La Bielorussia in "Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco" - Treccani - Treccani

La Bielorussia

Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco (2014)

Dario Ippolito
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Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook

La Bielorussia, letteralmente Russia bianca, è oggigiorno limitata, a Nord, da Lettonia e Lituania, a Ovest dalla Polonia, a Sud dall’Ucraina e a Nord-Est dalla Russia con una popolazione di circa dieci milioni di abitanti ed una superficie di 200 mila chilometri quadrati. Nel 1919 diventa una repubblica sovietica ed è tra le quattro repubbliche costituenti l’URSS nel 1922. L’ideologia sovietica la riduce a una mera colonia e, solo nel 1991, a seguito della disgregazione dell’URSS, diviene nuovamente indipendente, trovandosi ad affrontare gravi problemi economici tra cui le conseguenze del disastro di Chernobyl. Nel 1994 e nel 2001 Aleksander Lukashenka viene nominato presidente e con un referendum fortemente criticato dall’OSCE, nel 2004, si arroga la possibilità di essere eletto per un terzo mandato.

La creazione, nel 1902, dell’Unione Socialista Bielorussa (Hramada) in un’area già inglobata nella Russia imperiale dalla fine del Diciottesimo secolo ed i drammatici eventi del 1905, dopo i quali la Russia è costretta ad allentare la pressione sulle minoranze etniche, danno via libera all’espressione di sentimenti indipendentisti. Durante la prima guerra mondiale, politiche economiche incompetenti e la foga dei combattimenti sul suolo bielorusso portano al malcontento e all’insurrezione della popolazione che, il 25 marzo 1918, proclama l’indipendenza della Repubblica Popolare di Bielorussia che cade immediatamente in mano ai bolscevichi nel 1919. L’Ovest del Paese viene ceduto alla Polonia con la firma del trattato di Riga nel 1921, mentre la parte orientale, con capitale Minsk diviene la Repubblica Socialista Sovietica di Bielorussia ed è repubblica fondatrice dell’Unione Sovietica nel 1922. La Nuova Politica Economica di Lenin giova all’agricoltura bielorussa che torna rapidamente ai suoi livelli prebellici. Ciononostante, conflitti con Mosca provocati dalla resistenza della popolazione alla collettivizzazione, cominciata alla fine degli anni Venti, comporta il declino economico del Paese.

Negli anni Trenta Stalin, ordina la riforma della lingua bielorussa, rendendola molto più simile al russo, e la riscrittura della storia ufficiale in chiave sovietica. Nel 1939, in seguito al patto Ribbentrop-Molotov, anche la parte occidentale del Paese passa all’URSS ma, per ragioni strategiche, la città di Vilnius viene ceduta alla Lituania, di cui diventa capitale. La frontiera con la Polonia è definita in maniera conclusiva nel 1945, quando un accordo viene trovato sulla base della linea Curzon, disegnata nel 1919. La seconda guerra mondiale ha ripercussioni drammatiche: la perdita di vite umane è tale che il Paese ritornerà ai livelli di popolazione prebellici solo negli anni Settanta. Nel 1945 alla conferenza di San Francisco la Bielorussia è invitata a far parte delle Nazioni Unite, assieme alla Russia e all’Ucraina. Per aiutare la ripresa economica del Paese, Stalin ordina la costruzione di moderni impianti industriali che favoriscono l’urbanizzazione. La lingua bielorussa viene lentamente eliminata dalla vita quotidiana e il numero delle scuole bielorusse è ridotto praticamente a zero negli anni Ottanta. Intellettuali e studenti che negli anni Sessanta e Settanta si oppongono a questa politica sono deportati o eliminati.

Nel 1986 uno dei reattori della centrale nucleare installata a Chernobyl, in Ucraina, esplode. La vicinanza della frontiera e le correnti d’aria fanno sì che la Bielorussia riceva più dei due terzi della pioggia radioattiva, il che si riflette disastrosamente sull’agricoltura e sul patrimonio genetico della popolazione, causando un alto tasso di tumori e di difetti alla nascita.

Il 25 agosto del 1991, in seguito al colpo di Stato a Mosca, la Bielorussia si dichiara indipendente ed entra a far parte della Comunità degli Stati Indipendenti. Tuttavia la sua dipendenza economica dalla Russia ha gravi conseguenze: benché il rublo bielorusso sia introdotto già nel 1992, questo non protegge il Paese da un’inflazione galoppante negli anni Novanta. Il 10 luglio 1994 Aleksander Lukashenka (1954-) viene eletto primo presidente della Bielorussia indipendente e dà inizio a un programma di riavvicinamento alla Russia: propone un trattato di unione economica, sostituisce la bandiera bianco-rosso-bianco bielorussa con quella sovietica verde e rossa e firma, nel 2003, anche un trattato che dovrebbe portare all’integrazione economica con l’Ucraina, la Russia ed il Kazakhistan.

Le critiche al presidente per violazione dei diritti umani e mancanza di democrazia si moltiplicano. Lukashenka viene rieletto nel 2001 e nel 2004 propone un referendum che elimina la restrizione a due mandati per la presidenza e che è fortemente criticato da osservatori dell’OSCE, che ne denunciano la mancata rispondenza a standard democratici; ma nessuna contromisura è adottata. Le manifestazioni tenute in segno di protesta sono represse dalla polizia che ne arresta gli organizzatori.

© Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani - Riproduzione riservata

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