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PIACERE, TABÙ: LA MASTURBAZIONE FEMMINILE

Questo non è un articolo sulla storia della masturbazione, né un articolo sui benefici dell’autoerotismo. Questo è un articolo che, nell’ultima settimana del mese dedicato alla masturbazione, vuole semplicemente sdoganare un tabù: anche le donne si toccano.
Perché lo fanno? (Anche) per provare piacere. Può una donna, quindi, avere voglia di provare piacere e riuscire a farlo al di là di un rapporto sessuale con una/più person*? La risposta è sì.

La masturbazione femminile è ancora un tabù, ve lo assicuro: ero pochi giorni fa al bar con una persona a me cara e le stavo parlando proprio di questo articolo che avrei scritto. Ho detto la parola masturbazione e nei tavoli accanto a me è calato il gelo. Di seguito qualche risata con degli sguardi fugaci rivolti a me, poi testa bassa e si è tornat* al proprio aperitivo. Mi sono chiesta ancora una volta: perché di masturbazione proprio non riusciamo a parlare apertamente?

Sia chiaro, con questo non intendo dire che ogni persona debba parlare apertamente della propria vita sessuale: non è questo l’unico modo di smantellare un tabù. Ma di un argomento si può parlare, su un argomento si può riflettere insieme anche senza inserire per forza la propria esperienza all’interno – nonostante il personale sia sempre politico, a parer mio, ma questo non è il momento di parlarne.

Soprattutto quando si entra nella sfera della sessualità, l’imbarazzo e la paura dell’ignoto sembrano prevalere sull’analisi e sulla riflessione. Quando poi si apre addirittura l’argomento autoerotismo, tutto viene improvvisamente celato dietro il velo del pudore. Perché?

Non ho una risposta universale, ma posso accompagnarvi in un percorso di riflessione che sicuramente ci può dare qualche spunto per ritrovarci più consapevoli. La masturbazione femminile soffre di un pesante tabù. Questo tabù è figlio (anche) di credenze religiose che dall’affermazione del Cristianesimo si sono fatte sempre più strada nelle nostre vite, diventando quasi regole non scritte di comportamento. Se per l’uomo la masturbazione è un segno di virilità e un momento di affermazione della propria confidenza con la sessualità, per la donna la masturbazione è qualcosa di sporco e inutile, decisamente superfluo. Questa convinzione nasce dal fatto che da sempre la sessualità femminile viene associata allo scopo procreativo o al raggiungimento del piacere in funzione dell’altro. Il maschile è voluto, perché in una società fortemente eteronormata è scontato che una donna sia eterosessuale, cisgender e soprattutto che raggiunga il piacere solo attraverso la stimolazione e la penetrazione maschile.

Cosa succede quando allora si squarcia il velo di Maya e si porta alla luce un argomento come la masturbazione femminile? La prima reazione è, guarda caso, sempre maschile – lo è sempre stata. Da medici a filosofi, gli uomini cis hanno sentito la necessità di esprimere il loro pensiero a riguardo. Kant considerava immorale anche soltanto chiamare tale vizio con il suo vero nome, mentre Rousseau la definiva un pericoloso surrogato che inganna la natura. Insomma, la masturbazione femminile era qualcosa di davvero indicibile. Ma che succede se diamo parola alle donne? Potremmo pensare che tutto risulti automaticamente più semplice, il discorso sia più aperto, ma non è esattamente così. La colpa non è delle donne, ma dei pregiudizi e dei sensi di colpa autoinflitti, tutti derivanti da una società che ripudia i discorsi riguardo la sessualità e, ancor di più, sull’autoerotismo. Eppure, ogni giorno, veniamo bombardat* da messaggi esplicitamente o implicitamente a sfondo sessuale. Le donne devono essere oggetto di desiderio, mai soggetto e agente del proprio piacere.

La masturbazione femminile non è un argomento sdoganato nemmeno tra le donne: si pensa ancora che sia qualcosa da tenere nascosto in un angolo, un argomento che taccia subito la persona di impudicizia. La donna non riesce a sentire la libertà di esprimersi perché attorno a sé il mondo la addita come poco di buono. Ritorna qui un tema tanto caro alla società pudica in cui ancora viviamo: o sei santa o sei puttana, e ciò che sei non lo decidi tu ma qualcun altro che, probabilmente, del tuo rapporto con la sessualità non sa un bel niente.

Le parole sono importanti, diceva Nanni Moretti e in un discorso del genere lo sono ancora di più. Parlare di masturbazione femminile è importante per riuscire a normalizzare una pratica che di sporco non ha nulla, ma parlarne non è così automatico e semplice; non dobbiamo cadere nell’esercizio di imposizione secondo il quale una donna è autodeterminata solo se riesce con tranquillità a parlare della propria sessualità, se riesce a praticare la masturbazione e se ne fa vessillo di battaglia. No, non possiamo pretendere da tutt* un percorso lineare, proprio perché dobbiamo ricordare che siamo tutt* figl* di una società che ci ha cresciut* in modo da reprimere noi stess*. Per questo motivo, la battaglia non è portata avanti da tutt* allo stesso modo, ma ognun* ha i propri tempi. Per questo motivo, parlare liberamente di sessualità e di masturbazione femminile non è soltanto un atto di autodeterminazione, ma un atto politico, in quanto la mia voce può essere veicolo anche delle voci che ancora non hanno il privilegio o la possibilità di parlarne apertamente.

In più, autodeterminazione e liberazione sessuale hanno come fulcro proprio la libertà di scelta: normalizzare il discorso sulla masturbazione femminile significa anche normalizzare la scelta di non praticarla. Scelta, appunto e non imposizione esterna. Questo è un punto che mi preme molto sottolineare: una battaglia è tale solo se inclusiva e includere significa non lasciare indietro nessun*.

In questo momento storico di forti spinte per il cambiamento, dobbiamo ricordarci che anche la lotta per la rivendicazione della libertà sessuale – che concerne appunto anche la libertà di parlare di autoerotismo – è un punto cruciale di un discorso rivoluzionario. Qual è questo discorso? Semplice: il piacere è affar nostro.

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