RUSKIN, John in "Enciclopedia Italiana" - Treccani - Treccani

RUSKIN, John

Enciclopedia Italiana (1936)

RUSKIN, John

Mario Praz

Critico d'arte e riformatore sociale, nato a Londra l'8 febbraio 1819, morto a Brantwood (Lake District) il 20 gennaio 1900. Di genitori scozzesi (erano cugini), trovò nella propria famiglia un ambiente favorevole allo sviluppo del suo genio: il padre, fondatore d'una prospera azienda vinicola, aveva spiccato gusto per i classici inglesi e per la pittura; la madre, benché rigida puritana, accanto allo studio della Bibbia coltivò in R. le tendenze alla musica, al disegno, all'osservazione naturale. Delle proprie tendenze letterarie e artistiche il R. diede segni precoci: a quattro anni sapeva scrivere lettere spigliate, a sette cominciò un'opera illustrata in quattro volumi, a nove Eudosia, a poem of the Universe, e molti scartafacci doveva riempire, negli anni seguenti, di versi, drammi, ballate, a imitazione di Pope, Byron, Scott e Shelley. I genitori circondarono d'infinite precauzioni l'educazione del R. (che ha descritto questi anni giovanili nelle belle pagine di Praeterita, l'ultima sua opera, uno dei più notevoli libri di "confessioni" che siano mai apparsi in ogni letteratura): nulla fu trascurato, esercizî fisici, disciplina morale, viaggi (a sei anni fu condotto a Parigi e Bruxelles, a quattordici in Fiandra, sul Reno e in Svizzera), lezioni private, per allenare il fanciullo prodigio all'alta missione a cui pareva destinato. Nel marzo 1834 il Magazine of Natural History accolse la sua prima pubblicazione, un saggio sugli strati delle montagne e sul colore del Reno; nel 1837 l'Architectural Magazine cominciò a pubblicare una serie di suoi articoli, con lo pseudonimo Kata Phusin ("secondo natura"), su The Poetry of Architecture, articoli che con eloquenza byroniana echeggiavano le idee dell'apostolo del neogotico, A. W. Pugin. La sua giovinezza assiduamente sorvegliata e protetta (al punto che, quando fu mandato a studiare all'università di Oxford, in qualità di gentleman-commoner di Christchurch, la madre lo seguì) fu turbata da una sola crisi, l'amore non corrisposto per Adele Domecq, la figlia del socio del padre: scosso nella salute, il R. per due anni interruppe gli studî e viaggiò nel Continente, concludendo solo nel 1842 la carriera universitaria il cui unico episodio brillante fu il conseguimento del Newdigate Prize col poema Salsette and Elephanta (giugno 1839). Dalle due circostanze che, a prima vista, parrebbero non favorevoli a un'educazione artistica, l'isolamento e il puritanismo, il R. derivò non poco beneficio: il primo lo salvò dall'influsso livellatore della public school e gli serbò quella verginità di visione ch'egli doveva più tardi applicare al campo economico; il secondo represse la sicumera che l'eccessiva adorazione dei genitori tendeva a infondergli.

Nel maggio 1843 apparve il primo volume di Modern Painters, in cui il R. conservava l'anonimo ("by a Graduate of Oxford"): calda difesa dell'arte di J. M. V. Turner che provocò violenta reazione nella critica e sconcertò lo stesso pittore; il secondo volume fu scritto parte in Italia e apparve nel 1846. In Italia il R. studiò le scuole toscana e veneziana, preparando quella campagna per l'apprezzamento dei "primitivi" di cui doveva essere il più celebre pioniere, e l'architettura e la scultura delle città italiane del nord.

In The Seven Lamps of Architecture (1849) il R. dava eloquente espressione a un gusto che si era andato formando in Inghilterra per un decennio, i cui principi erano già stati formulati dal Pugin e dalla Camden Society di Cambridge: primo fra tutti, che condizione dell'arte bella era la virtuosa disposizione dell'artefice, e che l'unica via per creare bellezza era l'imitazione della natura. Ma a codesti principî il R. giungeva indipendentemente, anzi si dissociava, per l'intransigenza protestante, dalle contemporanee correnti neo-gotiche, sospette di "papismo". Furono appunto gli attacchi contro la chiesa cattolica, che ricorrono qua e là tra le entusiastiche descrizioni dell'architettura gotica italiana, che conferirono tanta autorità a The Stones of Venice, il cui primo volume fu pubblicato nel 1851, così da fare apparire il suo autore come il promotore della Rinascenza gotica. L'ammirazione del R. pel gotico veneziano lo condusse a vincere la ripugnanza che dapprincipio (nella prima edizione delle Seven Lamps) aveva manifestata per il neo-gotico, e gli fece propugnare l'adozione del gotico nell'architettura civile e domestica. Non del gotico italiano, ma del gotico inglese, del periodo "decorato"; tuttavia l'eloquente lode degli edifici veneziani, accompagnata da facsimili di disegni proprî e di altri artisti, spesso di squisita fattura, ebbe l'inevitabile conseguenza di provocare quelle grossolane imitazioni di edifici gotici italiani policromi (specialmente a bande gialle e rosse) che costituiscono una delle più tipiche e sgradevoli manifestazioni dell'età vittoriana. Più tardi il R. tentò di declinare la responsabilità di tali brutture, sebbene l'unico edificio alla cui costruzione egli abbia collaborato, l'Oxford Museum, sia uno dei più deplorevoli esempi di neo-gotico veneziano. L'Oxford Museum (1854-58) doveva essere l'incarnazione dei principî enunciati in un famoso capitolo di The Stones of Venice, "The Nature of Gothic", che, ristampato in opuscolo popolare, ebbe grande influenza su William Morris; quel capitolo e quell'edifizio segnano invero il punto di confluenza dell'estetica ruskiniana con quella preraffaellita (v. preraffaellismo), poiché per la decorazione del Museum il R. desiderava proprio l'opera di D. G. Rossetti e dei compagni.

Nello stesso anno della pubblicazione del primo volume di The Stones of Venice, il R. dava alle stampe un saggio sul Pre-Raphaelitism che segnò una data importante nella fortuna di quel movimento. Nel 1853 (in cui The Stones of Venice fu completata), il R. cominciava a diffondere le sue vedute in una lunga serie di conferenze, a Edimburgo, Manchester, ecc.; col 1860, data del quinto e ultimo volume di Modern Painters, s'iniziava un nuovo periodo della sua attività. Lo studio dei meriti dell'architettura gotica aveva condotto il R. a meditare sulle virtù degli uomini che l'avevano creata, così che da critico estetico egli venne a mutarsi in critico della società.

Gli ultimi quarant'anni della sua operosa vita furono dedicati a esporre le sue teorie su problemi sociali e industriali, sulla morale, la religione, l'educazione; in quelle teorie l'arte figura come un mezzo per innalzare il tono della vita spirituale. La sua campagna contro l'utilitarismo degli economisti e i mali della civiltà industriale, e in favore di un ritorno a un lavoro illuminato da religiosità di propositi e da gioia creativa, quale era a suo modo di vedere quello degli artieri medievali (onde il suo disprezzo per il Rinascimento, artificiale e irreligioso prodotto d'un'imitazione del paganesimo), si concretò in una quantità di conferenze, lettere, articoli, opuscoli.

La pubblicazione di alcuni di questi in periodici dovette essere sospesa per il tono che parve rivoluzionario: tale fu il caso dei saggi che furono poi raccolti in volume coi titoli Unto this Last (1862) e Munera Pulveris. La più completa esposizione delle idee del R. sulla società futura, è contenuta nelle venticinque lettere a un operaio raccolte in Time and Tide (1807); ma dei suoi saggi sociali il più popolare rimase Sesame and Lilies (1868) che nel 1871 fu pubblicato come primo volume della raccolta delle sue opere.

Dopo una sfortunata esperienza coniugale (1848-1854), chiusa con l'annullamento del matrimonio (la moglie, Euphemia C. Gray, donna di grande avvenenza, passò poi a nuove nozze col pittore John Everett Millais), il R. tornò a vivere cob i genitori; nel 1864 il padre moriva lasciandogli una vasta fortuna. La disavventura coniugale non ebbe serie conseguenze per la carriera del R. che nel 1869 venne eletto Slade Professor of Art presso l'Università di Oxford, posto a cui dedicò gran parte della sua attività fino al 1884. Nel 1871, dopo la morte della madre, il R. acquistò una tenuta a Brantwood sul lago di Coniston che rimase la sua principale residenza fino alla morte.

L'apostolato sociale del R. non si limitò agli scritti polemici, tra cui notevolissima la serie di pensieri, saggi, e veri e proprî sermoni laici, spesso ravvivata da tratti arguti e da invettive, che col titolo Fors Clavigena fu pubblicata ad uso degli operai tra il 1871 e il 1884 ma presto passò al campo pratico, sovvezionando case operaie modello, cooperative (la St George's Guild), i musei, impiegando i discepoli in costruzioni stradali. In codesto apostolato il R. profuse il suo cospicuo patrimonio, e dal 1887 in poi visse solo del provento, assai rilevante, della vendita dei proprî volumi, persuaso dell'immoralità del ricavare interesse dall'impiego del capitale. Gli ultimi anni, funestati da ricorrenti attacchi d'infiammazione cerebrale, furono dedicati, nel romitaggio di Brantwood, alla stesura dei suoi ricordi autobiografici, Praeterita.

Sarebbe opera vana cercare coerenza negli scritti di critica d'arte del R.; egli stesso soleva dire di sentirsi vicino alla verità allorché s'era contraddetto tre volte. Il carattere più vistoso di quegli scritti è il tono etico, l'insistenza sulla verità, la natura, la purezza, la serietà come fondamenti d'ogni creazione artistica. Codeste vedute rivoluzionarono l'estetica non solo inglese, ma europea, introducendo quello che in seguito è stato riconosciuto come un pregiudizio etico. Ma il suo grande merito è d'avere investito questo pregiudizio del profondo calore d'una sensibilità nativa, ed è questa sensibilitài che trovava magistrale espressione in uno stile solenne e adorno, che indusse i contemporanei a un più sottile apprezzamento delle 0pere d'arte, al di là d'ogni dottrina e teoria. Quella sensibilità trionfò in R. su ogni astrazione, e allargò gli orizzonti del gusto: ad essa é dovuta la rivalutazione della grande arte prerinascimentale, di cui si può dire che egli "scoprisse" insigni monumenti in Italia (accanto a The Stones of Venice vanno ricordati i popolarissimi Mornings in Florence, che sono tutto un inno all'arte di Giotto).

Nel campo sociale, la parte negativa dell'insegnamento del R. si rivelò, almeno ai suoi tempi, più efficace della positiva; ma se i suoi esperimenti pratici non furono coronati da successo, e se le sue teorie hanno spesso sapore utopistico, e sono basate su evidenti errori, non si può negare la penetrazione delle sue critiche alla civiltà industriale, e la sua divinazione delle eterne sorgenti della felicità collettiva. La purezza e la lucidità dello stile conferiscono anche alle pagine di questa categoria dei suoi scritti un indiscutibile valore letterario.

Ediz. completa: Works, a cura di E. T. Cook e A. Wedderburn, in 39 volumi, Londra 1903-12 (con bibliografia). Traduz. ital.: Elementi del disegno, a cura di E. Nicolello, Torino 1898; ristampa, 1924; Venezia (St. Mark's Rest), a cura di M. Pezzè Pascolato, Firenze 1901; rist., 1925; Sesamo e gigli, a cura di D. Prunetti, Milano 1907; La poesia dell'architettura, a cura di D. Prunetti, ivi 1909; Mattinate fiorentine, a cura di D. H. Giglioli, Firenze 1908; rist:, 1925; Le pietre di Venezia, a cura di A. Tomei, Roma 1910; ibidem, a cura di A. Guidetti, Torino 1932; La corona d'olivo selvatico, a cura di A. Bancotti, ivi 1923; Il pensiero di R., pagine scelte e tradotte da E. Setti, Lanciano 1915.

Bibl., biogr. e critica: W. G. Collingwood, The Life and Work of J. R., Londra 1893; A. Williams-Ellis, The Tragedy of J. R., ivi 1928; id., J. R., New York 1933; H. Ladd, The Victorian Morality of Art: An Analysis of R'.s Esthetic, ivi 1932; id., J. R., Londra 1932; R. H. Wilenski, J. R., ivi 1933; K. Clark, The Gothic Revival, ivi 1928 (capitolo su R.): R. de la Sizeranne, R. et la religion de la bauté, Parigi 1897; A. Chevrillon, La pensée de R., ivi 1909; J. Bardoux, J. R., poète, artiste, apôtre, ivi 1931; H. Gally, R. et l'esthétique intuitive, ivi 1933: A. Maurois, R., in Études anglaises, ivi 1927; id., Proust et R., in Essays and Studies by Members of the English Association, XVII, Oxford 1932; F. Olivero, R. e Dante, in Giorn. dantesco, 1925 e in Studî su poeti e prosatori ingl., Torino 1925; E. M. Braem, Die italienische Renaissance in dem englischen Geistes leben des 19. Jahrh., im besonders bei J. R., ecc., Zurigo 1932.

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