ABŪ BEKR in "Enciclopedia Italiana" - Treccani - Treccani

ABŪ BEKR

Enciclopedia Italiana (1929)

ABŪ BEKR (Abū Bakr, \arabo\)

Galvano Della Volpe

Primo califfo degli Arabi, suocero di Maometto. Membro di una frazione non molto importante della tribù dei Quraish (Coreish [v.]), non apparteneva all'aristocrazia dominatrice della Mecca, ostile alla predicazione dell'islamismo. Prestò anzi ascolto alla parola di Maometto, e fu uno dei primi (secondo alcune tradizioni, peraltro poco attendibili, il primo addirittura: v. Th. Nöldeke in Zeitscrift der deutschen morgenländischen Gesellschaft, LII, (1898) pp. 16-33) a convertirsi alla nuova fede, e fu fedele seguace di Maometto, il quale lo prese come compagno nella sua emigrazione a Medina (v. ègira). Per tale circostanza, e per essere sua figlia ‛Ā'ishah (v.) la sposa prediletta di Maometto, egli venne a trovarsi in una condizione singolarmente elevata tra i primi musulmani; tuttavia, durante la vita di Maometto, non godette di privilegi particolari, anche perché, a quanto sembra, la sua indole era modesta e scevra di ambizione. Soltanto alla morte di Maometto nello sbigottimento prodotto dall'inaspettata scomparsa del profeta, Abū Bekr ebbe il sommo merito di non disperare dell'avvenire, e fu riconosciuto, più per generale consenso che per un atto formale di elezione, quale capo della giovane comunità (10 ègira = 632 d. C.). In tale qualità egli, spiegando un'azione energica per mantener salda la compagine dei musulmani, combatté gagliardamente le tribù arabe scioltesi dal vincolo di fedeltà a Maometto.

La morte avvenuta poco dopo (13 ègira = 634 d. C.) gli impedì di condurre a termine l'opera, che fu proseguita e inaspettatamente ampliata dal suo successore ‛Omar, di mente più vasta e di carattere più forte, all'influenza del quale Abū Bekr si era volontariamente sottomesso, e che aveva avuto una parte decisiva nella proclamazione del primo califfo. La pia tradizione islamica ha circondato la figura di Abū Bekr di un nimbo di santità leggendaria. Egli è il modello della sapienza, dell'onestà, della moderazione, della carità, dell'ascesi. Centinaia di sentenze, relative a ogni sorta di questioni religiose e giuridiche, vengono fatte risalire a lui, con assai scarsa verosimiglianza storica. Anche il ṣūfismo (v.) ravvisa in lui una delle fonti principali della dottrina e della pratica mistiche, e fino ai nostri giorni i suoi presunti discendenti (presunzione assai poco fondata) esercitano in quasi tutto il mondo musulmano una specie di supremazia sulle confraternite religiose. A questa venerazione non partecipano gli Sciiti (v.); essi, o almeno quelli tra loro che seguono tendenze estremiste, maledicono in Abū Bekr l'usurpatore del califfato, che, secondo loro, sarebbe toccato di diritto ad ‛Alī, genero e cugino di Maometto, e alla sua discendenza. Ad Abū Bekr è attribuita, tra l'altro, la prima raccolta del Corano, attribuzione che la critica storica moderna tende a ritenere apocrifa.

Bibl.: Enciclopedia dell'Islam, Leida 1908 segg. (in edizione francese, tedesca, inglese), I, pp. 85-87; L. Caetani, Annali dell'Islām, Milano 1905 segg., I-II, passim, e specialmente III, pp. 81-131; H. Lammens, Le triumvirat Aboū Bakr, Omar et AboūObaida in Mélanges de la Faculté Orientale, Beirut 1910, IV. V. inoltre califfato e arabi: Storia.

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