Cannes 2024, il regista Mohammad Rasoulof fugge dall'Iran e forse sarà presente alla prima del suo film
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Cannes 2024, il regista Mohammad Rasoulof fugge dall'Iran e forse sarà presente alla prima del suo film

Mohammad Rasoulof, regista di The Seed of the Sacred Fig, in concorso al Festival di Cannes 2024, spera di essere presente alla prima del lungometraggio. Fuggito dall'Iran dov'è stato condannato, spiega in un comunicato la sua situazione.

Cannes 2024, il regista Mohammad Rasoulof fugge dall'Iran e forse sarà presente alla prima del suo film

Mohammad Rasoulof, regista iraniano di The Seed of the Sacred Fig in concorso al Festival di Cannes 2024, è giunto in Europa: sarebbe una notizia ovvia, se non fosse che Rasoulouf è stato condannato dalla Corte Rivoluzionaria Iraniana a otto anni di prigione, fustigazione, multa e confisca dei beni, e dal 2017 gli è vietato di lasciare il paese. Al momento Mohammad si trova già in Europa in un luogo non rivelato, e si spera possa presenziare al Festival, con tutti i rischi che sta affrontando. Il regista ha anche emesso un comunicato sulla sua tragica situazione.
[Foto del regista da Wikipedia]

The Seed of the Sacred Fig, Mohammad Rasoulof rischia la sua vita per essere a Cannes e sostenere il film

Il Festival di Cannes ha già ospitato opere di Mohammad Rasolouf, come Goodbye (2011), Manuscripts Don’t Burn (2013) and A Man Of Integrity (2017): autore che racconta l'Iran senza autocensure, come tale da anni soffre di una persecuzione giudiziaria, denunciata ancora con un comunicato, mentre cerca di sostenere il suo nuovo The Seed of the Sacred Fig, in concorso a Cannes 2024. L'avvocato del regista, Babak Paknia, aveva commentato, all'indomani dell'ultima sentenza (Mohammad è stato già in galera dal 2022 al 2023), che l'unica colpevolezza dell'assistito è "firmare dichiarazioni, fare film e documentari" dal contenuto scomodo al regime. Come l'ultimo Il male non esiste (2020), vincitore dell'Orso d'Oro a Berlino e realizzato in clandestinità, poi causa della nuova condanna. Rasolouf ci scrive:

Sono arrivato in Europa qualche giorno fa, dopo un viaggio lungo e complicato.
Circa un mese fa i miei legali mi hanno informato che la mia condanna a otto anni di prigione è stata confermata dalla corte d'appello, e sarebbe stata eseguita di lì a poco. Sapendo che le notizie sul mio nuovo film sarebbero uscite molto presto, sapevo senza dubbio che a questi otto anni sarebbe stata aggiunta un'ulteriore pena. Non avevo molto tempo per decidere. Ho dovuto decidere tra la prigione e l'esilio, lasciando l'Iran. Con il cuore a pezzi, ho scelto l'esilio. La Repubblica Islamica mi ha confiscato il passaporto nel settembre 2017. Perciò ho dovuto lasciare l'Iran in segreto. Naturalmente obietto fortemente all'ingiusta condanna che mi costringe all'esilio. Comunque, il sistema giudiziario della Repubblica Islamica ha emesso così tante sentenze crudeli e strane che non mi sento nelle condizioni di lamentarmi della mia. Le sentenze di morte vengono eseguite quando la Repubblica Islamica stronca le vite di chi protesta e degli attivisti dei diritti civili. È difficile da credere, ma proprio ora mentre sto scrivendo questo, il giovane rapper Toomaj Salehi viene detenuto in prigione ed è stato condannato a morte.
La portata e l'intensità della repressione è arrivata a un livello di brutalità tale, che ormai la gente si aspetta notizie su crudeli crimini governativi ogni giorno. La macchina criminale della Repubblica Islamica continua sistematicamente a violare i diritti umani. Prima che i servizi di intelligence della Repubblica Islamica fossero informati della produzione del mio film, alcuni attori sono riusciti a lasciare l'Iran. Comunque, molti degli attori e degli agenti del film si trovano ancora in Iran e l'intelligence li sta mettendo alle corde. Sono stati sottoposti a lunghi interrogatori. Le famiglie di alcuni di loro sono state convocate e minacciate. A causa della loro apparizione in questo film, sono stati messi sotto processo ed è stato loro impedito di lasciare il paese. Hanno messo a soqquadro l'ufficio del direttore della fotografia, gli hanno portato via tutte le macchine. Hanno anche impedito al tecnico del suono di andare in Canada. Durante gli interrogatori della troupe, l'intelligence ha chiesto loro di spingermi a ritirare il film dal Festival di Cannes. Stavano cercando di convincere la troupe che non avevano capito qual era la storia del film e che erano stati manipolati nel partecipare al progetto. Nonostante i vasti limiti che io e i miei colleghi e amici abbiamo affrontato durante la lavorazione, ho cercato di costruire una narrazione cinematografica lontana dalla narrativa dominante della censura della Repubblica Islamica, più vicina alla realtà. Non ho dubbi sul fatto che restringere e sopprimere la libertà d'espressione non può essere giustificato, anche se diventa uno sprone per la creatività. Ma se non c'è una maniera, bisogna trovare una maniera.
Il mondo del cinema deve assicurare un sostegno effettivo per chi fa questi film. La libertà di parola dovrebbe essere difesa, ad alta voce e chiaramente. Le persone disinteressate che coraggiosamente sfidano la censura, invece di sostenerla, sono confortate nel sapere che l'importanza delle loro azioni è riconosciuta dalle organizzazioni cinematografiche internazionali. Per mia esperienza, può essere un aiuto incalcolabile per spingerli a continuare il loro vitale lavoro. Molte persone hanno contribuito a fare questo film. Il mio pensiero va a loro, mentre temo per la loro incolumità e la loro serenità.
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