Reichstadt1946
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La Chimera di Arezzo

La Chimera di Arezzo è una scultura etrusca bronzea, risalente al V IV secolo a.C. ed è conservata al Museo archeologico di Firenze. Secondo la mitologia classica, la Chimera era un mostro terribile che, vomitando fuoco e fiamme, distruggeva tutte le messi. La statua fu scoperta nel 1553 ad Arezzo, insieme ad altri bronzi e fu Benvenuto Cellini ad occuparsi del restauro. Sulla zampa anteriore dell’animale è incisa una scritta che ci fa pensare che essa fosse dedicata a Zeus, in etrusco Tinia e che facesse parte di un “donario” (= un luogo dove venivano conservate le offerte agli dei) nel quale, probabilmente esisteva anche Bellerofonte, l’eroe che uccise il mostro e che cavalcava Pegaso, il cavallo alato.

Molte caratteristiche riprendono quelle della Lupa Capitolina ed in parte accentuate. L’animale è raffigurato con il muso minaccioso, rivolto verso l’alto, in direzione dell’avversario, su cui è pronto a balzare. Sul dorso cresce la testa di una capra. I muscoli sono tesi, le costole sono ben visibili. Le unghie sembrano degli artigli e fuoriescono dalle dita. I peli, nel rivestire soltanto alcune parti del corpo, si drizzano come se fossero degli aculei. Quelli del collo, ripetuti in più file, fanno pensare ad un collare dei grossi cani abruzzesi irto di punte di ferro, il cui scopo è quello di difendere l’animale dai morsi dei lupi e che era già in uso nell’antichità; infatti, ce ne parla Varrone nel suo trattato sull’Agricoltura. Pertanto, si nota una forte ricerca di espressività che caratterizza l’arte etrusca. Si nota, comunque la presenza di una cultura che si rifà ai Greci per il senso di equilibrio, presente nell’uso delle curve del ventre e delle cosce messe in relazione con quella descritta dalla coda, trasformata in un serpente che con la bocca azzanna la testa di capra. Forse il restauro per questo dettaglio non è corretto perché il serpente avrebbe dovuto scagliarsi contro Bellerofonte, il nemico che stava attaccando la Chimera.