Sergio Leone, il genio scontroso che reinventò il West e si divertiva quando De Niro rideva sul set | Corriere.it

Sergio Leone, il genio scontroso che reinventò il West e si divertiva quando De Niro rideva sul set

diMaria Luisa Agnese

Antifascista come il padre, aveva amato molto il cinema statunitense. Alla sua genialità, celebrata più in morte che in vita, hanno reso omaggio tutte le migliori menti, da Tarantino a Scorsese

Sergio Leone. Il genio scontroso che reinventò il West e si divertiva quando De Niro rideva sul set

Sergio Leone in un'illustrazione di Max Ramezzana

S ergio Leone si presenta nello studio di Ennio Morricone per parlargli di un film che stava per girare, Il magnifico straniero, titolo provvisorio per quello che sarebbe diventato Per un pugno di dollari, primo successo della mitologica trilogia western, ed è subito carrambata. «Ma tu sei Leone delle elementari?» chiede il musicista. «E tu Morricone che veniva con me a Viale Trastevere?». Morricone prende la vecchia foto di classe: c'erano tutti e due, grande fiocco sul grembiule nero, orecchie a sventola per entrambi. «Fu incredibile ritrovarsi dopo quasi trent'anni, lo riconobbi dal movimento del labbro inferiore, mi ricordò subito qualcosa. Passammo tutto il pomeriggio e la sera insieme» ha ricordato Morricone nel libro Inseguendo quel suono, in conversazione con Alessandro De Rosa. «Andammo fuori a cena a Trastevere da Filippo il Carrettiere, mi invitò Sergio e pagò lui. Poi ci recammo a un piccolo cinema di Monteverde Vecchio dove davano La sfida dei Samurai di Kurosawa. Quel film non mi piacque, ma Sergio ne prese la struttura e vi aggiunse ironia, acidità e un che di rocambolesco, trasponendo questi concetti nel western». Musica ovviamente di Ennio Morricone: iniziava così una collaborazione incantata di due amici geniali, che continuò per tutti i film di Leone, e nasceva quel western all'italiana che con stile potentemente descrittivo alternava lunghe carrellate a primi piani intensamente stretti, destinato a rimanere nella storia del cinema. I cowboy selvaggi di Leone, vestiti di stracci, calzoni a zampa di elefante e stivali con tacchetti, fecero subito tendenza: «I costumi?» minimizzava lui: «Li abbiamo trovati in un deposito. Erano quelli delle comparse di un altro western. Non avevamo un soldo, e quei costumi ci sono costati niente». L'uomo che ha reinventato il western ce l'aveva fatta proprio grazie alla sua lunga gavetta dentro il mondo di Cinecittà: figlio d'arte di un regista, Vincenzo in arte Roberto Roberti, e di Edvige attrice del muto, si era nutrito di cinema da sempre. Antifascista come il padre, aveva amato molto il cinema statunitense anche se nel 1943 quando, quattordicenne, incontrò i primi americani reali che risalivano la penisola, fu blandamente deluso: «Erano venuti a liberarmi! Mi sembrarono pieni di forza, ma anche molto falsi. Non erano più gli Americani del West». 

E allora meglio reinventarselo, il suo West, cercando ovunque e contaminandolo con le maschere di Goldoni e la sua esperienza di assistente nei colossal della Hollywood sul Tevere, per lanciare un'epopea nuova e meno stereotipata che, fra brutalità e mito, arrivava dritta all' anima, anche grazie alle musiche del vecchio compagno di scuola. 

Operazione in cui ha mischiato Italia e America, recuperando a Cinecittà collaudate eccellenze come il direttore della fotografia Tonino Delli Colli, il montatore Nino Baragli, lo sceneggiatore Luciano Vincenzoni, e rilanciando mostri del cinema Usa come Clint Eastwood e Charles Bronson. Bronson lo ha voluto in C'era una volta il West, capolavoro di grandioso respiro che coglie il momento della fine dell'epopea del West e che incassa nel 1968 solo in Italia due miliardi e mezzo di lire, a cui hanno collaborato due giovani di talento, Dario Argento e Bernardo Bertolucci; il quale, come ha raccontato, lo sedusse con una frase: «Dissi che mi piaceva il modo con cui filmava i culi dei cavalli. In generale venivano ripresi frontalmente e di fianco. Ma quando li filmi tu, mostri sempre i didietro; un coro di didietro. É meno retorico e romantico, ma sono pochi i registi che lo fanno. Uno è John Ford. L'altro sei tu». 

Alla sua genialità scontrosa celebrata più in morte (è scomparso a 60 anni il 30 aprile 1989) che in vita, hanno reso omaggio tutte le migliori menti, famosi gli omaggi di Quentin Tarantino che su Spectator ha scritto che C'era una volta il West è stata per lui una scuola di regia, di regia moderna. E Martin Scorsese addirittura ha voluto restituire integro il gran capolavoro C'era una volta in America, finanziandone nel 2012 insieme a Gucci il restauro. Una vera ossessione per Leone, il film della vita: lo aveva incubato per 15 anni, per lui aveva rifiutato la regia de Il padrino, ma si era divertito da matti a lavorare con Robert De Niro. «Bob rideva quando simulavo le scene. E queste risate erano una vera dimostrazione di complicità». E ancora oggi i ricchi dal mondo affittano per una sera la Sala degli stucchi all'hotel Excelsior di Venezia, per rivivere la famosa scena al ristorante in cui Noodles/De Niro invita la sua Deborah/Elizabeth McGovern per una cena straordinaria, a salone vuoto, solo camerieri e Amapola.

2 maggio 2024