Muhammad V, il grande sultano dell'Alhambra

Muhammad V, il grande sultano dell'Alhambra

Nel XIV secolo Muhammad V consolidò il potere del regno nasride e fece costruire alcune delle sale più sontuose del palazzo dell’Alhambra

Il palazzo-fortezza dell’Alhambra con il settore di epoca nasride e, sulla destra, il palazzo rinascimentale di Carlo V

Il palazzo-fortezza dell’Alhambra con il settore di epoca nasride e, sulla destra, il palazzo rinascimentale di Carlo V

Foto: Shutterstock

Ottavo sultano nasride di Granada, Muhammad V lasciò un segno profondo nella città e nella storia dell’ultimo regno andaluso. Il suo governo di trentasette anni fu uno dei più lunghi della dinastia, anche se non fu privo d’interruzioni e difficoltà. Deposto da una congiura di palazzo, trascorse diversi anni a Fez, nell’attuale Marocco, prima di riconquistare il potere con l’aiuto del re Pietro I di Castiglia. Superato questo scoglio, Muhammad V riuscì a rafforzare i confini del suo regno assicurandosi al tempo stesso l’amicizia e i consigli di grandi eruditi, e trasformò Granada in una delle capitali culturali ed economiche del Mediterraneo. Il sultano appose il suo sigillo sul palazzo dell’Alhambra con la costruzione della corte dei Leoni, che è diventata la sua eredità più emblematica.

Muhammad salì al trono dopo l’assassinio del padre Yusuf I da parte di un folle che gli si era scagliato improvvisamente addosso mentre pregava nella principale moschea di Granada. O almeno questa è la versione di Ibn al-Khatib, storico e visir della corte di Yusuf I. Secondo altre fonti, invece, si sarebbe trattato di una congiura di palazzo. Muhammad proseguì inizialmente la politica di governo del padre, caratterizzata da buone relazioni con il re Pietro I. In quel periodo Granada era tributaria e alleata militare della Castiglia. Ibn al-Khatib, che continuò a occupare la carica di visir anche durante il regno di Muhammad, non risparmia le lodi al suo signore: «Questo sultano era unico tra i re in quanto a magnificenza, coraggio e fermezza», dichiarava, elogiandone «la solida intelligenza, rigidità, astuzia, grande prudenza e assoluta esperienza».

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Esilio a Fez

Quattro anni dopo l’assassinio di Yusuf I una congiura di palazzo mise sul trono Ismail, il fratellastro minore di Muhammad. Sua madre Maryam – o Rim –, la moglie preferita del defunto sultano, il giorno stesso della morte del marito si era impadronita di alcuni gioielli del tesoro reale che si trovavano nella stanza del defunto. Da allora la donna, Ismail e le sue sorelle vivevano confinati in uno dei palazzi dell’Alhambra per ordine di Muhammad, che probabilmente diffidava della loro lealtà. L’isolamento non impedì però a Maryam di organizzare un piano per deporre il nuovo sultano. A tale scopo poté contare sulla complicità del genero Muhammad al-Ahmar, che le faceva visita di frequente.

Re nasride raffigurato sulla volta della sala dei Re nell'Alhambra di Granada. Pittura cristiana su pelle del XV secolo

Re nasride raffigurato sulla volta della sala dei Re nell'Alhambra di Granada. Pittura cristiana su pelle del XV secolo

Foto: Oronoz / Album

Quando scoppiò la congiura, per sua fortuna Muhammad si stava dirigendo verso il palazzo di Generalife, riuscendo così a evitare una morte certa. In seguito si rifugiò a Fez, dove fu accolto dal nuovo sultano merinide (la dinastia che governava il Marocco) grazie ai contatti provvidenziali di Ibn al-Khatib. Lo accompagnarono il figlio di appena tre anni – il principe Yusuf – e la moglie. I tre anni di esilio a Fez si rivelarono importanti per il nuovo monarca, che in quel periodo imparò a maneggiare le leve del potere. Rafforzò i legami con i merinidi e strinse anche un’alleanza con il re castigliano Pietro I per tornare a Granada e rovesciare Muhammad al-Ahmar, che nel frattempo aveva fatto assassinare il cognato Ismail.

Pietro I esercitò di conseguenza una forte pressione militare sul regno di Granada. Ormai alle strette, nel tentativo di raggiungere un accordo al-Ahmar si presentò con parte del tesoro nasride di fronte al monarca castigliano, ma questi lo umiliò pubblicamente facendolo imprigionare e infine lo uccise con le sue stesse mani. Fu così che nel 1362 Muhammad poté recuperare il trono di Granada.

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Il nuovo re nasride

A partire da quel momento il sultano si dedicò a consolidare il suo potere con la collaborazione essenziale di Ibn al-Khatib. Mentre in patria riusciva a piegare l’opposizione di alcuni maggiorenti, Muhammad non perdeva di vista ciò che accadeva oltre i confini del regno. Il suo principale sostenitore, il sovrano Pietro I, fu presto coinvolto in una nuova guerra contro il fratellastro Enrico di Trastámara, in cui avrebbe trovato la morte. Muhammad seppe approfittare della situazione. Le fonti arabe lodano la gestione militare del sultano, che combatteva alla testa dei suoi uomini saccheggiando e riconquistando diverse città di confine mentre al contempo tesseva una delicata trama diplomatica con la Castiglia, l’Aragona, il Portogallo e il Marocco. Alla fine Muhammad firmò con il nuovo re castigliano Enrico una treguache gli permise di rafforzare la sua posizione: non solo riuscì a garantire la sopravvivenza del regno nasride, ma lo portò alla fase di massimo splendore.

'Azulejo' della pavimentazione dell'Alhambra. XV secolo. Metropolitan Museum, New York

'Azulejo' della pavimentazione dell'Alhambra. XV secolo. Metropolitan Museum, New York

Foto: MET / Album

Il ministro Ibn al-Khatib, dal canto suo, non poté approfittare a lungo di questa ritrovata magnificenza della corte nasride. Dopo la firma della pace con la Castiglia una serie di eventi ancora poco chiari lo fece cadere in disgrazia. Coinvolto in diversi intrighi di palazzo, il cronista fu vittima dei suoi nemici a corte e dei disaccordi con il sultano. Il colpo di grazia fu il tradimento del suo stesso discepolo, il poeta Ibn Zamrak che, sebbene gli dovesse tutto, non si fece scrupoli a raggiungerlo a Fez, dove il ministro si era autoesiliato: su ordine di Muhammad V, Zamrak fece arrestare il suo vecchio maestro per eresia, quindi inviò dei sicari a strangolarlo in cella.

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Parte essenziale della politica di Muhammad per consolidare il suo regno furono i lavori intrapresi nell’Alhambra, che miravano a fare del palazzo nasride un’espressione del suo potere. Ibn al-Khatib in una poesia rimproverò al sultano la sua smania di costruire: «E tu, Muley, non mi presti attenzione, perché cammini sotto impalcature e ponteggi, tra sacchi di stucco e mattoni e carri che portano lastre di pietra». Muhammad portò avanti il suo progetto con determinazione e lasciò la sua impronta su alcuni degli spazi più significativi della fortezza nasride dal punto di vista artistico. Ne sono esempi il palazzo dei Leoni – compresa la famosa corte con la fontana e i dodici leoni –, e le sale degli Abencerrajes, dei Re e delle Due Sorelle.

La corte dei Leoni vista dalla sala dei Re

La corte dei Leoni vista dalla sala dei Re

Foto: Shutterstock

Gli ampliamenti realizzati dal sultano conferiscono al palazzo dell’Alhambra caratteristiche originali nell’ambito dell’architettura andalusa, che sembrano rispondere alle influenze nordafricane assorbite dal monarca durante l’esilio a Fez. Lo si può notare soprattutto negli intonaci, negli arabeschi e negli azulejos – piastrelle – policromi che decorano le sale principali in cui Muhammad trascorse la sua vita pubblica e privata, e che sono caratterizzati da vari motivi naturalistici e geometrici, così come da elementi epigrafici che riproducono poesie di Ibn Zamrak.

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Un progetto personale

Il sultano avrebbe avuto la sua residenza nella parte orientale del palazzo di Comares, in una stanza scelta, orientata verso ponente, con un accesso e una vista privilegiati sulla corte dei Leoni e dotata persino di un gabinetto. Al piano inferiore c’erano dei bagni, dai quali forse si diramava un sistema di riscaldamento che ne sfruttava l’aria calda per temperare i rigori dell’inverno di Granada. La parte amministrativa e giudiziaria del palazzo si trovava nelle vicinanze, intorno alla corte di Machuca e al Mexuar, lo spazio dove aveva luogo la vita pubblica e amministrativa. Sembra che lì ci fosse anche il dispositivo per misurare il trascorrere del tempo descritto da Ibn al-Khatib. Lo storico e consigliere del sultano menziona anche la festa del Mawlid (la nascita di Maometto) del 1362, che venne celebrata proprio nel Mexuar.

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Il palazzo dei Leoni è il cuore dell’Alhambra e rappresenta il grande progetto di Muhammad V. La sala dei Re, con i suoi magnifici dipinti, ospitava la biblioteca, mentre quella degli Abencerrajes era uno spazio per la preghiera. La sala delle Due Sorelle aveva probabilmente differenti usi: nella parte inferiore, studiosi e letterati come Ibn al-Khatib e Ibn Zamrak disponevano di spazio sufficiente per lavorare e discutere, mentre la parte superiore, costituita dalla sala degli Ajimeces e dal patio de la Lindaraja, era riservata al sultano, secondo quanto attestano le iscrizioni. Le stanze attorno alla corte dei Leoni non sarebbero state dedicate a feste e intrattenimenti, come solitamente sostenuto da una certa mentalità romantica e orientalista. Secondo l’ipotesi di Juan Carlos Ruiz Souza, invece, queste zone rappresentavano una madrasa di palazzo, uno spazio dedicato allo studio.

La veranda di Lindaraja, appendice della sala delle Due Sorelle, è decorata con 'azulejos' e stucchi policromi

La veranda di Lindaraja, appendice della sala delle Due Sorelle, è decorata con 'azulejos' e stucchi policromi

Foto: Martin Siepmann / AGE Fotostock

L’Alhambra può essere considerato il progetto personale di Muhammad V e la sua eredità ai posteri. Alla fine quel regno che tanto gli era costato recuperare e rafforzare fu conquistato dai suoi avversari. Suo figlio e successore Yusuf II morì avvelenato dopo appena un anno di governo, probabilmente per mano del suo stesso nipote. Cent’anni più tardi Muhammad XII, noto ai cristiani come Boabdil, consegnò Granada ai re cattolici e andò in esilio. Ma l’Alhambra, l’opera di Muhammad V, è ancora lì, pronta a stupire tutti coloro che la visitano.  

Per saperne di più

Andalusia. Viaggio nella terra della luce di Franco Cardini, Il Mulino, Bologna, 2018

I racconti dell’Alhambra di Washington Irving, Studio Tesi, Roma, 2016

 

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