Perché fa ancora paura una società inclusiva
Di Assia Neumann Dayan, La Stampa Ieri è stata la giornata mondiale contro l’omofobia, la transfobia, la bifobia e l’intersexfobia, e per onorarla al meglio il governo italiano ha...
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Di Assia Neumann Dayan, La Stampa Ieri è stata la giornata mondiale contro l’omofobia, la transfobia, la bifobia e l’intersexfobia, e per onorarla al meglio il governo italiano ha...
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Ieri è stata la giornata mondiale contro l’omofobia, la transfobia, la bifobia e l’intersexfobia, e per onorarla al meglio il governo italiano ha pensato bene di non firmare la dichiarazione per la promozione delle politiche europee a favore della comunità LGBTQIA+. Posso anche capire che non siano a conoscenza dell’intersexfobia come molti di noi, ma non mi è chiaro il principio secondo cui si possa essere contrari alla tutela dei diritti di tutti.
Non mi è chiaro il perché, visto che non stiamo parlando di gestazione per altri, di disforia di genere nei minori, di fare un’ora obbligatoria di storia delle drag queen nelle scuole primarie di tutta Europa. Qui stiamo parlando di un impegno per fare in modo che i diritti siano di tutti, perché se non sono di tutti prima o poi arriverà il momento in cui quei diritti non saranno nemmeno più nostri. L’impegno della presidenza belga è «quello di combattere la discriminazione, garantire la sicurezza delle persone appartenenti alla comunità LGBTQIA+, costruire una società più inclusiva, richieste di uguaglianza a livello mondiale per le persone LGBTQIA+»: certo, sembra un po’ l’appello per la pace nel mondo di Miss Unione Europea, ma non mi sembra che queste possano essere posizioni divisive su cui andare cauti. Bisogna starci a pensare su che una società inclusiva è meglio di una esclusiva? Andiamoci cauti col combattere la discriminazione perché forse fa male al fegato? Per infelicitarmi la giornata di ieri ho letto un po’ commenti alla notizia. Su tutti vince il fatto che abbiamo ben altri problemi, tipo le accise. A seguire, c’è la notazione che ci sono troppe lettere, uno poi come fa a capire. Infine, ci sono quelli che le persone della comunità lgbtq+ hanno gli stessi diritti di tutti i cittadini; quindi, non si capisce bene cosa si dovrebbe firmare e perché, mancava solo che «sono gente tali e quali come noi, noi normali».
Nessuno ha mai insultato, picchiato o non assunto qualcuno perché era eterosessuale. Non possiamo dire lo stesso per le persone omosessuali. Tutta la questione dell’identità di genere ha complicato le cose, anche solo per il fatto matematico che se moltiplichi le identità moltiplichi le discriminazioni. Fonti del ministero della Famiglia dicono che il documento non è stato firmato perché la proposta «era in realtà sbilanciata sull’identità di genere, quindi fondamentalmente il contenuto della legge Zan». Io non lo so se è coerenza o altro, ma aspetto un commento ufficiale del Ministero: fatto sta che pure le persone con l’identità di genere non vanno discriminate. Anni di “ideologia gender”, anni di “i bambini non si toccano”, anni di “lobby gay”, per non parlare poi di tutta la retorica sulle donne, hanno alimentato un clima ostile e sospetto. Io posso anche arrivare a capire che ci possano essere posizioni diverse su alcuni temi, ma una cosa che non posso capire è come possa essere motivo di perplessità l’intento di una società inclusiva.
Se anche su posizioni che mi sembrano innocue c’è opposizione, vuol dire che un problema c’è. Riconoscere il fatto che in Europa ci siano delle discriminazioni e che le discriminazioni siano contrarie a una società civile mi pare il livello minimo della decenza. Qualche giorno fa è stata pubblicata la Rainbow map che monitora sulla base delle leggi e della politica «l’impatto diretto sui diritti umani delle persone LGBTQIA+». L’Italia è al trentaseiesimo posto su quarantanove paesi [la Svizzera al 16.mo posto, ndr]. Non è questa una fotografia incoraggiante. Ieri l’account X di Atreju – «la più grande manifestazione della destra italiana» recita la loro bio – ha diffuso una card con la bandiera arcobaleno e la scritta: «Non importa il tuo orientamento sessuale. L’8 e il 9 giugno scrivi Giorgia». Come testo del tweet hanno scritto che «vale per tutt*» con emoticon dell’unicorno. Tra opportunismo e ipotesi hacker, ci sarebbe da regolamentare anche il rainbow washing.
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