I Mitchell contro le macchine - Recensione

Tra citazioni a rotta di collo e un sacco di trovate visive, il film di Michael Rianda e Jeff Rowe è un delizioso road movie dedicato alla famiglia e… ai robot.

I Mitchell contro le macchine - Recensione

LA RECENSIONE IN BREVE

  • Sulla scia di The Lego Movie e Spider-Man: Un nuovo universo, I Mitchell contro le macchine sfoggia una messa in scena originale che si diverte a pasticciare con i linguaggi visivi.
  • La vena fantascientifica e il rutilante gioco di citazioni non oscurano mai il nucleo centrale del film, ovvero il rapporto tra genitori e figli.
  • Non sono andato particolarmente d’accordo con il design di macchine e personaggi, ma in parte è un problema mio.

Non so se ci avete fatto caso, ma da qualche anno a questa parte sta diventando sempre più difficile discriminare tra le produzioni animate Pixar e quelle Disney, al netto che la prima appartiene alla seconda eccetera eccetera. Chiaro che se prendiamo, che ne so, Frozen e Inside Out, la differenza si vede eccome: da una parte siamo davanti al classico mix tra musical e fiaba, per quanto rinfrescato e tutto il resto, mentre dall’altra c’è l’ennesimo tentativo (riuscito, a scanso di) da parte di Pete Docter di confezionare un prodotto animato dal taglio più sofisticato e fruibile a diversi livelli.

L’eredità della UPA

Ora, non voglio dire che una strada sia migliore dell’altra a prescindere, anzi; più che altro è questione di intenzioni e pubblico di riferimento. Tuttavia, per tornare a bomba, ammetterete che se entra in scena, metti, uno Zootropolis le cose iniziano a sfumare, ché il film diretto da Howard e Moore potrebbe tranquillamente passare per una produzione Pixar.

Poi chiaro che a farci le pulci le differenze si trovano, tuttavia quella dimensione di (passatemi il termine, ché la storia è parecchio più complicata) rivalità tra i due studi negli anni è andata smorzandosi attraverso un circolo tutto sommato virtuoso di reciproche contaminazioni, abbastanza lontano dai soliti “parricidi”. L’unico problema di questa comunione - e relativo ricambio generazionale interno - è che per alcuni anni nel giro dell’animazione grossa è mancato il ribelle affamato in vena di rompere le regole, e se penso ai (quasi sempre riusciti pure quelli, a ri-scanso di) film DreamWorks, penso soprattutto a degli epigoni come lo sono stati, a suo tempo, i lavori di Don Bluth.

Le cose hanno preso a cambiare con l’entrata in scena di The LEGO Movie, film che ha permesso a Phil Lord e Chris Miller – già autori dello spassoso Piovono polpette – di rompere alcuni schemi mescolando l’animazione con sequenze dal vivo e altri linguaggi. Dopodiché sono addirittura esplose grazie a quella bomba pazzesca di Spider-Man - Un nuovo universo, sempre scritto dal dinamico duo ma diretto da Bob Persichetti, Peter Ramsey e Rodney Rothman, i quali hanno spinto l’acceleratore al massimo, aggiunto altra carne al fuoco della novità e, soprattutto, lo stile dell’artista Alberto Mielgo (il quale è stato poi accreditato come generico “consulente visivo” per una faccenda ancora più complicata di quella Disney/Pixar, ma tant’è).

La famiglia Mitchell al gran completo.

Arriviamo così all’oggetto di questa recensione, ovvero I Mitchell contro le macchine, l’ultimo film in ordine di tempo nato dalla rivoluzione di cui sopra – anche stavolta ci sono di mezzo Columbia e Sony ma, soprattutto, Lord e Miller in veste di produttori – nonché il primo, credo, che anziché tendere a chissà quale passo in avanti si limita “semplicemente” a mettere quel tipo di animazione lì, tutta crossmediale e pazzerella, al servizio di una storia lineare dedicata, sotto le tirate fantascientifiche e le citazioni, a un viaggio in famiglia.

Un Terminator al Sundance

Sia la regia che la sceneggiatura del film sono di Michael Rianda e Jeff Rowe, entrambi provenienti dall’ottimo Gravity Falls, dal quale recuperano le tematiche familiari, la bizzarria di fondo e quel non so che, a livello artistico, tipico delle serie Disney degli ultimi anni.

Katie è l'eccentrica protagonista del film.

Parlando di messa in scena, I Mitchell contro le macchine sembra quasi la versione indie dei film di Lord e Miller: i riferimenti pop e, soprattutto, quelli linguistici sono leggermente diversi rispetto agli analoghi di “Spider-LEGO”, e oltre al cinema dal vivo vengono tirati in ballo un sacco di segni provenienti dal fumetto underground, dai videogiochi e soprattutto da internet, tra social network, YouTube e cultura dei meme. L’effetto finale mi ha ricordato un po’ anche L'isola dei cani, ma più per la manipolazione delle immagini e il tiro da Sundance, che per le geometrie di Anderson.

In generale, comunque, il film si presenta ottimamente ed è pieno di idee, e le uniche critiche che mi sento di muovere al versante artistico riguardano il design delle macchine e quello dei personaggi. Il primo fa un po’ troppo WALL•E, evocando una certa estetica Apple di metà Duemila che tende a invecchiarlo, mentre sul fronte dei personaggi si sarebbe potuto osare di più, soprattutto a fronte della cornice.

Il design dei robot non è proprio il massimo dell'originalità.

Forse, se la character designer Lindsey Olivares avesse avuto modo di abbracciare pienamente l’irregolarità e la “sporcizia” delle sue illustrazioni personali (vi consiglio di dare un’occhiata al sito) l’effetto sarebbe stato più coerente, mentre allo stato delle cose non dico che ci siano gravi problemi o altro, ma manca quel pizzico di personalità in grado di fare la differenza.

Tornando invece all’effetto Sundance, questo va a toccare anche diversi aspetti della trama, soprattutto la componente familiare nello specifico del rapporto tra la protagonista, l’aspirante regista Katie Mitchell, e il padre Rick, che pur essendo a sua volta un sognatore – o, forse, esattamente per quello - tende a scoraggiare le ambizioni della figlia per paura che vada incontro a delusioni.

Sotto la fantascienza e le “metacose”, c'è la storia di un padre che si sforza di comprendere la propria figlia.

Nel tentativo di riconciliarsi, i due si imbarcano in un’avventura on the road assieme al resto della famiglia, composta dalla madre Linda, dal bislacco secondogenito Aaron e dall’ancora più bislacco carlino Monchi.

Citazioni a manetta, ma anche tanto cuore

A mettere i bastoni tra le ruote ai Mitchell e, contemporaneamente, spostare il tono del film dalla commedia familiare alla fantascienza parodistica, ci si mette la ribellione dell’intelligenza artificiale PAL (che in originale ha la voce di Olivia Colman) e conseguente rivolta delle macchine su scala mondiale. L’espediente consente a Rianda e Rowe di infilare una serie di iperboli a livello di animazione, nonché di aprire – anche in via del duetto “meta” con le aspirazioni di Katie – un gioco di citazioni che parte da La guerra dei mondi (quello di Spielberg, in via di un particolare molto specifico che vi sfido a riconoscere) e passa per Mad Max, Terminator, Gli Incredibili, Gremlins, Kill Bill e dozzine di altre cose, con tanto di colonna sonora in pendant.

Skynet, ma con la voce della Colman.

Per quanto spinta, comunque, la vena fantascientifica resta sempre al servizio del nucleo, diciamo così, famigliare del film, nonché di una scrittura dritta e leggera (I Mitchell contro le macchine non sembra nutrire il minimo interesse per le sofisticherie di Docter) ma non per questo incapace di tirar giù le lacrime al momento giusto. Dopo Estraneo a bordo questa è la seconda sorpresa che Netflix mi rifila nel giro di una settimana: non male.

I Mitchell contro le macchine sarà disponibile su Netflix a partire dal prossimo 30 aprile.

Verdetto

Mitchell contro le macchine è un film pieno di cuore che mescola una narrazione semplice e liscia con tutta una serie di scelte, a livello linguistico e di messa in scena, piuttosto sofisticate. Se proprio, avrei preferito un filo di coraggio in più per quanto riguarda la resa dei personaggi e dei vari robottini, ma in generale ad avercene: Michael Rianda e Jeff Rowe, qui al loro primo lungometraggio animato, dimostrano di saper confezionare un racconto per tutta la famiglia senza scadere in banalità.

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I Mitchell contro le macchine - Recensione

8.5
Buono
Tipo La guerra dei mondi ma col ripieno di Little Miss Sunshine.
I Mitchell contro le macchine
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