Olivia Magnani: “Mia nonna Anna pretese il cachet degli uomini, rinunciò alla Ciociara per non tradire Moravia” - La Stampa

Per far inalberare Olivia Magnani c’è un solo modo, infallibile, pronunciare la parola «paragone». Su quel termine l’attrice, nipote d’arte, la ragazza che con un solo sguardo, verde e obliquo, faceva perdere la testa a un incallito impiegato del crimine come Toni Servillo nelle Conseguenze dell’amore, si impunta, precisa, sottolinea. In un modo così appassionato da far pensare che, forse, in fondo in fondo, qualcosa in comune con Anna Magnani, almeno in qualche dato caratteriale, c’è: «Non è possibile fare nessun tipo di confronto, mia nonna è una montagna, una dea, se avessi pensato che qualcuno avrebbe potuto paragonarmi a lei, non avrei nemmeno intrapreso la sua stessa carriera».

Eppure anche lei sembra avere un carattere determinato. No?

«Amo molto questo lavoro e non sono un tipo che si allinea facilmente. Un’abitudine che, in questa professione, serve molto e che sì, non aveva Anna e non ho nemmeno io. Nel mio mestiere bisogna dare disponibilità, affidarsi, io l’ho fatto solo in pochi casi, non tutti sono grandi maestri».

Come descriverebbe sua nonna?

«Un’anticonformista, un’istintiva, una pasionaria dei ribelli come la definiva Orson Welles, una forza eversiva e distruttiva, una non borghese, un’interprete che ha portato sulla scena le donne vere. Amava la verità, aveva sempre il coraggio di dire quello che pensava. È stata la prima a compiere battaglie che durano tuttora. Le attrici si lamentano perché non sono ancora pagate come i colleghi maschi, e lei, suo tempo, si era imposta chiedendo gli stessi compensi riservati a Aldo Fabrizi. Era una protofemminista, si è fatta da sola, non so se nel mondo del cinema sono tante le donne che ci sono riuscite. Forse in America sì. Credo fosse una donna generosa, con un carattere poco malleabile».

Come è stata la sua esperienza di attrice?

«Quello dello spettacolo è un mondo complicato, magari se avessi avuto un marito regista o produttore mi sarebbe andata meglio. Non so, forse ho sbagliato in qualcosa, non sono mai stata un tipo mondano, ho detto di no a proposte molto nazional-popolari, ho fatto scelte non centrate sul successo, ho rifiutato appoggi e alleati, il mio atteggiamento sarà stato scambiato per spocchia. Insomma, siamo sempre allo stesso punto, non ho santi in Paradiso, come non li aveva mia nonna».

Adesso cosa sta facendo?

«Provini, ma per ora senza risultati. Spero che, a breve, la fortuna inizi a girare meglio. Intanto ho una cosa molto importante da fare, e cioè occuparmi di mio figlio, che ha otto anni e richiede tanta attenzione».

Anche sua nonna ha avuto un unico figlio, suo padre Luca, nato dall’amore con Massimo Serato. Se ne è occupata da sola, affrontando ostacoli e difficoltà.

«Luca è l’unica persona per cui ha fatto rinunce nella sua carriera. Non volle che Massimo Serato lo riconoscesse, Massimo avrebbe voluto conoscere mio padre Luca, ma mio padre non ha mai voluto saperne. Serato era più giovane di Anna, non se la sentiva di sposarsi con la Magnani, era un farfallone, pieno di donne, non ce l’ha fatta. Così mia nonna si è assunta in pieno il compito di occuparsi di mio padre. Però basta, questi sono pettegolezzi, mio padre si arrabbia se le legge sui giornali».

Per lei è stato pesante dover fare, fin dall’inizio, i conti con il retaggio Magnani?

«Sarò incosciente, ma non ho mai pensato di avere un’eredità pesante, anzi, l’ho sempre considerata un dono, una cosa bella. Le cose pesanti della vita sono altre, anche nella quotidianità».

Rossellini è stato considerato lo scopritore di sua madre. È d’accordo?

«Direi piuttosto che si sono sostenuti a vicenda, anzi, che si sono lanciati a vicenda. Il film L’amore è un omaggio all’arte di Anna Magnani, è stato lo stesso Rossellini a scriverlo. Anna era non addomesticabile, una che puntava sempre in alto, ho difficoltà a pensare che sia stata la creatura di Rossellini. Penso che si siano incontrati, amati, ritrovati dopo come amici. Basta guardare la vicenda di Anna con il marito, Goffredo Alessandrini».

Cioè?

«È stata lei ad aiutarlo e non il contrario, non ha mai potuto divorziare, eppure ha continuato a mantenerlo fino alla fine».

È vero che sua nonna rifiutò il ruolo da protagonista della Ciociara?

«Sì, certo, Moravia aveva scritto il racconto pensando a lei per la figura della madre. A un certo punto si infilò Ponti, proponendo Loren nella parte della figlia. Allora fu mia madre a dire di no, sapeva che la ragazzina immaginata da Moravia doveva essere uno scricciolo, un virgulto, non procace né tanto meno sensuale, disse che lei e Loren come madre e figlia non sarebbero mai state credibili. Hanno tentato di convincerla in tutti modi, ma lei niente, alla fine disse “fatelo fare alla Loren”, in pratica ha spianato la strada a un’altra attrice. Lo ha fatto per difendere il romanzo e la sua credibilità. Tutti quelli che c’erano, sanno che andò così».

Com’era stato il rapporto tra Totò e Anna Magnani?

«Ne so poco, so però che, insieme, facevano scintille. Negli anni del Paese in guerra facevano sketch parodistici, sfidavano la censura, i tedeschi li minacciavano ogni volta che Anna faceva le sue battute sulla libertà. Mia nonna aveva molte qualità brillanti, chi l’ha vista quando faceva la rivista diceva che era la più grande attrice comica italiana».

Si dice che i dolori contribuiscano a minare il fisico. A far venire le malattie. Pensa che sua nonna abbia in qualche modo subito questo destino?

«Ha vissuto la guerra, certo, biograficamente nella sua esistenza ci sono stati fattori dolorosi. Però è anche stata una donna che si è divertita molto, che ha avuto, come tutti, alti e bassi».

A parte lei, che è sua nipote, vede eredi della Magnani nel cinema di oggi?

«No, Anna resta inimitabile. Recitava con le mani e con la voce, lo diceva De Filippo, la sua risata è qualcosa che resta nella memoria».

Sono in programma tante commemorazioni dedicate a Anna Magnani. Che effetto le fanno?

«Secondo me non servono a niente. Mio padre, per esempio, ne ha le scatole piene. Capirei, invece, se si decidesse di trasmettere i suoi capolavori sui canali della tv di Stato, oppure nelle scuole, oppure se si facesse girare per l’Italia, portandola a Roma, una bella retrospettiva, come quella fatta a Bologna. Non capisco perché non abbiano fatto così, forse perché ognuno pensa al suo orticello».

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