«La cerimonia di laurea cancellata alla Columbia per l'incapacità di gestire la situazione» | Corriere.it

«La cerimonia di laurea cancellata alla Columbia per l'incapacità di gestire la situazione»

diMarco Tedesco, docente alla Columbia University

Mentre le celebrazioni sono state trasferite, in formato ridotto, nello stadio di calcio dell'ateneo, nel campus la vita sta tornando lentamente alla normalità. Il docente dell'università Marco Tedesco si chiede se un approccio diverso della presidente Shafik avrebbe evitato il «focolaio»?

NEW YORK, NEW YORK - MAY 10: Students from the Columbia School of Professional Studies await the start of their graduation ceremony at the Baker Athletics Complex on May 10, 2024 in New York City. Columbia University is holding several smaller commencement ceremonies for its students after cancelling their main ceremony on the South Lawn of the Morningside Heights campus after several weeks of protest with students setting up an encampment in solidarity with Palestinians in Gaza.   Michael M. Santiago/Getty Images/AFP (Photo by Michael M. Santiago / GETTY IMAGES NORTH AMERICA / Getty Images via AFP)

La cerimonia spostata nello stadio di calcio della Columbia (foto Getty)

«Questa cerimonia non s’ha da fare», avrà pensato la presidentessa della Columbia — Nemat Shafik, o «Minouche» come preferisce essere chiamata — mentre finalizzava i piani per la cancellazione della cerimonia di laurea tanto attesa e che era stata la promessa alla quale si era aggrappata per giustificare il (violento) uso delle forze di polizia per sgomberare gli studenti che occupavano il campus della Columbia. Anche se Minouche giustifica il gesto per motivi — plausibili per carità — di sicurezza c’è da chiedersi chi avrebbe ascoltato il suo discorso e cosa poteva dire che avrebbe cancellato l’eco delle sue azioni? Chi avrebbe provato empatia per lei e chi le avrebbe stretto la mano? 

In un video rilasciato di recente, Minouche ha citato la sicurezza degli studenti come motivo principale della cancellazione dell’evento, di fatto usando le occupazioni come capro espiatorio. In realtà, il vero motivo è stato la sua incapacità di gestire la questione sia internamente — con studenti e professori da un lato e il Consiglio d’Amministrazione (il vero potere della Columbia) dall’altro — che esternamente — subendo le pressioni del Congresso Americano e dei grandi finanziatori che minacciavano di tagliare i fondi. 

Minouche ha continuato ad alienarsi gli studenti e i professori dopo che questi ultimi hanno saputo della cancellazione dell’evento dai giornali e non da una dovuta comunicazione di servizio. Nel frattempo, il Senato accademico ha deciso di non procedere con una mozione di sfiducia nei confronti di Minouche, anche per non indebolire l’università di fronte a potenziali attacchi esterni, ma ha votato una mozione che chiede l’immediata terminazione di tutti i procedimenti nei confronti degli studenti arrestati fino a quando le violazioni di Minouche e dell’Amministrazione occorse nei mesi passati non saranno chiarite. 

La mozione nasce da un gruppo di studenti della Law School (Scuola di Giurisprudenza), i quali hanno fornito in dettaglio tutte le violazioni di Minouche e dei suoi fedelissimi dal suo insediamento. Tra queste, appunto, il trasferimento dei poteri giudiziari dal Senato all’ufficio del Presidente per quel che riguarda le manifestazioni sul campus, senza l’approvazione ufficiale e l’uso dei canali appropriati. Con la nuova legge, l’Amministrazione della Columbia aveva dissolto due associazioni studentesche in favore alla Palestina, lasciando sgomenti. Insomma, il fuoco che ha portato ben 300 poliziotti a fare irruzione con granate al fosforo, pallottole di gomma, lacrimogeni e a sparare un colpo con una pistola la notte del 30 Aprile non è nato il giorno dell’occupazione ma nasce da tempo, ritratto di un’amministrazione che non si è mai aperta al dialogo con gli studenti. L’atteggiamento di distanza preso d Minouche nei confronti di professori e studenti continua a creare tensioni tra il corpo docenti e i vertici dell’università. 

Si pensi, per esempio, che la prima volta che Minouche ha chiamato la polizia per sgomberare il primo campo (pacifico), lo ha fatto da Washingotn DC dopo la sua deposizione al Congresso e dopo una sbrigativa riunione via Zoom con i Presidi che le sconsigliavano quella mossa. Chissà come sarebbero andate le cose se avesse considerato il dialogo come opzione. Forse il focolaio della Columbia non sarebbe diventato il fuoco che avvolge molte università adesso. L’uso della forza è anche stato giustificato da due recenti episodi di antisemitismo alla Columbia. 

I responsabili furono subito identificati, ma nessuna azione disciplinare fu presa nei loro confronti, scatenando ancora di più la paura e insicurezza tra gli studenti. Nonostante la cerimonia principale non si farà, i genitori venuti da tutto il mondo si stanno consolando con una serie di mini-cerimonie della durata di un’ora presso lo stadio di calcio della Columbia University, lontano dal rumore del campus principale, alternandosi come gli atleti delle sfilate dei diversi paesi durante le cerimonie di apertura dei giochi Olimpici.

Purtroppo le condizioni meteo non stanno aiutando gli studenti e genitori, con pioggia e vento che mettono la volontà di tutti ad un’ultima prova prima di coronare il meritatissimo sogno. Dopo gli ultimi spasmi post-occupazione di gruppi di studenti e professori fuori il campo della Columbia seguiti all’irruzione delle forze dell’ordine, la situazione sta lentamente tornando alla «normalità», con l’accesso al campus aperto a tutti coloro che hanno un badge. La polizia, su richiesta di Minouche, continua a presidiare il campus fino al 17 Maggio — creando scontento tra la popolazione locale e i professori per una vera e propria militarizzazione. 

Gli studenti si muovono veloci tra un saluto con gli amici e le grandi scatole piene degli oggetti delle stanze del dormitorio che hanno appena lasciato. Quelli che facevano parte dell’occupazione si muovono in silenzio. Non si vedono più kefiah. Alcuni aspettano di essere espulsi, altri lo sono stati senza motivo, secondo la nuova legge imposta da Minouche pochi mesi fa. In preparazione della cerimonia alternativa, chiamata la «Ceromonia del Popolo», studenti e professori si sono incontrati per celebrare i diplomi di laurea sulla Great Hill di Central Park

La «Cerimonia del Popolo» avverrà il 16 Maggio e vedrà centinaia di persone incontrarsi alla Cattedrale di San Giovanni il Divino, a pochi passi dalla Columbia. A proposito di studenti: poche sere fa ho ospitato — su invito di un collega che è in contatto con diversi studenti traumatizzati e privati dei servizi base a causa della chiusura forzata del campus imposta da Minouche — diversi studenti che erano al campo tenda a cena a casa mia. Tra questi vi erano diverse studentesse del Barnard College, come mia figlia, al massimo di diciannove anni, la cui voce tremava e i cui occhi si riempivano di lacrime mentre condividevano le storie dell’arrivo violento della polizia. 

Mentre li guardavo pensavo a come non importi per loro da quale paese vengano, quale lingua parlino o cosa vorranno fare da «grandi». Ciò che li accomuna è la volontà di sacrificare il loro futuro, di rischiare le cose a cui tengono per qualcosa che il mondo «adulto» continua a ignorare e che continua a fomentare la morte di civili innocenti. L’unica violenza a cui ho assistito nei miei giorni al campus durante l’occupazione è stata quella morale, emotiva e fisica che ha generato l’uso indiscriminato delle forze dell’ordine, la totale assenza del dialogo con gli studenti e l’abuso di potere dell’amministrazione. 

Gli studenti fanno paura perché sono veri, espongono il nervo della nostra ipocrisia e lo colpiscono, trasformando un fastidio temporaneo tra un tweet e l’altro in un dolore cronico sociale che non possiamo ignorare ma che ci spinge a prendere una posizione. Gli studenti che hanno manifestato sanno che ciò che è accaduto il 7 Ottobre è orribile e sbagliato ma non accettano di essere partecipi di un’Università che investe in quelle compagnie in Israele che sono partecipi della morte di civili innocenti, nel conflitto con il numero più alto di morti al giorno degli ultimi anni (circa 250 rispetto ai 96 deal confitto in Siria e 24 della guerra in Afghanistan). 

Forse quando pensiamo agli gli studenti della Columbia — e del resto del mondo — possiamo ricordarci della frase pronunciata da Elie Wiesel, sopravvissuto all’Olocausto, durante la cerimonia di premiazione del premio Nobel assegnatogli per la Pace nel 1986: «Agire è il solo rimedio all’indifferenza: il più’ insidioso pericolo di tutti».

15 maggio 2024