Agenzia delle Entrate. Accertamenti per il 2016 notificati nel 2023 da annullare per decadenza dei termini - GLOBUS Magazine

Agenzia delle Entrate. Accertamenti per il 2016 notificati nel 2023 da annullare per decadenza dei termini

Fisco bocciato perché irragionevole e illogico: gli accertamenti per il periodo d’imposta 2016 notificati nel 2023 devono essere annullati per decadenza dei termini. E’ inapplicabile la proroga “a cascata” di 85 giorni, valida solo in relazione all’anno colpito dall’evento eccezionale Covid 19, cioè il 2020.

Francofonte, 23 dicembre 2023. Deve essere quindi annullato l’accertamento emesso e notificato il 23 marzo 2023, relativo all’anno 2016, il cui termine scadeva il 31 dicembre 2022. E’ così che la pensano i giudici della Corte di giustizia di primo grado di Latina, sentenza 974/2023, depositata il 25 ottobre 2023, che accolgono l’eccezione del contribuente sul fatto che non opera la cosiddetta “proroga generalizzata” di 85 giorni disposta dall’articolo 67 del decreto legge 18/2020, essendo stato l’accertamento formato e notificato dopo il 31 dicembre 2022.

Arrivano così le prime sentenze dei giudici tributari che considerano inapplicabile la proroga “a cascata” sugli atti notificati nelle annualità successive all’emergenza Covid 19. Per chiarezza, si riportano di seguito i termini ordinari per la notifica degli accertamenti applicabili fino al 2015 e a partire dal 2016.

I termini per gli accertamenti fino al 2015

Fino al periodo d’imposta relativo al 2015, gli accertamenti devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione. Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di presentazione di dichiarazione nulla, l’accertamento può essere notificato entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.

I termini per gli accertamenti a partire dal 2016

A partire dal periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2016 e ai periodi successivi, gli accertamenti devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione. Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di presentazione di dichiarazione nulla, l’accertamento può essere notificato entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.

L’interpretazione del Fisco bocciata dai giudici

La disciplina ordinaria della decadenza dal potere impositivo è stata modificata durante il periodo emergenziale di Covid-19: il decreto legge “Cura Italia” ha concesso più tempo agli uffici per svolgere l’attività di accertamento. In particolare, è stata stabilita la sospensione dei termini per 85 giorni, nel periodo dall’8 marzo 2020 al 31 maggio 2020. Questo ha comportato lo slittamento in avanti dei termini di decadenza, per un periodo corrispondente. Il risultato è che il termine di decadenza per gli atti in scadenza al 31 dicembre 2020 è stato posticipato al 26 marzo 2021, mentre, per le annualità dal 2016 in poi, secondo l’agenzia delle Entrate, opera conseguentemente lo stesso differimento dei termini di decadenza: la proroga al 26 marzo (o al 25, per gli anni bisestili) si applica per tutte le annualità nelle quali l’attività di controllo era in corso o poteva essere effettuata nel periodo 8 marzo – 31 maggio 2020, dunque, per l’agenzia delle Entrate, sicuramente fino al 2018 compreso (per il 2019 no, in quanto erano ancora aperti i termini di presentazione della dichiarazione).

L’agenzia delle Entrate ha già affermato, nel corso delle risposte date in occasione di “Telefisco 2022”, pubblicate sul Sole 24 Ore, che il termine di decadenza dell’anno di imposta 2016 scade il 26 marzo 2023 per i contribuenti che hanno presentato la dichiarazione, anziché il 31 dicembre 2022. Infatti, con la risposta al quesito 5.9 fornita dall’agenzia delle Entrate nella circolare 11/E del 6 maggio 2020 è stato affermato che il periodo di sospensione del potere di rettifica (e, dunque, la proroga di ulteriori 85 giorni rispetto all’ordinaria scadenza del 31 dicembre) si applica anche se il termine di prescrizione o decadenza sospeso non scade entro il 2020. Per l’agenzia delle Entrate, questo comporta che la proroga del potere di rettifica di ulteriori 85 giorni si applicherà non solo al periodo d’imposta 2015 – in caso di presentazione di dichiarazione – e 2014 – in caso di omessa dichiarazione – i cui termini di decadenza e prescrizione scadevano entrambi nel 2020, ma anche ad altri periodi d’imposta i cui termini non scadono nel 2020 ma sono “di passaggio”– vale a dire per gli anni d’imposta 2016, 2017 e 2018.

Proroga di 85 giorni per contribuenti e Fisco

Per i giudici di primo grado di Latina, l’interpretazione fornita dall’agenzia delle Entrate, che considera applicabile la proroga “a cascata” di 85 giorni anche per gli anni successivi all’anno in cui si è verificato l’evento eccezionale, è sbagliata, perché si deve fare riferimento al comma 1 dell’articolo 12 del decreto legislativo 159/2015, che testualmente dispone: <<Le disposizioni in materia di sospensione dei termini di versamento dei tributi, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali, a favore dei soggetti interessati da eventi eccezionali, comportano altresì, per un corrispondente periodo di tempo, relativamente alle stesse entrate, la sospensione dei termini previsti per gli adempimenti anche processuali, nonché la sospensione dei termini di prescrizione e decadenza in materia di liquidazione, controllo, accertamento, contenzioso e riscossione a favore degli enti impositori, degli enti previdenziali e assistenziali e degli agenti della riscossione>>. Nel rispetto della predetta norma, l’intenzione del legislatore era quella di consentire agli uffici finanziari di espletare le proprie funzioni, non risentendo di quel tempo (85 giorni) in cui l’esercizio delle funzioni era stato inibito dalla normativa emergenziale. Ciò in contrapposizione al fatto che, per lo stesso periodo di tempo, i contribuenti avevano potuto fruire della sospensione dei termini di versamento e di adempimento delle proprie obbligazioni tributarie. Insomma, ciò nel rispetto di un corretto bilanciamento tra i due interessi contrapposti.

Nessun effetto “a cascata” della proroga di 85 giorni

Per i giudici di primo grado di Latina, la proroga di 85 giorni vale esclusivamente in relazione all’anno 2020 in cui si è verificato l’evento eccezionale, dovendo escludere ogni effetto “a cascata” sulle annualità successive. In definitiva, i termini di sospensione di decadenza e prescrizione valgono, in riferimento all’anno colpito dall’evento eccezionale, per un corrispondente periodo di tempo rispetto a quello riconosciuto a favore dei contribuenti. Le norme fanno esclusivo riferimento ai termini di prescrizione e decadenza che scadono entro il 31 dicembre 2020 in cui è disposta la sospensione degli adempimenti e dei versamenti per eventi eccezionali, cioè al periodo d’imposta 2015, in caso di presentazione del modello Unico 2016, e anche al 2014, in caso di omessa presentazione della dichiarazione, termine in scadenza ordinaria nel 2020.

Il beneficio a favore dei contribuenti, per porre in essere i propri adempimenti tributari o i versamenti, non si estende alle annualità successive a quello in cui si è verificato l’evento emergenziale; non è cioè consentito al contribuente di fruire, negli anni successivi all’evento emergenziale, di 85 giorni in più per definire i propri adempimenti tributari. In ultimo, i giudici di primo grado di Latina, sottolineano il fatto che il legislatore ha disciplinato la “sorte” degli accertamenti in scadenza nell’anno di emergenza, con l’articolo 157 del decreto legge 34/2020, disponendo che gli stessi <<sono emessi entro il 31 dicembre 2020 e sono notificati nel periodo compreso tra il 1 marzo 2021 e il 28 febbraio 2022>>. Questa norma sottolinea ancora di più l’iniquità dell’interpretazione secondo la quale la proroga di 85 giorni si estenderebbe “a cascata” sulle annualità successive all’emergenza. La teoria della proroga generalizzata appare irragionevole e illogica e, pertanto, la Corte di giustizia di primo grado di Latina accoglie il ricorso del contribuente, annullando l’accertamento per l’anno 2016 emesso e notificato nel 2023.

Mimma Cocciufa e Tonino MorinaEsperti fiscali del Sole 24 – Ore

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