Dan Stevens sembra progettato per essere il perfetto eroe romantico, non solo per i suoi immensi occhi blu e il sorriso accattivante e gentile. Sullo schermo, nel ruolo di Matthew Crawley di Downton Abbey, ha amato tenacemente una sola donna per tre stagioni, poi si è trasformato nel principe disneyano del film La bella e la bestia e infine, in un mutante che, nella serie Legion, sperimenta letteralmente uno scambio di corpo con l’amata. Nella vita vera, invece, dal 2006 l’attore britannico è innamoratissimo della moglie Susie Hariet, di sette anni più grande di lui, e insieme hanno avuto tre figli dai nomi incantati, Willow, Aubrey ed Eden. «La ricetta del mio matrimonio è la comprensione» dice, come se fosse la cosa più naturale del mondo, in collegamento dalla sua casa di Los Angeles.

Non stupisce dunque che la regista tedesca Maria Schrader l’abbia scelto per interpretare Tom, il fidanzato perfetto in formato robot nel rom-com fantascientifico I’m your man, in questi giorni al cinema. È la storia, ambientata in un futuro forse troppo prossimo, di un curioso esperimento sentimental-tecnologico su un prototipo di partner androide modellato e programmato secondo i desideri del cliente. Insomma, un fidanzato o una fidanzata su misura, da ordinare, ritirare e portare comodamente a casa. Sembra un sogno per single senza speranza, ma Alma (Maren Eggert), un’archeologa che partecipa al test, quando ritira il suo partner ideale Tom, non riesce a dimenticare che all’androide, pur bellissimo e programmato per renderla felice, manca tutto il fascino dell’imperfezione umana.

In questi giorni Dan Stevens sta girando la miniserie Gaslit, sullo scandalo Watergate, ma parla con entusiasmo di I’m your man, scelto dalla Germania come film candidato al premio Oscar. «Mi sono divertito molto a interpretare un robot ingenuo e un po’ ingessato: è stato programmato per essere un eroe romantico, ma si accorge di essere tutto sbagliato», racconta. «Mi sono ispirato alle classiche screwball comedies di Hollywood, soprattutto Scandalo a Filadelfia, e a come si muoveva Cary Grant».

Tom è progettato per essere il compagno ideale: prepara la colazione al mattino, non ha mai un’opinione contraria. Ma il suo è un romanticismo stereotipato: come pensa debba essere invece l’uomo perfetto per le donne di oggi?

L’algoritmo di Tom è predisposto sui metodi classici per conquistare una donna, ma in realtà è completamente fuori luogo. Anche se decenni di cinema ci hanno mostrato che basta dire una frase banale per far cascare una donna ai tuoi piedi, questo film dichiara subito che il romanticismo non funziona così. Tom, però, impara ed evolve per diventare il più possibile il partner che Alma vorrebbe, e forse è proprio questa la caratteristica più attraente in un uomo: saper ascoltare la propria donna, non smettere di imparare.

"Questa è la caratteristica più attraente in un uomo: saper ascoltare la propria donna, non smettere di imparare"

È anche l’arma segreta del suo matrimonio felice?

La comprensione e la comunicazione sono fondamentali. Non è sempre facile, tutti cambiamo, si fanno degli errori, ma bisogna attraversare questi momenti uniti. Non intendo solo con mia moglie, ma anche coi miei figli: si cresce tutti insieme. I bambini sono parte della relazione di coppia. È complicato, ma può essere anche molto divertente.

Oggi, però, siamo abituati a scegliere un partner su una app: pensa che questo ci abbia disabituati al rapporto umano?

Sì, perché una storia d’amore ha a che fare con il caso: magari sei in un museo, o in un bar, incontri qualcuno e scatta un’attrazione. Una cosa ben diversa dallo scorrere lo schermo di un cellulare. In più, l’algoritmo è guidato dalle risposte che gli vengono date, ma il risultato può essere del tutto fuorviante: spesso pensiamo di essere certi di cosa vogliamo, ma non sappiamo davvero cos’è giusto per noi.

Nonostante il titolo, I’m your man è un film che adotta un punto di vista tutto femminile…

Il cinema ha raccontato molte storie, come Ex machina, nelle quali l’intelligenza artificiale è una donna, spesso sessualizzata, oggettivizzata. Qui invece è il robot uomo a diventare l’oggetto della donna, stravolgendo la visione tradizionale maschile dell’eroe romantico. Rompiamo gli stereotipi di genere.

Ma è davvero giusto avere tutti i propri desideri soddisfatti in un’unica persona? Non è la ricerca della felicità a renderci più umani?

Certo, la naturale condizione umana è proprio non essere mai pienamente soddisfatti. Penso che l’importante sia godersi il percorso nelle piccole cose, con la consapevolezza che non possiamo essere felici in ogni singolo momento della nostra vita.

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Una scena di I’m your man
Christine Fenzl

È per questa umana insoddisfazione che nove anni fa ha deciso di lasciare la Gran Bretagna e trasferirsi con tutta la famiglia negli Stati Uniti?

In America ho trovato una maggior varietà di ruoli. È stato un bel salto, con due bimbi ancora piccoli, senza sapere come sarebbe andata. All’inizio da Londra ci siamo trasferiti a New York, ora da tre anni abitiamo a Los Angeles. Con mia moglie e i miei figli ci siamo detti: proviamo questa avventura. E anche in questo caso l’unità della famiglia è stata tutto per me.

Per girare I’m your man però è tornato a vivere qualche mese al di qua dell’oceano, a Berlino. Le manca qualcosa dell’Europa?

Mi mancano i luoghi antichi. In Inghilterra ci sono molti siti neolitici, come Stonehenge: sono posti mitici. Devi viaggiare molto lontano da Los Angeles per trovare luoghi simili, anche se la natura qui intorno è davvero spettacolare.

Nel film è proprio Tom che chiede ad Alma di togliersi le scarpe e camminare a piedi nudi sull’erba…

È interessante che sia il robot, invece che l’umana, a volersi godere la natura. Sarebbe bello che esistesse un'app che ci spingesse tutti a farlo.