiera di una delle famiglie italiane più in vista.
