Convincere Haftar a sganciarsi da Francia e Russia e fare accordi con Roma: la missione "segreta" di Meloni in Libia - HuffPost Italia

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Convincere Haftar a sganciarsi da Francia e Russia e fare accordi con Roma: la missione "segreta" di Meloni in Libia

Farsi largo, conquistare spazi che da tempo sono occupati da altri. Dai turchi, a Tripoli. Ma soprattutto dai russi, gli egiziani, i francesi che sostengono il generale Khalifa Haftar in Cirenaica. Con questo intento Giorgia Meloni vola in Libia in una visita di Stato che i media italiani scoprono da quelli libici all’ultimo minuto, tenuta riservata per ragioni di sicurezza, dicono da Palazzo Chigi. Prima a Tripoli l’incontro con Abdul Hamid Mohammed Dabaiba, primo ministro del governo di Unità nazionale libico. Poi a Bengasi, dove si svolge la vera missione: convincere Haftar a ridurre la presenza straniera, a staccarsi dai russi e i francesi per stringere intese con l’Italia. La premier si presenta in Libia accompagnata dal ministro dell'Università e la Ricerca, Anna Maria Bernini, dal ministro della Salute, Orazio Schillaci e dal ministro dello Sport e i Giovani, Andrea Abodi. Nel programma, la firma di accordi su ricerca, salute, sport e intese per la “cooperazione rafforzata” sui migranti per sostenere la guardia libica a spingerli sempre di più verso i deserti del sud, dove la notte è gelo e il giorno è fame.

L’Italia vuole essere presente in tutta la Libia, segnalano fonti di governo caratterizzando in questi termini la tappa ‘neo-colonizzatrice’ della premier, tesa a favorire le imprese italiane nel tessuto economico libico o, meglio, nella costruzione di quel tessuto economico. Al momento, l’Italia è il secondo fornitore della Libia, con il 14,5 per cento di quota di mercato, e il quinto mercato di destinazione dell’export libico. L’interscambio commerciale nel 2023 si è assestato sopra i 9 miliardi di euro. Eni è storicamente presente in Libia e continua a investirci. Le imprese italiane del settore guardano alla Libia frontiera “promettente” per la realizzazione di grandi opere e infrastrutture, sottolineano da Palazzo Chigi. “Un consorzio italiano sta ricostruendo l’Aeroporto internazionale di Tripoli e diverse imprese italiane iniziano a essere presenti nelle diverse regioni libiche”. Ma per far fruttare pienamente questo potenziale, “sono necessarie condizioni di sicurezza e di certezza legale su cui si dovrà lavorare insieme”.

A un mese dalle europee, accompagnata solo da una delegazione italiana, senza Ursula von der Leyen o altri interlocutori europei a differenza di quanto organizzato mesi fa per l’Egitto e la Tunisia, Meloni va in Libia a rispolverare un altro capitolo del suo Piano Mattei per creare “partenariati egualitari attorno a progetti concreti individuati di comune intesa”, recita una nota del governo. L’intesa firmata dai ministri della salute punta a rafforzare la cooperazione in materia di ricerca “favorendo un maggiore accesso alle cure indifferibili in Italia, soprattutto per i malati in età pediatrica, organizzando missioni di medici in Libia e aumentando ulteriormente le offerte di formazione, in Italia come in Libia, rivolte al personale libico della salute”, si legge nella nota governativa. L’accordo sulla ricerca punta ad aumentare la “mobilità internazionale di studenti, ricercatori e docenti, anche sfruttando programmi come Erasmus+, e attività di ricerca congiunta in settori chiave per le due Nazioni quali le energie rinnovabili, l’agri-food, la blue economy, la valorizzazione del patrimonio culturale, settore quest’ultimo in cui l’Italia ha tradizionalmente svolto un ruolo di primo piano in Libia”. Quella sullo sport punta alla “realizzazione e riqualificazione delle infrastrutture sportive di base nelle comunità libiche e lo sviluppo di programmi di volontariato e servizio per promuovere l’inclusione sociale giovanile”.

Ma il piatto forte è l’immigrazione per “il contrasto dei movimenti illegali”. Mentre la premier incontra i referenti libici, l’account Refugees In Libya dà conto dell’odissea dell’ennesimo gruppo di migranti respinto nel deserto, comprese donne e bambini costretti a passare la notte all’addiaccio e senza cibo. Nel pomeriggio si sviluppa il cuore della missione italiana in Libia: convincere Haftar ad avvicinarsi a Roma, staccandosi da Mosca e da Parigi. Il governo del generale in Cirenaica è da sempre protetto dalla presenza dei mercenari russi insieme ai francesi e gli egiziani. Per la cronaca: oggi a Mosca alla cerimonia per l’inaugurazione del nuovo mandato di Vladimir Putin è presente anche l’ambasciatore francese, tra i diplomatici che hanno deciso di accettare l’invito del Cremlino malgrado l’appello dell’Alto rappresentante Ue per la politica estera Josep Borrell a disertare (presenti anche i rappresentanti di Grecia, Malta, Cipro, Slovacchia, Austria, Croazia e, fuori dall’Ue, Norvegia, Islanda, oltre naturalmente a India, Cina e i paesi notoriamente vicini alla Russia).

È evidente che la nuova campagna italiana in Libia non è semplice. Bisogna recuperare laddove altri hanno anticipato mosse e piantato solidi paletti, al netto della propaganda ufficiale. Dalla deposizione di Gheddafi, la Libia resta un paese diviso, vani gli sforzi della comunità internazionale guidata dall’Onu di riportare tutto il paese sotto la guida di Tripoli. Piuttosto, lo Stato nord-africano è sempre più uno specchio delle tensioni globali tra oriente e occidente, da un lato. Dall’altro, è terra franca, dove le stesse tensioni si mischiano superando gli schieramenti noti e costruendo interessi comuni che vanno oltre la geopolitica conclamata, puntando a ciò che muove il mondo: gli affari.

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