Quando la moglie è in vacanza (The Seven Year Itch) di Billy Wilder, con Marilyn Monroe, Tom Ewell (film, 1955, in streaming Chili, Apple Tv, PrimeVideo)

Alla fine, in un secolo e un ventennio di vita, il cinema ci ha regalato solo una manciata di scene davvero memorabili, intese come scene che, anche se non sai da dove provengono, conosci, hai già visto, ricordi quasi senza sapere perché. Una di queste è quella in cui il vestito di Marilyn Monroe si alza e vola sopra la grata di un marciapiede di New York, mossa dal vento che sale dagli abissi della metropolitana. La scena arriva più o meno a metà di questo film. Benché parli di cose che, da allora, sono (sembrano?) cambiatissime ovvero le relazioni tra uomini e donne, Quando la moglie è in vacanza è insospettabilmente moderno e femminista: gli uomini sono abbastanza sciocchi e le donne molto più intelligenti, anche quando sembrano corrispondere all’immagine dell’oca giuliva. Per chi non l’ha visto, è il momento di recuperare, anche dal punto di vista climatico: più film stagionale di questo non ce n’è.

Con un inizio esilarante che illustra la Manhattan dei nativi, Wilder ci dice già che c’è poco da fare: l’uomo è cacciatore e se le mogli vanno in vacanza, in città i topi balleranno. O proveranno a ballare. Probabilmente faranno molte rovesciate a centrocampo e nessun gol ma intanto si saranno divertiti, poverini, sono creature semplici: l’intellettuale che cita Freud e l’idraulico hanno il medesimo chiodo fisso, indovinate quale.

Il protagonista lavora in una casa editrice che pubblica classici della letteratura fuori diritti dotandoli di copertine licenziose e titoli fuorvianti. Ha molta immaginazione ed è dentro la sua immaginazione che entreremo anche noi. Il personaggio di Marylin, splendida vicina per caso, sarà vero o una fantasia anche quello? Non importa. Importa che nel film funziona tutto: i momenti slapstick (la caduta sul pattino mi fa ridere ogni volta che la vedo, anche se so esattamente quando arriva), le battute (“sono la patata del piano di sopra”, “gli intimi li tengo in frigo”), le entrate e uscite di scena come a teatro.

E del resto il film deriva da una pièce teatrale. Quando l’autore George Axelrod si presentò da Wilder per collaborare alla sceneggiatura del film con in mano la sua copia della commedia, Wilder gliela lanciò nella spazzatura. Sapeva che avrebbero dovuto apportare molti cambiamenti, anche per aggirare la censura. Secondo il codice Hays allora in vigore a Hollywood, l’adulterio non poteva essere mostrato in scena, men che meno scherzandoci su. Quindi, mentre a teatro, alla fine, il protagonista e la bella vicina concludono, al cinema non succede. Ma questo rende il film ancora più acuto e divertente. Marilyn, che indossa i costumi disegnati da William Travilla diventati iconici ( l’abito della scena della metropolitana è andato all’asta nel 2011 per 5 milioni di dollari) fu la prima scelta della produzione mentre per il protagonista maschile ci furono grandi discussioni. Wilder avrebbe voluto Gary Cooper mentre i produttori avrebbero preferito William Holden. Qualcuno propose James Stewart ma Stewart non poteva. Wilder fece un provino allo sconosciuto Walter Matthau, perfetto, ma la produzione non volle rischiare. Così, alla fine, venne scelto Tom Ewell che la stessa parte l’aveva interpretata benissimo a teatro. Ma il produttore Darryl Zanuck chiese a Wilder di non inquadrare mai Ewell troppo da vicino: “Non è una gran bellezza”. Body shaming di altri tempi!