Messàggio - Significato ed etimologia - Vocabolario - Treccani

Messàggio

Vocabolario on line

messaggio


messàggio s. m. [dal fr. message, der. del fr. ant. meis, che è il lat. mĭssus (s. m.) «messo, inviato»]. – 1. a. Notizia, annuncio, comunicazione e sim., che si trasmette ad altri a voce o per iscritto, per mezzo di persona appositamente incaricata (messaggero), o anche direttamente, attraverso la posta, il telegrafo, la radio, la televisione: affidare, consegnare, lasciare, spedire, trasmettere un m.; ricevere, raccogliere un m.; m. di vittoria, di pace; m. augurale; m. trasmesso da una nave, da un aereo; m. telegrafico, radiofonico, televisivo, di posta elettronica; m. cifrato. Nella pubblicità (con influenza del sign. c), m. pubblicitario o anche semplicem. messaggio, ogni forma (testo verbale, immagine, ecc.) usata per un’efficace propaganda di un prodotto, diffusa attraverso la stampa, l’affissione murale e gli altri mezzi di comunicazione di massa, in partic. la radio e la televisione. Nel periodo della seconda guerra mondiale erano detti m. speciali quelli che, in un linguaggio convenzionale, erano trasmessi da Radio Londra, e poi anche dalle stazioni radiofoniche delle città italiane via via liberate, ai partigiani, per dare disposizioni, avvertimenti, ecc. Talora, sinon. più solenne di annuncio: lieto, doloroso, funesto messaggio. b. Solenne allocuzione che un’alta autorità politica o religiosa rivolge al popolo o ai fedeli, oggi per lo più diffusa attraverso la stampa o la radio e la televisione: m. del presidente della Repubblica al popolo italiano; m. natalizio del papa; m. del ministro della Difesa all’esercito nella ricorrenza della vittoria, ecc.; pronunciare, leggere, diffondere un messaggio. In partic. (sul modello dell’ingl. message), comunicazione ufficiale del capo dello stato agli organi legislativi: messaggio del presidente alle Camere. c. In senso più ampio, e meno tradizionale, insieme di informazioni e di segnali, di vario genere e contenuto, che, comunque espresso, viene tradotto in un determinato codice secondo precise regole di combinazione e trasmesso attraverso opportuni canali da un soggetto, ente, organo, sistema (emittente) a un altro (ricevente) con cui è in relazione, il quale è in grado di decodificare il messaggio e venire a conoscenza del contenuto (che può essere una notizia, una domanda, un suggerimento, un ordine di comportamento, ecc.). Il sign. del termine si precisa nelle varie discipline, e spec. in teoria della comunicazione, in informatica, in linguistica, e con accezioni più partic. in biologia e in genetica, soprattutto in rapporto con il valore specifico che in esse viene dato al termine informazione (v.). d. fig., letter. Concezione nuova e feconda di profondi sviluppi che (nel campo della religione, del pensiero, dell’arte, ecc.) viene affidata ai contemporanei e ai posteri da grandi innovatori: il m. di Cristo o cristiano o evangelico; il m. giovanneo (di Giovanni Battista, o di Giovanni XXIII); il m. di Gandhi; e in letteratura: il m. stilistico del Petrarca; il m. dei simbolisti, ecc. Con accezione più ampia, insieme di insegnamenti, indicazioni, spinte ideali che un gruppo di persone trasmette a un altro: il m. lasciatoci dalle precedenti generazioni. 2. Di qui (con estens. spesso abusata o enfatica), nel linguaggio della critica letteraria, artistica e cinematografica, le idee, le aspirazioni, o la visione e l’interpretazione della realtà che un autore vuole (o si presume che voglia) comunicare, anche in forma indiretta o implicita, con una sua opera o con il complesso della sua produzione. 3. ant. Messaggero: il m. il menò, e disse (Novellino); E due di loro, in forma di messaggi, Corsero incontr’a noi (Dante). ◆ Dim. messaggino (v. la voce).

© Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani - Riproduzione riservata

-ALT
-ALT
-ALT