Ipotesi Liguria al voto, l'ex ministro Andrea Orlando in pole. Ma nel fronte anti Toti giochi aperti fino alle Europee - IVG.it
Retroscena

Ipotesi Liguria al voto, l’ex ministro Andrea Orlando in pole. Ma nel fronte anti Toti giochi aperti fino alle Europee

Tra fughe in avanti, tentativi di campo larghissimo e scenari politici post atomici, Orlando resta il “nome più autorevole” ma non l’unico sul banco. E per nessuno la vittoria è scontata

Andrea Orlando

Liguria. Non fa peccato chi afferma che Andrea Orlando parla già da candidato per le regionali della Liguria. D’altronde è stato lo stesso ex ministro Pd a essersi detto disponibile a correre per le regionali già mesi fa. È stato Orlando stesso a rifiutare la candidatura alle elezioni europee perché “ho da fare in Liguria”. Orlando invita da giorni al campo largo, anzi larghissimo, e a un fronte comune che comprenda non solo i partiti – da Azione al M5s – ma anche tutta la componente sociale di chi possa essere interessato a un modello di Liguria diverso da quello riflesso dalla bufera giudiziaria.

All’interno dei Dem, e anche tra gli alleati, Andrea Orlando, 55 anni, viene considerato a larga maggioranza il nome più forte, quello più autorevole. “Se Orlando alza la mano e dice ‘ci sono io’ nessuno può pensare di essere in grado di alzarla più in alto”, suggerisce un esponente di centrosinistra. Ma sia tra gli alleati sia all’interno dei Dem c’è chi pensa che in questo momento storico il candidato più forte possa non essere quello più adatto.

I dubbi non riguardano la caratura, l’esperienza o la dedizione ma la possibilità che il cittadino non già schierato o a rischio astensionismo, possa associare il dirigente del Pd a una politica “vecchio stampo” investita tanto quanto il centrodestra dalla detonazione della maxi inchiesta. In nome del “sono tutti uguali”.

E allora il largo (ma non ancora larghissimo) fronte anti-Toti chiede “dimissioni subito” ma sa bene che non saranno subito e prova a organizzarsi. Tutti hanno chiaro che una discussione reale e carte in tavola su forze, programmi e nomi avrà senso solo dopo la cartina al tornasole delle Europee. L’affluenza, più ancora che le preferenze, sarà il metro su cui misurare la voglia dei liguri di immaginare un cambiamento.

Poco meno di un mese di tempo per i partiti che oggi sono insieme all’opposizione in Regione e per quelli che potrebbero unirsi alla battaglia, per definire in primo luogo chi sarà della partita. Poi quali saranno i temi su cui incentrare la campagna: sanità, lavoro, territorio, invecchiamento della popolazione. “Non possiamo pensare di parlare alle persone citando le intercettazioni, sarebbe controproducente”, è l’avvertimento che arriva dalla sinistra civica.

Ma se non c’è politico che, interpellato, non abbia detto “prima il programma poi i nomi”, di nomi si parla eccome. In seno al Pd, la principale forza in campo, oltre al candidato in pectore Andrea Orlando affascina alcuni l’idea di puntare su Marco Russo, sindaco di Savona e considerato simbolo del ritorno del centrosinistra alla vittoria. I riflettori accesi su quella provincia per via della battaglia sul rigassificatore lo connotano chiaramente come un nemico dell’attuale governo regionale. Il background civico è un plus. Un altro nome Pd che è stato sussurrato in questi giorni è quello del senatore Lorenzo Basso. Che negli ultimi due anni si è impegnato a Roma ma senza esporsi troppo a Genova e che comunque piace a una fetta di elettorato cattolico che in parte si era spostata sulle liste civiche di centrodestra.

Nel Movimento 5 Stelle non esiste un reale dibattito sui nomi. Ma se è vero che il leader Giuseppe Conte ha sostanzialmente appoggiato l’ipotesi Orlando, sia per evitare di pestare anzitempo i piedi all’alleato, sia perché erano stati i cinquestelle a dare la stura alla candidatura perdente di Ferruccio Sansa alle ultime regionali, è anche vero che i pentastellati non sono mai stati in una posizione comoda come quella attuale. Non hanno mai governato in Liguria e sono gli unici a potersi presentare come lontani dalle logiche di potere. Il totonomi viene indirizzato quasi per inerzia su Tiziana Beghin, eurodeputata, genovese, in scadenza di secondo mandato e non ricandidata a Bruxelles. Ma l’altro ragionamento su cui il M5s è concentrato è sulla possibilità di replicare in Liguria il colpo centrato in Sardegna con una figura di spicco come la poi eletta presidente Alessandra Todde.

Il nome di una donna circola anche nella sinistra ambientalista. Che più di altre forze chiede un “processo di condivisione e trasparenza” nelle scelta “del candidato o della candidata presidente” e del suo programma elettorale. Oggi lo hanno ribadito in una nota da Linea Condivisa con Gianni Pastorino, capogruppo in consiglio regionale e Rossella D’Acqui, presidente. Nei rossoverdi, la forza che al momento è più in sintonia con il mondo dei comitati (quelli che sabato sono tornati in piazza a Genova), qualcuno cita ancora l’exploit alle urne, da underdog, di Selena Candia quando venne eletta in consiglio regionale e la vede come la più cristallina rappresentazione della battaglia per la trasparenza in politica e nei processi decisionali.

Ad ogni modo, al momento, se di movimenti si può parlare, questi sono tutti sotto il tavolo. Il voto dell’8 e 9 giugno, che a livello nazionale si è ormai fossilizzato sulla dicotomia tra Schlein e Meloni, in Liguria avrà tutto un altro sapore. Sempre che il centrodestra in Regione, a partire dallo stesso Toti, non riesca a mantenere ad libitum le barricate.

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