Confidenza: recensione del film con Elio Germano
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    Confidenza: recensione del film con Elio Germano

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    Si apre con un uomo intenzionato a gettarsi dalla finestra Confidenza, film con cui Daniele Luchetti torna al grande schermo a 4 anni di distanza da Lacci. Un elemento che riporta immediatamente alla mente L’inquilino del terzo piano, in una delle tante sfumature polanskiane di un vero e proprio thriller psicologico mascherato da dramma familiare borghese, basato sull’omonimo romanzo di Domenico Starnone. Un’opera con cui Luchetti, dopo il già citato Lacci, torna a ragionare sullo scorrere del tempo in relazione al maschio contemporaneo, afflitto in questo caso da un segreto in grado di segnare irrimediabilmente l’immacolata immagine del protagonista.

    Al centro della vicenda c’è Pietro (Elio Germano), professore di liceo che inizia una relazione con la sua ex allieva Teresa (la sorprendente Federica Rosellini). Una relazione improvvisamente stravolta da una sorta di gioco sentimentale in cui i due decidono di confessarsi reciprocamente la più grave azione da loro commessa. Il segreto rivelato da Pietro è così indicibile da minare alla radice la sua relazione con Teresa e da segnare la sua intera esistenza, nonostante gli ottimi risultati conseguiti in ambito lavorativo. Molti anni dopo, la figlia del protagonista Emma (Pilar Fogliati) lavora per fare ottenere al padre una prestigiosa onorificenza da parte del Presidente della Repubblica, introdotta proprio da Teresa, diventata nel frattempo un’acclamata matematica. Fra paura, paranoia e ipocrisia, si riannodano i lacci dell’esistenza di Pietro.

    Confidenza: un inquietante thriller psicologico mascherato da dramma familiare

    Confidenza

    Confidenza è la precisa e ficcante decostruzione di un uomo apparentemente perfetto, attento a costruire un’immagine di professore attento alle necessità dei suoi studenti (parla ripetutamente di pedagogia dell’affetto) e di studioso illuminato (nonostante sostenga più volte di non avere un vero e proprio metodo), ma animato sottopelle da pulsioni contrastanti e dal timore di poter perdere in un attimo tutto ciò che ha raggiunto, proprio a causa di quella confessione concessa a Teresa. La natura di questo segreto rimane sfumata (anche se tutto lascia pensare che si tratti di una violenza sessuale) e si trasforma nel più classico dei MacGuffin, muovendo il racconto in terreni accidentati e a tratti addirittura sinistri.

    La parabola di Pietro attraversa il matrimonio con Nadia (Vittoria Puccini), emblematicamente somigliante a Teresa e matematica come lei, tocca l’ambiguo rapporto con la potente Tilde (Isabella Ferrari) ma torna sempre alla sua ex allieva, che aleggia costantemente sulla sua vita, in bilico fra dolce ricordo sentimentale e inquietante presenza, dai tratti quasi demoniaci in alcune visioni. Elio Germano tratteggia un nuovo personaggio respingente dopo quelli da lui interpretati in Favolacce, America Latina e Palazzina Laf, ma la vera sorpresa è Federica Rosellini, alfa e omega del racconto, al tempo stesso amante, confidente, minaccia e unico pericoloso porto in cui attraccare.

    Un film tutt’altro che consolatorio

    Daniele Luchetti e Francesco Piccolo adattano nuovamente Domenico Starnone dopo La scuola e Lacci, riuscendo nel non facile intento di fare parlare i silenzi, il rimosso e il non detto, ancora più importanti di ciò che in Confidenza viene effettivamente mostrato. Una scrittura accompagnata dalla straniante colonna sonora di Thom Yorke, costantemente in aperto contrasto con la narrazione e perciò perfetta per delineare un uomo che si trova sempre in un posto diverso rispetto alle sue emozioni, come gli dice Teresa, l’unica persona che conosce la sua vera natura. Il risultato è un lavoro prismatico, debordante e a tratti contraddittorio, che rimesta nel thriller, flirta con l’horror ma ripara troppo spesso in stantie dinamiche familiari e in una critica alla borghesia più narcisista ed egoriferita, complessivamente meno interessante di ciò che le sta intorno.

    Non mancano metafore urlate come quella del limone, simbolo per eccellenza della fedeltà in amore che agli occhi di Pietro è sempre marcio, false piste e improbabili what if, che esplodono in un finale di raro coraggio, destinato a fare scervellare gli spettatori sulla vera natura di un racconto circolare, incessantemente in bilico fra realtà e immaginazione. Un’opera tutt’altro che perfetta (il trucco dei protagonisti in alcune fasi delle loro vite lascia a desiderare), che ha però il merito di non essere mai confortante o consolatorio, stimolando al contrario la fantasia dello spettatore e ponendo al contempo scomodi interrogativi su chi siamo, come ci rappresentiamo e cosa desideriamo celare. Il tutto con al centro una figura maschile sempre più fragile, dominata in amore e ancorata solo a maschere in procinto di cadere.

    Confidenza è nelle sale italiane dal 24 aprile, distribuito da Vision Distribution.

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    Confidenza: dove vederlo in streaming

    Al momento non disponibile su nessuna piattaforma.
    Overall
    6.5/10

    Valutazione

    Daniele Luchetti firma un angosciante thriller psicologico, tutt’altro che perfetto ma capace di scavare nell’animo dello spettatore.

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    Immaculate – La prescelta: il trailer del film con Sydney Sweeney

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    Immaculate - La prescelta

    È online il trailer ufficiale di Immaculate – La prescelta (questa la nostra recensione), film di Michael Mohan con Sydney Sweeney, Benedetta Porcaroli, Alvaro Morte e Simona Tabasco, che arriverà nelle sale italiane il prossimo 11 luglio. Un film horror teso e cupo, girato nei pressi di Roma e ambientato in un antico convento, dominato da forze oscure e maligne. L’intreccio si trasforma in una solida base per un crescendo di violenza e mistero, nonché per una coraggiosa riflessione sulla maternità, in aperto contrasto con le recenti spinte reazionarie e retrograde. Diamo un’occhiata a quello che ci aspetta.

    Il trailer ufficiale di Immaculate – La prescelta

    Questa la sinossi ufficiale del film:

    Sydney Sweeney (Tutti tranne te, Euphoria, The White Lotus) interpreta Cecilia, una giovane suora americana profondamente religiosa, che viene chiamata per trasferirsi in un convento remoto nella splendida campagna italiana. Quello che sembra un caloroso benvenuto si trasforma rapidamente in un incubo, quando Cecilia scopre che il convento nasconde segreti oscuri e orrori innominabili. Tra le antiche mura si celano forze maligne che minacciano di trascinarla nell’abisso della follia.

    Il film è scritto da Andrew Lobel, mentre i produttori sono David Bernad, Jonathan Davino, Teddy Schwarzman, Michael Heimler e la stessa Sydney Sweeney.

    Immaculate – La prescelta arriverà nelle sale italiane l’11 luglio, distribuito da Adler Entertainment.

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    Godzilla Minus One: recensione del film di Takashi Yamazaki

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    Godzilla Minus One

    Giunto al 70esimo anno di età e al 37esimo lungometraggio, l’imponente kaijū del cinema giapponese Godzilla si rigenera grazie a Takashi Yamazaki e al suo Godzilla Minus One, che lo scorso marzo è diventato il primo film non in lingua inglese a conquistare l’Oscar per i migliori effetti speciali. Un riconoscimento prestigioso che arriva in un momento particolarmente florido per il franchise, grazie al MonsterVerse statunitense che unisce Godzilla e King Kong, al nipponico Shin Godzilla e ai film animati distribuiti su Netflix.

    Godzilla Minus One riparte dalle origini, nello specifico dalla fine della seconda guerra mondiale, doppiamente devastante per il Giappone per via della resa incondizionata sul campo di battaglia e delle due bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki. In questo contesto facciamo la conoscenza del pilota kamikaze Kōichi Shikishima (Ryūnosuke Kamiki), che sul finire del conflitto fugge da una missione e atterra sull’isola di Odo, dove vede Godzilla impiegare tutta la sua forza distruttrice. Con il passare del tempo, l’uomo deve confrontarsi con l’onta della diserzione e col disturbo da stress post-traumatico, mentre Godzilla, potenziato dai test nucleari statunitensi sull’atollo di Bikini, diventa sempre più forte e pericoloso. Questo spinge le autorità a ideare un piano per distruggerlo, in cui proprio Shikishima occupa un ruolo di primo piano.

    Godzilla Minus One: alle origini del mostro

    Godzilla Minus One

    La storia di Godzilla è indissolubilmente legata a quella del Giappone, e Godzilla Minus One non fa eccezione. Sui temi ricorrenti del franchise, come il terrore per l’atomica (di cui il kaijū è chiara metafora) e il monito dell’ambiente nei confronti del cinismo umano, Takashi Yamazaki innesta una toccante e profonda riflessione sul senso di colpa e sul trauma, rappresentato proprio da Shikishima, nella doppia veste di reduce di guerra e di colpevole di diserzione, anche se per puro istinto di sopravvivenza nei confronti di uno stato che ordina a un cittadino di sacrificarsi per lui. Un risvolto sorprendente e per certi versi spiazzante, dal momento che questa scelta riduce sensibilmente la presenza in scena di Godzilla.

    Dopo il trionfale ingresso in scena nell’incipit, condito da una strizzata d’occhio a Lo squalo, il kaijū lascia infatti ampio spazio ai personaggi umani (decisamente più convincenti e stratificati di quelli messi in scena nel già citato MonsterVerse), rievocando al tempo stesso il trauma di un’intera nazione devastata dalla seconda guerra mondiale. Una scelta potenzialmente respingente, che viene però compensata dallo spettacolare ritorno in scena di Godzilla in un segmento da antologia, nel corso del quale viene praticamente raso al suolo un quartiere di Tokyo, Ginza. Un ottimo antipasto per l’inevitabile scontro finale, nel classico meccanismo di progressivo aumento della posta in gioco che contraddistingue il franchise.

    Una nuova partenza

    Godzilla Minus One guarda anche agli Stati Uniti, sia dal punto di vista delle ispirazioni (ci sono reminiscenze de Il cavaliere oscuro – Il ritorno e Dunkirk), sia per quanto riguarda la dimensione politica e propagandistica. Come il cinema americano, incline a celebrare l’eroismo bellico fino a sfociare nel revisionismo, anche il lavoro di Takashi Yamazaki filtra il passato con gli occhi del presente, donando umanità e dignità a personaggi spesso cancellati dalle pagine della storia e proponendo inoltre un modello di battaglia civile, molto più efficace di quella istituzionale. Elementi che contribuiscono alla resa di un capitolo di Godzilla atipico, ma proprio per questo in linea con la rinnovata sensibilità contemporanea. Una nuova partenza per un franchise che non smette mai di rinnovarsi e appassionare gli spettatori di tutto il mondo.

    Dove vedere Godzilla Minus One in streaming

    Al momento non disponibile su nessuna piattaforma.
    Overall
    6.5/10

    Valutazione

    Takashi Yamazaki firma un atipico capitolo del franchise, in cui l’ottima azione è centellinata in nome di una toccante riflessione sul senso di colpa e sul trauma.

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    Freelance: recensione del film con John Cena e Alison Brie

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    La commedia action vive un momento decisamente altalenante. Da una parte abbiamo Argylle – La super spia, andato incontro a un fiasco al botteghino pochi mesi fa, e The Fall Guy, dal tiepido riscontro commerciale; dall’altra abbiamo i successi conclamati dell’ibrido di generi Everything Everywhere All at Once (addirittura vincitore di 7 Oscar) e di Bullet Train e The Lost City. Ed è proprio a quest’ultimo film, con Sandra Bullock e Channing Tatum formidabili protagonisti, che sembra guardare Freelance, ultima fatica di Pierre Morel distribuita in Italia direttamente su Prime Video.

    Come in The Lost City, abbiamo infatti una location esotica al servizio di una stramba coppia formata da un uomo tanto imponente fisicamente quanto fragile psicologicamente (in questo caso John Cena) e da una donna ben più risolta ma alle prese con una crisi improvvisa, interpretata da un’attrice avvenente e dalle notevoli abilità comiche (Alison Brie, memorabile protagonista di Community e GLOW). Entrambe le opere cercano inoltre di sovvertire le più logore convenzioni di questo filone, invertendo i rapporti di forza fra l’uomo e la donna a cui il cinema action machista ci ha abituato. Un canovaccio dalle buone potenzialità, che Freelance spreca però malamente, principalmente a causa della sbiadita sceneggiatura di Jacob Lentz, che non riesce mai a trovare la giusta commistione fra azione, commedia e sentimentalismo.

    Freelance: John Cena non riesce a salvare un’incolore commedia action

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    Al centro della vicenda c’è Mason Pettits (John Cena), studente di legge che in cerca di emozioni e avventure si arruola nell’esercito. Durante una missione volta ad assassinare il dittatore del fittizio stato sudamericano della Paldonia Juan Venegas (Juan Pablo Raba), l’uomo si procura però un grave infortunio, che lo costringe al ritiro e a una per lui insoddisfacente vita ordinaria. L’esistenza di Mason viene però nuovamente sconvolta quando il suo vecchio amico Sebastian Earle (Christian Slater) lo ingaggia per proteggere la giornalista Claire Wellington (Alison Brie), intenzionata a risollevare la sua carriera con un’intervista a Juan Venegas in Paldonia. I tre sono quindi costretti a convivere e a confrontarsi, fra tensioni, imprevisti e colpi di scena.

    Già con Peppermint – L’angelo della vendetta, Pierre Morel aveva mostrato difficoltà a seguire l’evoluzione dell’action contemporaneo, ormai ben lontano dai suoi primi contributi al genere, ovvero Banlieue 13, Io vi troverò e From Paris with Love. Come avvenuto per il film con protagonista Jennifer Garner, anche in Freelance si ha la sensazione di essere di fronte a un racconto fuori tempo massimo, che cerca maldestramente di adeguarsi alle tendenze moderne pur con uno spirito che rimanda alle escursioni comiche di Arnold Schwarzenegger a cavallo fra anni ’80 e ’90. Il tutto accompagnato da un villain bidimensionale e macchiettistico e dalla scarsa alchimia fra i due protagonisti, capace di affossare anche l’ottima vis comica recentemente da John Cena.

    Anche se il regista compie l’azzeccata scelta di evitare le più scontate declinazioni sentimentali, Freelance non riesce mai a trovare una propria dimensione, fallendo sia nell’approfondimento delle fragilità dei personaggi, sia quando punta sulla commedia, al punto che l’unica battuta degna di nota è una prevedibilissima allusione sessuale scaturita dal cognome del protagonista.

    Un pasticcio insapore

    La componente prettamente action non migliora di certo le cose: la messa in scena è caotica e raffazzonata, gli scontri fisici e a fuoco si accontentano del minimo sindacale, le location colombiane non sono per niente valorizzate. I miseri 10 milioni di dollari incassati in sala, a fronte di un budget di 40 milioni, sono la naturale conseguenza di un pasticcio insapore e anche un po’ ingenuo, che si trascina per poco meno di 2 ore senza una valida idea di cinema e privo di una storia da raccontare.

    Freelance è disponibile nel catalogo di Prime Video.

    Dove vedere Freelance in streaming

    Al momento non disponibile su nessuna piattaforma.
    Overall
    4/10

    Valutazione

    Pierre Morel firma una action comedy insapore e ingenua, che non trova mai la propria dimensione.

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