Le (sottovalutate) avventure acquatiche di Steve Zissou

Le (sottovalutate) avventure acquatiche di Steve Zissou

Il 25 dicembre 2004 usciva nelle sale americane Le avventure acquatiche di Steve Zissou, il quarto film diretto dal regista Wes Anderson.

Per chiunque ami l’universo andersoniano in cui si viene catapultati ad ogni pellicola, dev’essere scioccante venire a conoscenza che Le avventure di Steve Zissou è stato denigrato dalla critica del tempo. Non solo, ma anche al botteghino è stato un vero flop e ha guadagnato solo la metà dei 50 milioni spesi.

Quindici anni sono tanti, ma finalmente il film sta guadagnando la meritata riconoscenza e si sta affermando come un vero e proprio cult.

Le avventure acquatiche di Jaques-Yves Cousteau

Le avventure acquatiche di Steve Zissou è stato scritto da Wes Anderson e Noah Baumbach e si ispira alla vita di un vero oceanografo e regista francese, Jacques-Yves Cousteau.

Cousteau visse tra il 1910 e il 1997 e grazie alle sue invenzioni, al suo amore per la natura e per la scoperta, ha contribuito a creare un nuovo tipo di comunicazione scientifica. Con i suoi documentari, ha diffuso nelle televisioni l’universo marino e ha fatto nascere il divulgazionismo, la divulgazione scientifica con termini semplici e comprensibili.

Steve Zissou

Nei titoli di coda lo si ricorda con queste parole:

In memoria di Jacques-Yves Cousteau e con gratitudine verso la Società Cousteau, che non è stata coinvolta nella produzione di questo film

Steve Zissou, dunque, è una parodia del famoso oceanografo, che a bordo della Belafonte (la nave di Cousteau si chiamava Calypso, come la canzone di Henry Belafonte) cerca un mostro marino, lo squalo-giaguaro.

Zissou ha due scopi, creare il suo migliore documentario sulla vita marina e vendicarsi per la morte del suo collaboratore, Esteban du Plantier, che è stato ucciso da quel mostro.

Quindi, con una ciurma composta dai soggetti più disparati, parte.

“Lo troverò e lo distruggerò. Non so ancora come. Se possibile, con la dinamite.”

Steve Zissou

Le sottovalutate avventure acquatiche di Steve Zissou

Wes Anderson è conosciuto per il suo stile particolare, che si riflette in tutte le sue pellicole. C’è un’armonia di colori, prospettiva e musica all’interno delle sue inquadrature, una costante tensione alla perfezione.

Il regista, considera di aver raggiunto la perfezione, quando c’è equilibrio tra gli elementi menzionati, per questo motivo, raramente le sue inquadrature sono vuote, a meno che l’intenzione non sia quella di dar valore all’assenza in sé.

Non si tratta di un horror vacui tipico della corrente artistica barocca, ma è la semplice volontà di rendere ogni sequenza interessante a livello visivo.

Ma, al di là dei trademark che caratterizzano l’universo andersoniano, che possono non essere apprezzati da tutti, Le avventure acquatiche di Steve Zissou ha ricevuto una batosta eccessiva dalla critica.

Per questo, di seguito, sono approfonditi i punti di forza di Le avventure acquatiche di Steve Zissou, giusto per dimostrare quanto la bellezza di questa pellicola sia incompresa.

Steve Zissou

The Life Aquatic With Steve Zissou 

(Linkato sopra c’è l’album in cui sono raccolte più o meno tutte le canzoni che compongono la colonna sonora, nel caso voleste ascoltare qualcosa durante la lettura).

Come era stato analizzato in un nostro approfondimento sulla musica nei film di di Wes Anderson, la colonna sonora ha un’importanza pari a quella delle palette con colori pastello, o le inquadrature simmetriche e perfettamente centrate.

La musica contribuisce a creare l’immersione nel film, anche quando non la si sente, in realtà sta svolgendo un effetto. Come suo solito, Anderson racconta Le avventure acquatiche di Steve Zissou, associando le immagini a musiche originali create ad hoc da Mark Mothersbaugh (membro dei Devo), musiche non originali e cover.

La maggior parte delle canzoni appartengono al repertorio più famoso di David Bowie, alcune versioni sono quelle originali, altre invece sono suonate da Seu Jorge in portoghese (è lui l’assistente alla sicurezza del team Zissou che suona la chitarra).

Sono tante le scene in cui la musica si amalgama in modo perfetto, ma quelle che mi hanno colpito maggiormente sono due. La prima è ancora all’inizio, quando Ned si trova sulla Belafonte e svela a Steve che è suo figlio. L’oceanografo resta impassibile, anche se  la sua necessità di andarsene, fa trapelare le sue emozioni. Sotto le note di Life on MarsSteve si dirige a prua, dove si accende una sigaretta, mentre la macchina da presa lo segue creando una delle carrellate più riuscite di Wes Anderson.

L’altra scena è quella in cui la ciurma, raggruppata nel precario sottomarino giallo (ovvio riferimento a Yellow Submarine dei Beatles), vede finalmente il gigante squalo-giaguaro.

Il mostro, realizzato con l’animazione stop-motion passa sopra di loro, permettendogli di catturare le immagini necessarie. Steve Zissou, che ha perso un figlio, lottato contro i pirati e rubato delle apparecchiature alla sua nemesi per vendicarsi, vive una sorta di momento catartico appena lo vede. Finalmente fa pace con la sua vita, circondato da persone che lo supportano, si lascia finalmente andare e accetta la sua condizione. Le note di Staràlfur dei Sigur Rós rendono il tutto ancora più magico.

Steve Zissou

La ciurma di Steve Zissou

Le avventure acquatiche di Steve Zissou ospita un cast importante, com’è solito nei film di Anderson, in cui ricorrono spesso gli stessi attori.

Bill Murray interpreta egregiamente lo sconsolato, apatico e depresso Steve Zissou, che porta sempre l’iconico berretto rosso in testa (leggermente piegato) e, quando è sulla Belafonte, indossa la divisa azzurra.

Lo accompagnano in questa avventura due personaggi che non hanno mai fatto parte della ciurma. Il primo è quello che scopre essere suo figlio, Ned Plimpton, interpretato da Owen Wilson. È curioso notare che la sua tragica fine è simile a quella del figlio di Jacques-Yves Cousteau, morto per un incidente in elicottero, mentre aiutava il padre a realizzare un documentario.

Steve Zissou

La seconda è la giornalista Jane Winslett-Richardson, interpretata da Cate Blanchett. Non ha un ruolo preminente come gli altri due uomini, ma dà ancora una volta prova del suo talento e infatti ha ottenuto anche premi e nomination per la sua performance.

Anche l’interpretazione di Willem Dafoe è degna di nota. Interpreta Klaus Daimler, il braccio destro di Steve Zissou che diventa estremamente geloso all’arrivo del figlio Ned. È agilissimo e dal fare un po’ animalesco, a tratti ricorda un cane da guardia, fedele e aggressivo se necessario.

Gli altri membri del cast sono Anjelica Huston, che veste i panni della moglie di Steve Zissou e Jeff Goldblum, la nemesi di Steve, Alistair Hennessey, e molti altri.

Steve Zissou

Il riscatto di Le avventure acquatiche di Steve Zissou

Per chi, come me, adora crogiolarsi nel mondo perfetto di Wes Anderson, ci sarebbero ancora una miriade di cose da dire su Le avventure acquatiche di Steve Zissou.

Spero almeno che quest’articolo abbia contribuito a riscattarlo, perché il modo in cui musica e immagini si legano è veramente sublime, inoltre i temi portanti della trama sono possono essere molto relatable (scusate ma in inglese rende meglio).

Steve è un semplice uomo di mezz’età, che ha raggiunto un relativo successo nella sua carriera, ha una moglie forte e indipendente che lo ama, ma in realtà gli manca qualcosa. Nemmeno lui sa esattamente cos’è, ma non è felice, non è soddisfatto.

Se si considera lo squalo-giaguaro come se fosse una metafora, allora questo film non è semplicemente l’accumulo di avventure strampalate ma raggiunge un livello più profondo e umano. L’interpretazione dello squalo-allegoria è molto libera. Potrebbe essere il proprio “mostro personale”, i difetti di ognuno di noi, il peso della vita che ognuno si porta appresso e vuole sconfiggere, distruggere, “come la dinamite, se possibile”.

Come detto prima però, quando arriva il momento tanto atteso, si ha una sorta di catarsi, di accettazione. Steve guarda in faccia il suo “mostro”, gli dà un volto, un corpo, lo rende tangibile e in quel momento prende coscienza. Lo perdona e si perdona, perché in fondo quel mostro non era che una parte del suo io. Si toglie un peso, perché decide di accettarsi così com’è, con tutti i suoi difetti.

Non si tratta necessariamente di accontentarsi, ma semplicemente di amarsi un po’ di più, perché in realtà (anche se la frase ormai è stata sfruttata talmente tante volte, nei contesti più disparati, che si è svuotata di significato) è vero che per essere amati, prima bisogna saper amare sé stessi.

“- Vuoi farlo saltare per aria?
– No. E comunque è finita la dinamite”

Vi lascio con una delle mie scene preferite (non si può non amare il suo goffo balletto):

https://youtu.be/URZcbVEizOM

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