Cannes, Megalopolis di Coppola: il più faraonico cult trash di tutti i tempi - HuffPost Italia

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Cannes, Megalopolis di Coppola: il più faraonico cult trash di tutti i tempi

Iperbolico, estremo anche nelle stroncature, il Francis Ford Coppola di Megalopolis sarà vendicato dai posteri: tempo al tempo, sarà riconosciuto come il più faraonico cult trash di tutti i tempi. Sono ovviamente in disaccordo con il liquame versato a mezzo stampa su questo mitico cineasta della New Hollywood che ha riversato nel delirio onirico accarezzato per quarant’anni e attraverso trecento riscritture. Non è un altro Apocalypse Now (film peraltro martoriato a priori da una velenosa campagna di stampa, prima della Palma d’oro ex aequo nel 1979), ed era insensata un’attesa del genere. Questo è il travolgente delirio naif di un bambino di 85 anni che gioca col suo pongo da 120 milioni di dollari, ricavati dai suoi preziosi vigneti della Napa Valley. Se ti acciacchi cadendo dal gradino di casa sei solo distratto. Se cadi a picco dall’Everest sei un gigante.

New York è New Roma, il crollo dell’Impero Americano avrà lo stesso destino di quello romano, travolto dall’assurda fame di potere di pochi. E poco importa se lo svolgimento del tema è da bignamino delle elementari, con le toghe, i triclini, i gladiatori-wrestler al Colosseo del ‘panem et circenses’, le vestali, una puntata alle terme, il latino-per-tutti, i cartelli del film scolpiti sul travertino e una spolverata di Marc’Aurelio che non guasta mai.

C’è un cast a cinque stelle in figurazioni da saltimbanchi: Adam Driver, Dustin Hoffman, Giancarlo Esposito, Shia LaBoeuf, Jon Voight, Laurence Fishburn, Nathalie Emmanuel, e parlo solo dei pesi massimi. Se ti rilassi però questo caos delirante è irresistibile. In bilico sul cocuzzolo del Chrysler come Cesare Catilina (Driver) nella prima inquadratura del film, Coppola fa il contrario del suo eroe: si tuffa a capofitto nel gorgo della sua ambiziosa creatura.

Cesare è un architetto e un ingegnere geniale. Vuole trasformare New Roma in un Giardino dell’Eden, perché ha inventato un materiale ecologico e inalterabile, il Megalon (vedi titolo). Pazienza se dovrà demolire l’intera città, e creare un esercito di senzatetto. L’Utopia ha tutti contro. Il sindaco Frank Cicero ( Esposito) e il suo compare Dustin Hoffman, il cugino invidioso della famiglia dei Crassus ( LaBoeuf) che è il figlio degenere del Paperon De’Paperoni della metropoli ( Voight), che ha sua volta è nel business del casinò che dovrebbe occupare il centro cittadino. Ma poi la bonissima Julia (Emmanuel), figlia del sindaco, si mette con Cesare e la sua ex, famosa anchorwoman, va a nozze con Paperone e il party nuziale occupa un Colosseo farcito di intrattenimenti imperiali, comprese le Vestali rockstar e le corse di bighe di Ben Hur. Sul più bello un tizio in carne e ossa, in sala, dialoga con l’architetto sullo schermo. E’ nel copione. Come da consuetudine nella storia americana, mandano un baby-killer a sforacchiare la testa di Cesare, ma il Megalon può reincollarla. E più potente ancora del Megalon, il bebè sfornato da Julia finirà per salvare capra e cavoli e riappacificare le generazioni. E’ l’apoteosi di un autore temerario che rischia il tutto per tutto senza paracadute.

E’ un capolavoro kitsch fantasmagorico, zeppo di tutto e di più. Cesare ha superpoteri da cartoon, può fermare il tempo a bacchetta. C’è un sosia di Elvis che canta l’inno americano, e una lacrimevole storia segreta degna di Matarazzo, e i sandaloni da peplum dei tempi d’oro di Cinecittà. Non accadrà, come accadde quarantacinque anni fa, che l’happy ending smentisca le malelingue e coroni l’impresa. F.F.Coppola non vincerà la sua terza Palma d’oro. Ma al modico prezzo di un biglietto ti immergi in un turbine di Monty Python che fanno il verso a un film di Coppola girato dal suo gemello schizzato: un’esperienza sublime. Un selfie con i centurioni del Colosseo ai turisti costa molto di più.

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