Luigi Pirandello: vita e opere dell'autore siciliano
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Luigi Pirandello: vita, opere e pensiero

Luigi Pirandello: vita, opere e pensiero

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“Figlio del Caos”: così amava definirsi scherzosamente Luigi Pirandello. Con questa definizione alludeva sia al nome della villa in cui era nato, sia all’idea onnipresente nelle sue opere che il mondo sia caos, trama inestricabile in cui ogni uomo indossa molteplici maschere. 

Intriso di sicilianità e di relativismo, Luigi Pirandello avverte il crollo della fiducia risorgimentale e delle certezze positivistiche, facendosi magistrale interprete delle inquietudini e delle angosce dell’uomo del primo Novecento.

Luigi Pirandello: vita in breve

Luigi Pirandello nasce il 28 giugno del 1867 a Girgenti (oggi Agrigento) da una famiglia medio-borghese dedita alla gestione di alcune zolfare dell’isola e ancora profondamente ancorata agli ideali patriottici risorgimentali.

A Palermo inizia dapprima a studiare Legge, per poi iscriversi alla Facoltà di Lettere. Prosegue i suoi studi a Roma, dove anche a causa del suo carattere entra in contrasto con un docente; decide pertanto di concludere la sua laurea in filologia romanza a Bonn, in Germania, dove pubblica una dissertazione sull’evoluzione della parlata di Girgenti. 

Luigi Pirandello trascorre i primi anni dopo la laurea a Roma, dove conosce Luigi Capuana: è da questo rapporto che nasce il primo romanzo di ispirazione verista, L’esclusa. Le tematiche e lo stile verista caratterizzeranno anche alcune delle prime Novelle, alle quali lo scrittore lavorerà fino alla fine dei suoi giorni. In questi anni si mantiene grazie alla collaborazione con numerose riviste e all’insegnamento presso l’Istituto Superiore di Magistero di Roma. 

Il dissesto finanziario, la pazzia della moglie e i primi capolavori

Nel 1984 sposa Maria Antonietta Portulano, dalla quale ha 3 figli. Pur trattandosi di un matrimonio di convenienza, Luigi Pirandello nutre un profondo affetto e una forte passione verso la moglie. Quest’ultima tuttavia non riesce a ricambiarlo, in parte a causa del rigore cattolico in cui era cresciuta, in parte per la sua fragilità psicologica. 

Quando nel 1903 la grande zolfara della famiglia si allaga a causa di una frana, privando Pirandello di quasi tutto il patrimonio, lo squilibrio psichico della moglie diviene sempre più grave:. La donna è preda di attacchi di gelosia e aggredisce fisicamente sia il marito che i figli, al punto che lo scrittore è costretto ad internarla. La pazzia della moglie fornirà allo scrittore molti spunti di riflessione, che confluiranno nelle sue opere. 

Nonostante le difficoltà nella sua vita, Pirandello non si lascia abbattere e pubblica negli anni a seguire molti dei suoi capolavori: risale al 1904 Il Fu Mattia Pascal, mentre nel 1926 esce il suo secondo celeberrimo romanzo, Uno, nessuno e centomila. 

Nel 1917 viene inoltre rappresentata la commedia Così è (se vi pare), tratta dalla novella La signora Frola e il signor Ponza, suo genero

Luigi Pirandello vita
Lo scrittore e drammaturgo Luigi Pirandello

Il teatro, la politica e il Nobel per la letteratura

A partire dal 1919 l’attività di Luigi Pirandello si orienta decisamente verso il teatro ed è proprio grazie al suo lavoro in qualità di direttore del Teatro dell’Arte di Roma che conosce Marta Abba, attrice da lui scritturata e alla quale rimarrà legato fino alla fine dei suoi giorni.

Dopo aver compiuto vari viaggi in Europa per presentare le sue opere e proprio all’indomani dell’omicidio Matteotti, Luigi Pirandello si iscrive al Partito Fascista. Già nell’imminenza del primo conflitto mondiale Pirandello si era schierato a favore della fazione interventista, proprio in virtù di quegli ideali patriottici e conservatori con cui era cresciuto. 

L’adesione al Fascismo ha fatto molto discutere, ma va compresa nell’ ambito dell’atteggiamento metastorico di Luigi Pirandello. Non attribuendo alcuna importanza alla politica, lo scrittore è semplicemente interessato ad ottenere i finanziamenti necessari a pubblicare le sue opere, senza incorrere nella censura. 

Nel 1934 Luigi Pirandello vince il Nobel per la letteratura e due anni dopo muore, chiedendo esplicitamente che le esequie siano semplici e umili: 

“Carro d’infima classe, quello dei poveri. Nudo. E nessuno m’accompagni, né parenti né amici. Il carro, il cavallo, il cocchiere e basta. Bruciatemi”.

Sarà Andrea Camilleri ad occuparsi della realizzazione delle ultime volontà testamentarie dello scrittore. 

Il pensiero di Pirandello

Il pensiero di Luigi Pirandello può essere definito come una vera e propria filosofia, seppur non sistematica. Alla base delle sue idee è possibile individuare vari pensatori, ma uno su tutti spicca per importanza: Henri Bergson. 

Lo scrittore agrigentino, al pari di molti altri intellettuali del Novecento, condivide con il filosofo francese la concezione del tempo come durata individuale. Il tempo oggettivo, concepito come succedersi di istanti misurabili e sempre uguali, non ha alcun valore per l’uomo sul piano esistenziale, mentre è il tempo vissuto e sofferto soggettivamente, dove ogni attimo differisce dal precedente, ad assumere un rilievo preponderante.

Questa concezione della vita come flusso in eterno divenire e in continuo mutamento ha dei riflessi importanti sul singolo. L’io in quanto unità non esiste più per Luigi Pirandello, ma si frantuma in diverse immagini o maschere, che ciascuno si crea e indossa a seconda dei diversi momenti e contesti sociali in cui si trova ad interagire. Di conseguenza da persone diventiamo tutti personaggi, incapaci di instaurare rapporti autentici.

Se non esiste più un unico io, allora per Pirandello non esiste più una sola verità, ma molteplici verità soggettive: è questo il senso profondo del relativismo (e del pessimismo) di Luigi Pirandello.

Esistono due reazioni a questa presa di coscienza: la reazione umoristica tipica del saggio, capace di “guardarsi vivere” -questa è la strada intrapresa da Mattia Pascal-, e la reazione drammatica di colui che, dopo aver compreso che l’immagine che ha di sé non corrisponde a quella che gli altri hanno di lui, capisce anche che l’unica dimensione autentica è la follia -come farà il protagonista di Uno, nessuno e centomila). 

Entrambi sono accomunati da un elemento che abbrevia le distanze tra persona e personaggio e li avvicina al desiderio di vita autentica: il riso, e dunque l’umorismo, elementi cardine dell’opera pirandelliana. 

Molte delle caratteristiche finora analizzate si trovano sia nei romanzi che nel teatro di Pirandello. 

Luigi Pirandello vita

I libri di Pirandello

Dopo L’esclusa (1903) e Il turno (1902), Pirandello decide di pubblicare a puntate e poi in volume la storia di Adriano Meis, con il titolo Il fu Mattia Pascal

Il romanzo esce nel 1904 e all’inizio riceve un’accoglienza tiepida da parte di pubblico e critica; solo progressivamente viene imponendosi come un’opera straordinariamente innovativa.

Il Fu Mattia Pascal

Mattia Pascal conduce una vita grigia e monotona. Dopo che per errore è stata data notizia della sua morte, l’uomo coglie l’insperata occasione per crearsi una nuova identità con il nome di Adriano Meis. Tuttavia, nel corso del romanzo si rende progressivamente conto che è impossibile sfuggire ad un’ identità e approda alla consapevolezza che qualunque suo atto è inutile. 

Il romanzo affronta il tema del doppio e del contrasto vita-forma. L’autore giunge alla conclusione che non si può vivere senza forma: anche rinunciando alla propria identità, subito una seconda si sostituirà alla prima.

Uno, nessuno e centomila

L’ultimo romanzo di Pirandello è Uno, nessuno e centomila: dapprima pensato come testo introduttivo alle opere teatrali, diviene poi un volume autonomo, ancora oggi considerato una delle colonne portanti della nostra letteratura. 

Un giorno Vitangelo Moscarda, osservando il suo naso, si rende conto che l’immagine che ha di sé non corrisponde a quella che gli altri hanno di lui. 

Da questa presa di coscienza, nata da un banale dialogo con la moglie, prende avvio il romanzo: l’uomo sceglie di compiere una serie di atti contraddittori e inaspettati per i suoi famigliari e conoscenti, smontando le precedenti maschere che si era costruito e assumendo un atteggiamento che da tutti viene etichettato come folle. 

Il tema centrale è la scomposizione della personalità: a differenza di Mattia Pascal, Moscarda riesce qui a rinunciare a qualunque forma, anche se il prezzo da pagare è l’emarginazione dalla società. 

Il teatro di Pirandello

Luigi Pirandello nel corso della sua vita scrive 44 commedie, alcune delle quali sono riprese di materiale novellistico, altre rielaborazioni nuove. Il teatro di Pirandello subisce nel corso del tempo un’evoluzione, che può essere sintetizzata in quattro fasi. 

Nelle prime commedie predomina un’ ispirazione verista, in cui gli schemi borghesi vengono rovesciati paradossalmente; è il mondo popolare ad essere al contrario dotato di un vitalismo istintivo e naturale. Ne sono un esempio Pensaci, Giacomino! e Liolà.

Segue la fase del cosiddetto teatro del grottesco in drammi come Il giuoco delle parti e Così è (se vi pare), in cui il dramma borghese viene spinto al limite del paradosso e del grottesco, ma senza presentare un’ideologia alternativa. 

Nella fase finale della sua produzione Luigi Pirandello tende a mettere in scena il teatro nel suo svolgersi: è il cosiddetto teatro nel teatro, di cui esempi magistrali sono le commedie Sei personaggi in cerca d’autore e Enrico IV

Sono guarito, signori: perché so perfettamente di fare il pazzo, qua; e lo faccio, quieto! -Il guaio è per voi che la vivete agitatamente, senza saperla e senza vederla la vostra pazzia.

L’ultimo Pirandello giunge a una visione molto pessimistica, al punto che l’unica possibilità di liberazione e redenzione dall’inautenticità sembra consistere nell’utopia, come accade per esempio ne I giganti della montagna: siamo nella fase simbolistica del teatro pirandelliano.  

Il grande contributo dato da Pirandello al teatro consiste sicuramente nell’invenzione del teatro “aperto” o “problematico”: abbattendo la quarta parete, il mondo della rappresentazione scenica e quello degli spettatori vengono a coincidere. In questo modo, Pirandello è riuscito per la prima volta a trascinare veramente il suo pubblico dentro al teatro, chiamandolo a darsi risposte a problemi che i suoi drammi, ancora oggi di straordinaria attualità, lasciano irrisolti. 

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