Verrebbe da chiamarla «sindrome di Ruby», se non fosse che lo scandalo delle tre sedicenni irretite nel giro di prostituzione a Bari non sa di gossip e cronache rosso shocking, cui aveva abituato gli italiani la stagione della sedicente nipote di Mubarak, del bunga-bunga, delle olgettine e del gineceo ad hoc per Gheddafi.

Qui si tratta della resipiscenza di una calamità innaturale, che aggiorna al XXI secolo, ormai inoltrato, i costumi arcaici del basso impero e avvilisce l’emancipazione femminile, gli aspetti più sani e salutari di un sesso finalmente liberato da tante patine di retropensiero, il rispetto della persona e le fondamenta di una società dove non vince più il peccato ma l’equilibrio dei rapporti umani.

Basta leggere la confessione di una delle malcapitate vittime del giro, inizialmente ascoltata dalle autorità inquirenti in modalità protetta, per capire quanto c’è dietro le prodezze a luci rosse favorite da Antonella Albanese, Marilena Lopez, Federica Devito, Elisabetta Manzari, Nicola Basile e Ruggiero Doronzo, detenuti da lunedì mattina.

Nulla di più lontano dalle commedie pecorecce degli anni ‘80, che inopportunamente furono considerate «salvatrici» del cinema nelle sale, vuote dopo l’avvento delle TV private, di Colpo grosso, degli spogliarelli di casalinghe e del porno a tarda ora sul piccolo schermo. I B&B trasformati in alcove del proibito, la libido dell’alta società maschile, disposta a pagare il massimo per soddisfarla, il disprezzo della famiglia da parte dei fruitori di questo harem proibito ed esclusivo: uno squallore morale in cui forse non c’è spazio neanche per le inchieste di Lolita Lobosco, che pur non schivando temi analoghi, conduce tutto allo scoperto, alla solarità di un territorio immeritevole di tante ombre torbide.

Avvisaglie pubbliche se n’erano avute dalla scorsa primavera, con casi a Bisceglie e altrove. Ma l’indagine attuale viene da molto più indietro nel tempo. Di preciso dal 2022. Il che significa che il fiume sotterraneo di violazioni indegne dell’etica e del diritto comune già serpeggiava mentre maturavano gli effetti delle connessioni tra politica e criminalità, sull’altro filone giudiziario barese.

Una misura cui rifarsi per riflettere sull’odierna vicenda barese è considerarla una replica di quanto avvenne ai Parioli undici anni fa. Due quindicenni, che i mezzi d’informazione alla perenne ricerca di derive maniacali denominarono immaginariamente Azzurra e Aurora, soddisfarono i desideri perversi di affaristi e politici. Questi ultimi non mancano mai, e si potrebbero citare un’intera messe di instant books in proposito. Ai Parioli, i clienti erano ben cinquecento in tutto, quasi a evocare il nome della celebre piazza romana. Tra di loro Mauro Floriani, all’epoca marito di Alessandra Mussolini, già capitano della Guardia di Finanza. Inizialmente negò il proprio coinvolgimento, poi modificò la deposizione affermando di non sapere che Azzurra e Aurora fossero minorenni. Alla fine patteggiò la pena di un anno di reclusione e una multa di milleottocento euro. Nel novero dei condannati vi fu anche la mamma di una delle due minorenni, che sapeva delle attività di sua figlia e ne approfittava per ottenere un percentuale sulle entrate.

Le fila del commercio così redditizio le tirava Mirko Leni e la location era un appartamento nel quartiere più elegante della capitale, la cui disponibilità veniva garantita dal caporal maggiore dell’esercito Nunzio Pizzacalla. Dal tutto se ne ricavò una serie su Netflix.

Ne ebbe da dire sull’argomento Karl Marx: «I nostri borghesi, non paghi d’avere a disposizione le mogli e le figlie dei proletari, per non parlare neppure della prostituzione ufficiale, trovano uno dei loro divertimenti principali nel sedursi reciprocamente le loro mogli».

Più diretta Kate Millett, che scrisse oltre un secolo dopo: «Non è il sesso, in realtà, che si fa vendere alla prostituta: è la sua degradazione. E il compratore, il cliente, non sta comprando la sessualità, ma il potere».

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