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Mario Draghi torna in Europa: la sua nuova sfida

Anche se non avrà un ruolo operativo, adesso dovrà sudare nuovamente le proverbiali sette camicie per elaborare il piano di interventi chiesto dall'Ue

di Giancarlo Mazzuca

(EPA)

2' di lettura

Mario Draghi ha deciso: dopo un anno di illazioni, voci, ipotesi e speranze, “Supermario” è tornato in campo. Nei giorni scorsi l'ex premier, con le congratulazioni della Meloni, ha infatti accettato la proposta che gli ha fatto la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, di curare un rapporto sulle prossime sfide competitive nel Vecchio Continente costretto oggi a difendersi in molti fronti: dal lavoro all'inflazione, dalla crisi energetica all'emergenza-immigrazione.

Una situazione molto difficile che assomiglia un po' a quella del 2014 quando l'allora presidente della Bce Mario Draghi lanciò, in particolare, la ciambella di salvataggio alla Grecia, che stava economicamente affondando, con il famoso «Whatever it takes», qualsiasi cosa pur di salvare l'euro.

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E la situazione congiunturale di oggi non è troppo dissimile da quella che, sette anni fa, affrontò l'inquilino dell'Eurotower: bene ha, quindi, fatto la “numero uno” di Bruxelles a ricorrere all'aiuto dell'italiano così poco italiano. Questa volta il “pensionato di lusso ” ha detto sì: non sarà un grande ritorno, ma poco ci manca. Perché un fatto è certo: a conferma di tutte le voci che si erano moltiplicate in questi mesi sul suo futuro, lui non è proprio un uomo da stare troppo in panchina.

Certo, adesso non avrà un ruolo operativo come in tanti auspicavano (qualcuno l'aveva anche candidato al ruolo di segretario generale della Nato), ma il suo compito sarà ugualmente importante soprattutto in un momento difficile come l'attuale. E bene ha fatto la von der Leyen a sollecitare la collaborazione di “Supermario”, la persona giusta per suggerire gli antidoti giusti. Del resto, non sarà l'unico italiano convocato a Bruxelles perché l'Ue ha anche formalizzato la nomina di un altro ex-premier, Enrico Letta, per l'elaborazione di un rapporto sul futuro del Mercato unico.

Tornando a Draghi, lui è abituato ai compiti particolarmente difficili: quando intervenne dall'Eurotower per salvare Atene, il pianto greco sembrava senza fine ma riuscì ugualmente a salvare gli “euzones” dal “crac” ed evitare, così, ciò che molti addetti ai lavori avevano previsto: la “Grexit”, con l'uscita ellenica dall' area-euro.

Se oggi in tanti continuano a criticare Christine Lagarde, presidente della Bce, perché insiste nell'aumento dei tassi (e non si è smentita neppure la scorsa settimana), dieci anni fa potevamo contare su un inquilino dell'Eurotower di grandissimo calibro. E non è un caso che adesso “frau” Ursula abbia bussato proprio alla porta di casa Draghi: il suo non sarà forse un grande ritorno, ma poco ci manca. A questo punto, un fatto è certo: se per un anno l'allievo di Franco Modigliani se l' era presa comoda dopo l'esperienza a Palazzo Chigi, adesso dovrà sudare nuovamente le proverbiali sette camicie, anche se non avrà un ruolo operativo, per elaborare il piano di interventi chiesto dall'Unione Europea: Mario, pensaci tu.

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