LUIGI IX, RE DI FRANCIA, SANTO in "Federiciana" - Treccani - Treccani

LUIGI IX, RE DI FRANCIA, SANTO

Federiciana (2005)

LUIGI IX, RE DI FRANCIA, SANTO

BBenoît Grévin

La personalità fuori del comune del re di Francia L. (1214-1270), contemporaneo della seconda parte del regno di Federico II e spettatore della caduta della casa di Svevia, fa di lui la sola testa coronata d'importanza pari all'imperatore nella storia occidentale del XIII secolo. Anche se il loro carisma, le risorse della loro potenza e il loro comportamento da sovrani furono sostanzialmente diversi, il parallelo fra L. e Federico II è da lungo tempo un motivo quasi obbligato della storiografia federiciana, ma si è ancora ben lontani dall'aver esaurito l'argomento dei loro rapporti. In effetti, il trattamento agiografico delle vicende e delle gesta di L., canonizzato nel 1297, ha in parte offuscato la complessità delle relazioni che hanno unito il re capetingio, la casa di Svevia e il papato negli anni che vanno dal 1226 al 1250. La storiografia regia francese, di poco successiva, dipinse il re santo come un avversario risoluto, seppur prudente, dell'imperatore tiranno della Chiesa (i GestaLudovici IX di Guglielmo di Nangis), mentre altre fonti più vicine ai fatti (i Chronica Majora di Matteo Paris) insistettero sull'irritazione di L. di fronte all'ostinazione papale, prima e dopo la deposizione di Federico II da parte di Innocenzo IV. Ora, il problema delle relazioni tra il re di Francia più celebre del XIII sec. e Federico II non può essere inquadrato solo sotto il profilo della lotta che contrappose l'Impero e il papato, e dell'atteggiamento personale di L. nei confronti di Federico. I rapporti tra la Francia e l'Inghilterra, la preparazione della crociata del 1248-1254, la politica meridionale dei Capetingi sono altrettanti motivi secondari che però, nel loro insieme, formano la complessa trama delle relazioni tra L. e Federico II a partire dal 1226 fino alla morte di quest'ultimo nel 1250.

Il periodo del regno di L. che coinvolse direttamente Federico può essere suddiviso in tre parti: dal 1226 al 1234 il giovane re si batté per affermare il suo potere nel Regno sotto la reggenza della madre Bianca di Castiglia; tra il 1234 e il 1244 arrivò a imporsi su Enrico III Plantageneto (vittoria di Taillebourg nel 1242) e confermò la supremazia capetingia nell'Europa occidentale; infine, dal 1244 al 1250 fu impegnato nella preparazione e nell'attuazione della disastrosa crociata d'Egitto che orientò tutta la sua politica.

Quando L., all'età di dodici anni, ereditò la corona di Francia (1226), la situazione della reggente, sua madre Bianca di Castiglia, era delicata. A una coalizione di grandi baroni del Regno intenzionati a impadronirsi del potere effettivo, si aggiunse la minaccia di un ritorno in forze dei Plantageneti, desiderosi di rimettere in discussione le conquiste di Filippo II Augusto e di Luigi VIII. Durante questa prima parte del regno (1226-1234) la forza della monarchia francese su scala europea fu quindi controbilanciata dalla relativa debolezza di un potere non da tutti condiviso, che dovette richiamare all'ordine i baroni recalcitranti. Federico II, che aveva ormai solidamente affermato il suo dominio in Sicilia, ma i cui rapporti con il papato andavano rapidamente guastandosi, aveva rinnovato ufficialmente le alleanze stipulate con Filippo Augusto e Luigi VIII nel 1227, rafforzate in seguito nel 1232, in nome dell'imperatore e di suo figlio Enrico (VII), da un autentico patto di mutuo sostegno che prevedeva l'estradizione reciproca dei ribelli. Tutto stava a indicare, perciò, la prosecuzione dell'ormai tradizionale alleanza tra i Capetingi e la casa di Svevia. Tuttavia due fattori, già presenti all'epoca di Luigi VIII, contribuirono a rendere quest'alleanza poco efficace: nel Regno di Germania, propriamente detto, un potente partito cercò di indurre il giovane Enrico (VII) ad allearsi con gli inglesi, per ragioni di natura commerciale e politica; nel Regno di Arles, dopo l'assedio delle truppe di Luigi VIII ad Avignone nel 1226, l'influenza francese divenne un elemento costante che finì per scontrarsi con l'attiva politica di restaurazione dell'autorità imperiale promossa da Federico II. Il sostegno accordato dall'imperatore a Raimondo VII di Tolosa, nella prospettiva di una rinascita in Provenza del potere della casa di Saint-Gilles, suscitò nel re e nella regina madre legittime preoccupazioni per la solidità dell'insediamento del potere regio nel Sud del Regno.

Il matrimonio di L. con Margherita di Provenza (1234), figlia del conte Raimondo Berengario V, principale contendente del conte di Tolosa Raimondo VII, sostenuto nel Regno di Arles da Federico II, e le nozze di Federico II con Isabella d'Inghilterra (1235) sembrarono preannunciare un rovesciamento delle alleanze su scala europea. Tuttavia, se pure esistono indizi di un sostegno diplomatico di Federico alle iniziative di riconquista di Enrico III Plantageneto tra il 1238 e il 1242, e si intravedono le tracce di un'alleanza anticapetingia tra il conte di Tolosa Raimondo VII, il re d'Inghilterra e l'imperatore ‒ e malgrado l'incontro destinato ad appianare le tensioni diplomatiche, che avrebbe dovuto tenersi a Vaucouleurs nel 1237, fosse rimasto allo stadio di progetto ‒, la politica di benevola neutralità fra l'Impero e il Regno di Francia resistette, a dispetto di queste incertezze diplomatiche. Nel 1238, L. permise ad alcuni dei suoi vassalli di partecipare alla campagna di Federico in Lombardia. Dopo la seconda scomunica, l'imperatore si premurò di giustificarsi con il re di Francia, motivandogli nel 1240 le ragioni per cui non avrebbe tollerato la convocazione a Roma di un concilio per farlo deporre; e quando, nel 1241, la cattura dei prelati francesi diretti da papa Gregorio IX, da parte della flotta imperiale appoggiata dai pisani (v. Giglio, battaglia del), provocò una crisi diplomatica tra Federico II e L., quest'ultimo rammentò all'imperatore che, in nome della tradizionale alleanza tra le due case, non aveva consentito che si predicasse contro di lui nel Regno di Francia. Nello stesso anno L. manifestò chiaramente la sua volontà di non farsi coinvolgere in una crociata contro Federico, respingendo la proposta papale di mettere sul trono di Germania suo fratello Roberto d'Artois. D'altro canto, anche la politica di riavvicinamento fra Capetingi e Plantageneti, che si delineò a partire dal 1243, procedeva in direzione di un nuovo equilibrio diplomatico in cui l'imperatore avrebbe potuto appoggiarsi a uno dei due grandi Regni occidentali, senza vedere automaticamente l'altro adottare un atteggiamento ostile nei suoi confronti.

Fino al 1244 le relazioni fra L. e Federico II furono caratterizzate da una certa distanza oggettiva, ampiamente spiegabile con la divergenza degli obiettivi perseguiti. Il primo, sotto la reggenza della madre e in seguito con la sola propria autorità, dovette innanzitutto pacificare il Regno, alle prese con le rivolte dei grandi baroni, e poi affermare la posizione della monarchia di fronte a Enrico III d'Inghilterra e a Raimondo VII di Tolosa. Quanto a Federico II, egli era stato assorbito dagli affari dell'Oriente, della Lombardia e della Germania. Il punto di contatto e di attrito principale tra i due poteri fu, fino al 1244, il Sud del Regno di Arles. A partire dal 1244 la situazione subì un'evoluzione radicale, con la fuga del papa a Lione e l'impegno della crociata da parte di s. Luigi. Rifugiandosi a Lione, Innocenzo IV mirava a forzare la mano al re di Francia e a mettere a segno un duplice obiettivo: fuori della portata del potere di Federico II, quasi inesistente nel Nord del Regno di Borgogna, si mise de facto sotto la protezione di L., in quanto Lione, città imperiale, gravitava nondimeno nell'orbita francese da diversi decenni. Nei quattro anni seguenti il papato tenterà incessantemente di coinvolgere il Regno di L. nella sua politica antimperiale. Il suo successo più importante fu la conclusione, nel 1245, del matrimonio del fratello cadetto del re, Carlo d'Angiò, con Beatrice di Provenza, figlia di Raimondo Berengario V ed erede della contea, contro i suoi concorrenti Raimondo VII di Tolosa e il figlio dell'imperatore, Corrado.

L., tuttavia, continuò ad attenersi a una politica di rigida neutralità, che gli procurò tensioni tangibili con la Curia papale: dai negoziati di Cluny del 1245 fino agli ultimi contatti a Cipro nel 1248, il re di Francia caldeggiò la riconciliazione fra l'imperatore e il papa. In questa prospettiva, sebbene il re santo avesse allentato il suo divieto contro la predicazione antimperiale nel Regno e fosse entrato in conflitto con l'imperatore per la Provenza, sembra ‒ malgrado ci sfugga l'esatto tenore delle trattative segrete intercorse in questi anni tra la corte francese e la Curia, da un lato, e L. e Federico II, dall'altro ‒ che le numerose perorazioni pro domo di Federico II e, in particolare, la sua circostanziata critica, su base giuridica, del processo del 1245 ebbero un certo impatto su L. e il suo seguito. Finché Federico fu in vita, L. rifiutò di schierarsi fra gli avversari dell'imperatore e, offrendo costantemente la sua mediazione ai fini di una riconciliazione, contribuì ampiamente a vanificare la politica papale che mirava a isolare Federico. In compenso, quando quest'ultimo organizzò i preparativi diplomatici e militari per un'offensiva contro Lione prevista nel 1247, L. assicurò al papa il sostegno delle sue truppe.

Oltre ai sentimenti personali del re e alla sua concezione dei rapporti tra i poteri laici e il papato, almeno due fattori hanno potuto incentivare questa politica di neutralità attiva: da una parte, la politica di propaganda di Federico II in Inghilterra e in Francia ottenne un brillante risultato, commisurato alla pressione finanziaria esercitata dal papato nei due Regni. Lo attesta, in particolare, la rivolta dei baroni francesi contro le usurpazioni del clero nel 1246-1247, i cui manifesti ripresero, talvolta letteralmente, i libelli antiecclesiastici diffusi dalla corte imperiale. Questi movimenti politici dei grandi baroni suffragano le informazioni di alcune cronache a proposito delle pressioni esercitate dai signori francesi sul re affinché rifiutasse di dare asilo al papa nel Regno propriamente detto. Un altro fattore determinante fu la preparazione della crociata del 1248-1254, voluta dal re di Francia contro il parere di gran parte dei quadri dirigenti del suo Regno. Questo progetto rafforzò nel re l'avversione personale per un conflitto che avrebbe di-stolto le forze della cristianità dall'impresa, alimentò la propaganda imperiale ‒ che aveva fatto della crociata in Oriente e dello scandalo di una crociata antimperiale uno dei suoi temi privilegiati ‒ e permise all'imperatore di proporre i suoi servizi logistici, mettendo a disposizione delle forze francesi le sue basi e i suoi granai siciliani a partire dal 1247. Le difficoltà della politica papale a fronte di questa situazione sono ben documentate dall'attività del cardinal legato Eudes de Châteauroux, costretto a predicare contemporaneamente, in Francia e nel Lionese, contro la rivolta dei baroni francesi verso la Chiesa, a favore della crociata antimperiale e della crociata di s. Luigi. Quando il re di Francia s'imbarcò nel 1248 alla volta dell'Oriente, aveva affermato con forza la priorità dei suoi obiettivi rispetto a quelli del papato, che dovette continuare da solo la sua lotta contro Federico. In realtà fu proprio la dinastia capetingia ad annientare nel 1266 e nel 1268 le ultime vestigia del potere degli Hohenstaufen in Italia, prima a Benevento e poi a Tagliacozzo, per mano del fratello di L., Carlo d'Angiò, ma, finché Federico rimase in vita, l'alleanza tradizionale fra i Capetingi e gli Hohenstaufen mantenne la sua efficacia, opponendo la sua forza d'inerzia alle iniziative del papato.

Fonti e Bibl.: Guglielmo di Nangis, Gesta Ludovici IX, in Recueil des historiens des Gaules et de la France, XX, a cura di F. Daunou-J. Naudet, Paris 1840, pp. 312-463; Historia diplomatica Friderici secundi, II-VI; Matteo Paris, Chronica Majora, a cura di H.R. Luard, II-III, London 1874-1876; M.G.H., Leges, Legum sectio IV:Constitutiones et acta publica imperatorum et regum, II, a cura di L. Weiland, 1896. É. Berger, Saint Louis et Innocent IV. Étude sur les rapports de la France et du Saint-Siège, Paris 1893; R. Fawtier, Saint Louis et Frédéric II, in Atti del convegno internazionale di studi federiciani (Palermo-Catania, 10-18 dicembre 1950), Palermo 1952, pp. 97-101; W. Kienast, Deutschland und Frankreich in der Kaiserzeit (900-1270). Weltkaiser und Einzelkönige, I-III, Stuttgart 1974-1975; J. Richard, Saint Louis, Paris 1983; G. Baacken, Die Verhandlungen von Cluny (1245) und der Kampf Innocenz' IV. gegen Friedrich II., "Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters", 50, 1994, pp. 531-579; J. Richard, Federico II e san Luigi, in Federico II e il mondo mediterraneo, a cura di P. Toubert-A. Paravicini Bagliani, Palermo 1994, pp. 48-61; J. Le Goff, Saint Louis, Paris 1996; J. Chiffoleau, Saint Louis, Frédéric II et les constructions institutionnelles du XIIIe siècle, "Médiévales", 34, 1998, pp. 13-23; W. Stürner, Friedrich II., II, Der Kaiser 1220-1250, Darmstadt 2000; A. Charansonnet, L'université, l'Église et l'État dans les sermons du cardinal Eudes de Châteauroux (1190?-1273), tesi di dottorato, Université de Lyon 2-Louis Lumière, 2001 (in corso di stampa presso l'École Française de Rome). F. Menant-H. Martin-B. Merdrignac-M. Chauvin, Les Capétiens. Histoire et dictionnaire (987-1328), Paris 1999, pp. 328-378.

Traduzione di Maria Paola Arena

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