“Il caso Jekyll”: al Bellini vanno in scena Rubini e Russo - la Repubblica

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“Il caso Jekyll”: al Bellini vanno in scena Rubini e Russo

“Il caso Jekyll”: al Bellini vanno in scena Rubini e Russo
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Sergio Rubini incontra ancora le ombre lontane nel tempo e vicine alle ansie che ancora ci inseguono, e questa sera (20.45) porta in scena al Teatro Bellini “Il caso Jekyll”. Rubini (con Carla Cavalluzzi) ha costruito lo spettacolo lasciandosi ispirare dalla scrittura gotica di Robert Louis Stevenson che nel 1886 diede alle stampe il suo “Strange Case of Dr Jekyll and Mr Hyde”, per riscriverne ed adattarne le pagine ad umori più vicini ai nostri anni.

Dello spettacolo, Rubini è anche regista e protagonista insieme con Daniele Russo, «adoperando quel racconto come motore d’ispirazione a una storia più vicina ai temi della nostra contemporaneità, offrendo allo spettatore la possibilità non solo di rispecchiarsi in quelli che sono i pericoli ma anche i piaceri che scaturiscono dalla propria ombra e di essere spunto di riflessione sulla necessità di dialogare col proprio inconscio, portarlo fuori e condividerlo con la collettività per evitare che la nostra ombra scavi in solitudine nel nostro io un tunnel di sofferenze e violenza».

Perché di ombre il pubblico troverà i movimenti, ombre cupe e fisiche nel nero delle scene di Gregorio Botta realizzate dalla scenografa Lucia Imparato e illuminata da Salvatore Palladino che ne firma il disegno luci, nei costumi di Chiara Aversano, nel progetto sonoro di Alessio Foglia, ombre della mente per cui autori ed attori (con Russo e Rubini in scena Geno Diana, Roberto Salemi, Angelo Zampieri e Alessia Santalucia) danno corpo sviluppando «una drammaturgia in chiave più chiaramente psicanalitica, più vicina alle teorie che si svilupparono quasi mezzo secolo dopo la pubblicazione del racconto di Stevenson e che ebbero il massimo dell’espressione negli approdi scientifici di Freud e Jung». In scena figure che letteratura, cinema e teatro hanno reso familiari, lo stimato e blasonato studioso della mente Henry Jekyll e quella presenza inquieta a cui, «tirando fuori dalla caverna del conscio ciò che è a lui stesso nascosto», dà il nome di Edward Hyde.

«Il nostro testo, spogliato da qualsiasi soluzione allegorica usata da Stevenson (che dà il carattere fantastico a tutta la storia, come la metamorfosi di Jekyll in Hyde attraverso un esperimento chimico, la cosiddetta “pozione”) è piuttosto un viaggio nell’inconscio — dice ancora Rubini — Nella fattispecie un famoso luminare della medicina, Henry Jekyll, ambendo all’individuazione delle cause della malattia mentale, si fa cavia e diventa poi vittima delle sue stesse teorie, tirando fuori dalla caverna del conscio ciò che è a lui stesso nascosto, la sua ombra, cioè Hyde».

Ombre che prendono forma e concretezza, ne cadranno vittime lo stesso scienziato e le altre “figure chiave” che, interpretate degli attori in doppio ruolo, popolano il racconto. E sarà Jekyll stesso che, al culmine degli orrori collezionati dal suo doppio malvagio, sarà messo di fronte all’amara scelta se continuare a tenere in vita Edward Hyde o “disinnescarlo” anche a costo di ucciderlo.

Andato in scena in prima nazionale il 14 aprile al Teatro Dell’Unione di Viterbo, prodotto da Fondazione Teatro Di Napoli-Teatro Bellini, Marche Teatro e Teatro Stabile di Bolzano, “Il caso Jekyll” resta in scena al Bellini fino a domenica 26; feriali alle 20,45, mercoledì 15 alle 17,30, sabato 18 alle 19, domenica alle 18.

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