Frasi del film Paura e Delirio a Las Vegas pag 3 - Pagina 3 - Poesie | poeti | frasi | aforismi | frasi film | poesie.reportonline.it

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Paura e delirio a Las Vegas Raoul Duke
Raoul Duke (Johnny Depp)

Ecco che se ne va. Uno dei prototipi di Dio, un mutante ad alta potenzialità neanche preso in considerazione per le produzioni di massa. Troppo strano per vivere e troppo raro per morire.

Raoul Duke (Johnny Depp)
È solo un altro sballato in un mondo di sballati…

Raoul Duke (Johnny Depp)
Non ci possiamo fermare… ci sono i pipistrelli!

Raoul Duke (Johnny Depp)
Il baule della macchina pareva un laboratorio mobile della narcotici. Avevamo due borsate d'erba, settantacinque palline di mescalina, cinque fogli di LSD superpotente, una saliera piena zeppa di cocaina e un'intera galassia di pillole multicolori, eccitanti, calmanti, esilaranti… E anche un litro di tequila, uno di rum, una cassa di Budweiser, una pinta di etere puro e due dozzine di fiale di popper. Non che per il viaggio ci servisse tutta quella roba, ma quando ti ritrovi invischiato in una seria raccolta di droghe, la tendenza è di spingerla più in là che puoi.

Raoul Duke (Johnny Depp)
Eravamo dalle parti di Barsto ai confini del deserto, quando le droghe iniziarono a fare effetto.

Raoul Duke (Johnny Depp)
Raoul Duke: Una delle prime cose che impari quando per anni hai a che fare con drogati, è che puoi voltare le spalle a chiunque, ma mai voltare le spalle a un drogato. Soprattutto quando ti agita davanti un coltello da caccia affilatissimo. Cosa stavo facendo lì? Che significato aveva quel viaggio? Stavo solo vagando sotto l'effetto di qualche droga? O ero davvero venuto a Las Vegas per scrivere un pezzo? Chi sono queste persone? Queste facce? Da dove vengono? Sembrano caricature di venditori di auto usate di Dallas… e Gesù benedetto, ce ne sono tantissimi alle quattro e trenta di domenica mattina, ancora ingroppando il sogno americano, quella visione del grande vincitore che emerge dall'ultimo caos pre-aurorale di un trito casinò di Las Vegas.
Raoul Duke è seduto davanti alla sua scrivania, e finalmente, dopo una lunga giornata di viaggi psichedelici e strani incontri a Las Vegas, si riappropria della sua macchina per scrivere e butta giù a caldo qualche malinconico pensiero sull'epica era dei Sixteen e sul suo lento impercettibile declino. Le riflessioni sono in voce over senza particolari inclinazioni emotive, te immagini di repertorio che scorrono fanno un tutt'uno con il testo: manifestazioni, capelloni, fiori disegnati sul viso.
Raoul Duke: Strani ricordi in quella nervosa notte a Las Vegas. Sono passati cinque anni? Sei? Sembra una vita... quel genere di apice che non tornerà mai più. San Francisco e la metà degli anni '60 erano un posto speciale e un momento speciale di cui fare parte. Ma nessuna
spiegazione, nessuna miscela di parole, musiche, ricordi, poteva toccare la consapevolezza di essere stato là... vivo, in quell'angolo di tempo e di mondo. Qualunque cosa significasse. C'era follia in ogni direzione, a ogni ora. Potevi sprizzare scintille dovunque. C'era una fantastica, universale sensazione che qualunque cosa facessimo fosse giusta. Che stessimo vincendo. E quello, credo, era il nostro appiglio. Quel senso di inevitabile vittoria sulle forze del vecchio e del male. Non in senso violento o cattivo. Non ne avevamo bisogno. La nostra energia avrebbe semplicemente prevalso. Avevamo tutto lo slancio... cavalcavamo la cresta di un'altissima e meravigliosa onda... e ora, meno di cinque anni dopo, potevi andare su una ripida collina di Las Vegas e guardare a ovest... e con il tipo giusto di occhi, potevi quasi vedere il segno dell'acqua alta... quel punto dove l'onda alla fine si è infranta, ed è tornata indietro.

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