Lo spazio che ci unisce, la recensione dello sci-fi romantico originale Netflix

Lo spazio che ci unisce, la recensione dello sci-fi romantico originale Netflix

Un adolescente nato e cresciuto su Marte si innamora di una coetanea terrestre in Lo spazio che ci unisce, sci-fi romantico di Peter Chelsom.

Lo spazio che ci unisce, la recensione dello sci-fi romantico originale Netflix
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Spesso le storie a distanza nate sul web, senza un effettivo incontro reale tra le due persone, sono vittima di ostacoli più o meno logistici. Ma cosa dovrebbero dire allora i protagonisti di Lo spazio che ci unisce, abitanti nientemeno che su due pianeti diversi? In questa commedia romantica d'ambientazione sci-fi, disponibile in esclusiva su Netflix, il personaggio di Gardner è infatti nato sul Pianeta Rosso dove la madre, morta dopo il parto, era a capo della prima spedizione umana in loco. Sedici anni dopo il lieto evento, e con la NASA che ha preferito insabbiare il tutto per possibili polemiche mediatiche, Gardner è un adolescente vittima di un'imperante solitudine, solo parzialmente alleviata dallo stretto rapporto, quasi materno, con l'astronauta Kendra. Il ragazzo inoltre ha instaurato via video-chat anche una corrispondenza con la Terra e la ribelle Tulsa, una studentessa ignara del luogo da cui lui sta comunicando. L'ente spaziale, visto che la forzata reclusione nelle basi marziane ne sta mettendo a repentaglio la salute mentale, decide così di far tornare Gardner sul nostro mondo: il viaggio spaziale però potrebbe causare gravi complicazioni al fisico del giovane, non abituato alla gravità terrestre...

Spazio, ultima frontiera dell'amore?

E' un film che spiazza Lo spazio che ci unisce, non privo di buoni momenti ma al contempo incapace di rendere giustizia ad una storia cui avrebbero giovato maggiori sfumature. Curioso mix tra teen-drama romantico, sci-fi umanista e un vago citazionismo alle atmosfere anni '80, il film ha i suoi peggiori limiti in una gratuità narrativa ed emozionale a tratti disarmante, con sviluppi e colpi di scena che seguono le vie prestabilite senza troppi colpi di coda, tra musiche enfatiche e una colonna sonora pop-rock commerciale atta a conquistare soprattutto il pubblico di giovanissime. E' infatti palese come sia la love-story tra i due protagonisti il centro focale dell'operazione, messa in atto con efficace furbizia seguendo i classici canovacci del filone, con tanto di fuga dei due dalla polizia e dagli scienziati della NASA che, dopo il ritorno a Terra di Gardner, cercano di contenere sia la fuga di notizie che la sua stessa esistenza. Una caccia che ovviamente si ammanta di ulteriori significati e risvolti nelle due ore di visione, viventi su una ripetitività in cui l'impatto del "marziano" con il pianeta Terra non viene sfruttato a dovere, nonostante una manciata di riusciti siparietti ironici e sarcastici sulle sue ignoranze comportamentali. Anche i rimandi ad un capolavoro come Il cielo sopra Berlino (1987), citato sia in fotogrammi che nei dialoghi, appaiono parzialmente forzati e sembrano figli di ambizioni più alte di quelle poi realmente espresse nella messa in scena. Messa in scena che è comunque gestita con discreto mestiere dal regista Peter Chelsom e interpretata, in un cast comprendente anche Gary Oldman e Carla Gugino in fondamentali ruoli di supporto, col giusto piglio da Asa Butterfield e Britt Robertson (che interpretano qui due coetanei ma che nella realtà hanno sette anni di differenza fra loro).

Lo spazio che ci unisce Se presa nel giusto verso la visione de Lo spazio che ci unisce può rivelarsi anche piacevole, soprattutto per un certo tipo di pubblico, ma i difetti narrativi sono comunque ben evidenti nelle due ore del film. Con un incipit di partenza accattivante e inerente la love-story in divenire tra un adolescente cresciuto su Marte e una coetanea terrestre dal carattere ribelle, la sceneggiatura si perde purtroppo in gratuità e scontatezze di sorta figlie di una confezione creata ad hoc per soddisfare quante più platee possibili, dagli instancabili romantici agli appassionati di atmosfere filo-fantascientifiche. Il risultato è così una creatura ibrida e abilmente costruita a tavolino in cui le emozioni, pur non assenti, sono quantomai prevedibili, epilogo al gusto melassa incluso.

5.5

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