Aveva otto anni quando vide il suo primo balletto. La accompagnava la mamma, la portò a vedere La bella addormentata, un classico. E come tutte le bambine prima di lei, e tutte quelle dopo di lei, rimase incantata dallo spettacolo e decise che voleva ballare. Ma non tutte le bambine vengono ammesse a soli dieci anni alla Scuola dei Balletti Imperiali di San Pietroburgo. Le ballerine dell’epoca erano robuste, muscolose. Lei veniva presa in giro dai compagni, perché aveva un fisico esangue, malaticcio, veniva da una famiglia di poveri contadini. La chiamarono “la petite sauvage” e “la scopa”. Ma ad Anna non importava, lei voleva solo danzare.

Affinò la tecnica, diventò la più brava. Una volta preso il diploma, arrivarono i ruoli. Il famoso coreografo Marius Petipa si innamorò della sua fisicità e le diede ruoli prestigiosi, che scrisse per lei. Anna riuscì a debuttare nel Balletto Imperiale come Coryphée, un ruolo più elevato rispetto a quello più “semplice” di ballerina di fila.

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Lei si chiamava Anna, Anna Pavlova, e non ballò mai, nemmeno per un giorno, nel corpo di ballo. Lei fu subito grande. Non poteva confondersi nella massa, la ragazza destinata a cambiare il mondo della danza, a inventare le scarpette da ballo, a diventare un cigno. Era una ballerina esile e aggraziata: fu Flora, poi diventò Giselle, acquisendo sempre più notorietà con il grande pubblico. Interpretò dee e principesse, sacerdotesse, regine e baiadere. Ballò come la principessa Florine in La bella addormentata nel bosco, come desiderava da bambina, tutto ritorna.

Un giorno il coro del teatro dell’opera imperiale chiese alla Pavlova di partecipare a un concerto di beneficenza e Anna chiese, al grande coreografo Fokine, di mettere in scena un balletto. Il coreografo stava studiando la composizione Il cigno di Camille Saint-Saëns e Anna, che voleva solo danzare, chiese a Fokine di scriverne, ispirata dalla visione dei cigni che aveva visto al parco e da La morte del cigno di Tennyson.

russian ballerina anna pavlova 1885   1931 on the roof of her hotel during a visit to new york    photo by topical press agencygetty imagespinterest
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Per comporre la coreografia Fokine impiegò pochi minuti: fu frutto solo di improvvisazione. Anna danzava da sola e Fokine le suggeriva come posizionare le braccia. Ci misero solo due minuti e mezzo per ottenere una tecnica perfetta ed un’espressività tale da creare il balletto di maggior successo del mondo della danza. L’autore della composizione fu molto sorpreso dalla tragica lettura della sua opera: secondo lui il cigno non moriva. L’assolo riscosse un enorme successo, la grazia che bisognava avere per interpretarlo resero la Pavlova una star. Ma la sua vita stava per prendere una svolta inaspettata.

Nel 1910 Anna si ritirò dalla stagione dei Balletti Russi, in aperto contrasto con la direzione; forte era la sua perplessità per la musica di Igor Stravinsky, che lei non riteneva adatta a un balletto e che invece veniva utilizzata. Anna voleva solo danzare, e non si arrese: andò in tournée in Inghilterra e negli Stati Uniti mentre a San Pietroburgo le cose si facevano difficili: il suo manager e protettore Dandré veniva accusato di furto, con l’obbligo di non lasciare la città. Dandré invece fuggì dalla Russia e la raggiunse.

eingeschränkte rechte für bestimmte redaktionelle kunden in deutschland limited rights for specific editorial clients in germany anna pavlova12021881 23011931ballet dancer, russia ussrprincipal artist of the imperial russian ballet, st petersburgwith cat in her house in london, hampstead  undated photo by ullstein bildullstein bild via getty imagespinterest
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Anna era a Londra, lo accolse e da quel momento fu presentato a tutti come suo marito, anche se non abbiamo prove che il matrimonio fosse stato celebrato. Anna e Dandrè si stabilirono a Londra ed acquistarono una grande casa ad Hampstead. E indovinate che cosa c’era nel parco della villa? Un cigno, che Anna amava e di cui si prendeva cura. Nel mentre Anna si era creata le sue scarpette, modificando quelle che venivano usate normalmente: aveva un piede molto delicato, con il collo del piede molto arcuato. Aggiunse un pezzo di cuoio sulla punta delle scarpette e appiattì la mascherina della scarpa, inventando il primo prototipo della scarpa da danza moderna, meno dolorosa da usare.

original caption anna pavlova 1885 1931, russian ballet dancer, shown with one of her pet swans, wrapped around her, which inspired her famous dance "death of the swan" undated photographpinterest
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Fondò una compagnia di balletto, cominciò a girare il mondo, in una tournée che sarebbe durata per il resto della sua vita. Visitò la Cina, Messico, il Sud America, Giappone, India e Australia, portando il balletto in luoghi che non aveva ancora toccato, a persone che non avevano mai visto una ballerina in tutta la vita.

E, a proposito di Australia, il suo arrivo fu celebrato con la creazione della torta omonima, la torta Pavlova: una creazione di meringa e frutta fresca. Sia l’Australia che la Nuova Zelanda affermano che è stata una loro idea, nata per celebrare la tournee che la ballerina fece negli anni Venti. I neozelandesi dicono che è stato uno chef anonimo di un hotel di Wellington, in onore della Pavlova. Gli australiani rispondono che l’ha creata lo chef Herbert Sachse all'Esplanade Hotel di Perth, ed è stata chiamata cosi perché era “leggera come la Pavlova”.

meringue cake "pavlova" with fresh ripe raspberry and whipped creampinterest
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Anna aveva cinquant’anni, ma continuava a ballare, girando il mondo. Il treno su cui viaggiava, tra Cannes e Parigi, venne coinvolto in un incidente e dodici ore di attesa al freddo le procurano un raffreddore. Anna indossava un leggero cappotto sopra un vestito di seta, camminò nella neve lungo i binari per vedere cosa fosse successo. Appena arrivata all’Aja, contrasse la polmonite. La regina olandese, allarmata, mandò il suo miglior medico a curarla. Ma ormai la malattia era troppo avanzata e si trasformò in pleurite.

Le sue ultime parole, mentre moriva, furono: “Prepara il mio costume da cigno.” Glielo portarono. Il giorno dopo avrebbe avuto una serata. Lo spettacolo andò in scena, ma nessuna danzò la sua parte. Solo un faro danzò nel buio, come se ci fosse ancora un cigno, lì sul palcoscenico, a ballare.