Scivolare non è cadere: l'impegno di GRT al fianco dei "dannati della terra" | Rivista Africa

Scivolare non è cadere: l’impegno di GRT al fianco dei “dannati della terra”

di claudia
GRT Italia

a cura di GRT

Uno dei luoghi di intervento del Gruppo per le Relazioni Transculturali, ong che opera nel campo della salute mentale e del disagio, è la periferia di Nairobi. In uno slum della capitale keniana vive Faith, da poco maggiorenne: ci racconta la sua storia di ex piccola dannata della terra.

Faith ha compiuto da poco 18 anni. Siamo a Mlango Kubwa, quartiere tra i più degradati della città di Nairobi al limitare dello slum di Mathare, crocevia del traffico di droga e casa di migliaia di bambini di strada. Lei era una di loro. Una storia simile a quella di molte bambine e bambini della sua età che in un momento di crisi scappano da casa, abbandonano la scuola e iniziano a vivere in strada. Le motivazioni sono miste: povertà e violenza fanno da sfondo.

Quando scappa da casa inizia a sniffare colla, a guadagnarsi la giornata con espedienti e a condividere la vita con altri dannati della terra. Attraverso loro trova protezione dalla disperazione che l’ha costretta in strada e condivide l’esposizione a forme di violenza ed emarginazione costanti. Si trova in una spirale che deteriora sempre di più il suo stato psico-fisico.

«Davvero non ho molti ricordi di quel periodo, perché allora ero stressata e sotto l’effetto di droghe e alcol. Le droghe mi facevano sentire come se vivessi in un mio mondo, lontano dalla realtà», ammette Faith dialogando con Enock, nostro educatore di strada che l’ha seguita nell’ultimo anno.

C’è chi li chiama zombie, perché vagano per le strade ricoperti di stracci, gli occhi gonfi e la bottiglietta con un fondo di colla perennemente in bocca. Per molti sono comunque “senza speranza”, perché tossicodipendenti, disabili, disadattati o troppo aggressivi. Per noi sono persone le cui potenzialità sono nascoste e che lottano per emergere ed essere viste. Su queste basi formiamo gli educatori di strada locali, che instaurano innanzitutto rapporti basati sul rispetto, sul riconoscimento e sulla fiducia.

È un processo lungo e pieno di difficoltà. Con l’aiuto degli educatori, Faith riesce a liberarsi dalla tossicodipendenza e vuole ritornare a scuola, deve ripartire da dove aveva lasciato, dalla seconda media, ma non è facile. «All’inizio non prendevo sul serio l’andare a scuola, ma con il tempo ho capito che non potevo continuare a vivere per strada. Quando mi sono liberata dalle droghe e sono riuscita a tornare a scuola… ho scoperto di essere incinta». L’impatto della scoperta è disorientante: «Inizialmente ero in una fase di negazione, anche se mi presentavo alle scuole medie già incinta. La mia famiglia però mi ha sostenuto e non mi hanno castigato». Quel supporto, forse inaspettato, le ha dato la forza per provarci, ma non è stato abbastanza. La perdita del figlio subito dopo il parto le fa crollare il mondo addosso.

Enock ritorna con lei a quei momenti. «Dove hai trovato la forza di continuare?», le chiede. Per un attimo pare assentarsi, lo sguardo rivolto verso il basso, si morde le labbra mentre pare stia osservando frammenti della sua vita scorrerle davanti. Poi, d’un tratto, rialza gli occhi verso Enock e sorride: «Ero disperata e sono tornata per strada… finché non mi hai salvata». Grazie al passaparola, infatti, Enock scopre subito dove si trova, e questo gli permette di intervenire tempestivamente. Assieme a Faith e con l’aiuto di un’altra educatrice di Grt, poco più grande di lei, cercano di capire quale sia la strada migliore. Faith non vuole tornare a casa dal padre, perché questo la riporterebbe a ricordi spiacevoli; rientra dalla madre cercando tra braccia materne una via di guarigione alle sue ferite. Come spesso capita, il nostro ruolo professionale ci porta a mediare in situazioni familiari complicate e a supportare la tenuta del sistema. Dopo una prima fase di assestamento, la sosteniamo nell’iscrizione a un corso professionale di estetica e acconciatura, e qualche mese dopo, dicembre 2023, si diploma. Ora lavora in un negozio di Mlango Kubwa: «Mi piace intrecciare i capelli. Quando intreccio provo un certo sollievo, mi concentro solo su questo. È una passione». Con orgoglio guarda avanti: «Continuerò a lavorare qui, per il momento, e forse in futuro aprirò un posto tutto mio. Chissà. Mi piace molto lavorare e mi sento benissimo perché ora mi sto spostando su un altro livello».

Tutti nel quartiere conoscono la sua storia, tutti la vedono applicare felice extension e fare trecce alle donne presso uno dei parrucchieri della zona. Molti ragazzi e ragazze come lei diventano dei mentori naturali per gli altri che sono in strada. Condividevano gli stessi crocevia, la stessa colla, e ora, attraverso quella vetrina, vedono una via possibile, percorribile. Come ci ricorda Faith con uno splendido sorriso, alla fine dell’incontro: «Si dice che scivolare non significa cadere… Io sono scivolata, ma ho deciso di riprendere in mano la mia vita».

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