Alain Delon affetto da linfoma, che cos'è - la Repubblica

Alain Delon affetto da linfoma, che cos'è

Alain Delon affetto da linfoma, che cos'è
L'iconico attore francese sarebbe affetto da una forma di linfoma "a lenta evoluzione". Gli esperti spiegano questo tipo di tumori del sangue
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La notizia che sta rimbalzando sui media riguarda l’attore francese Alain Delon, che secondo quanto viene riportato avrebbe un “linfoma ad evoluzione lenta” e avrebbe espresso il desiderio di ricorrere all’eutanasia. Ovviamente nulla può essere detto sul caso specifico, di cui non si hanno informazioni verificate da parte dei medici che lo hanno in cura: non sono certe né la forma di linfoma di cui sarebbe affetto, né le terapie seguite, né le condizioni di salute generale di Delon, che nel 2019 aveva già avuto un ictus. Abbiamo quindi chiesto agli esperti dell’IRST ‘Dino Amadori’ IRCCS di Meldola di spiegare in linea generale cos’è questo tumore del sangue, quanti tipi ne esistono e come oggi vengono curati.

Cosa sono i linfomi “a evoluzione lenta”

I linfomi sono tumori del sangue causati dalla crescita non controllata di una cellula del sistema immunitario, chiamata linfocita, e di solito si sviluppano nei linfonodi o in organi linfatici, come la milza. Si dividono in due grandi gruppi: linfomi di Hodgkin (dal nome del medico che per primo li ha descritti) e linfomi non Hodgkin. Questi ultimi, a loro volta, possono essere distinti in tumori “aggressivi” e “indolenti”, come potrebbe essere quello che avrebbe colpito Delon e che si manifestano normalmente in età avanzata. “In realtà questa suddivisione sulla base dell’aggressività è molto grossolana - spiega a Oncoline Gerardo Musuraca, direttore della Struttura Semplice di Ematologia e Trapianti dell'IRCCS IRST Dino Amadori di Meldola - Si tratta di tumori che evolvono molto lentamente e hanno un decorso clinico caratterizzato da remissioni e recidive. Tra questi troviamo il linfoma follicolare - che è il più frequente -, il linfoma della zona marginale, il linfoma a piccoli linfociti (o linfocitico) e il linfoma linfoplasmocitico (o malattia di Waldenstrom). In passato veniva considerato indolente anche il linfoma mantellare, che in realtà può avere sia caratteristiche indolenti sia aggressive”. 

I sintomi dei linfomi indolenti

Proprio perché questi linfomi hanno una crescita molto lenta e spesso non danno sintomi, nella maggior parte dei casi non vengono diagnosticati finché non raggiungono grandi dimensioni. Il segno più tipico è l’ingrossamento di uno o più linfonodi, di cui però ci si rende conto solo se avviene a livello superficiale. Se invece si trova in profondità, spiega Musuraca, per esempio nell’addome, il linfonodo può continuare a crescere per anni, fino a raggiungere anche dimensioni considerevoli, di 10-20 centimetri. “In questi casi il linfoma viene di norma scoperto per caso attraverso un esame di controllo, motivo per cui può essere utile fare ogni anno un’ecografia dell’addome - prosegue Musuraca -. Oppure può comparire un sintomo clinico quando il linfonodo comprime un vaso sanguigno o le vie biliari, per cui si può avere il gonfiore di un arto o l’ittero, per esempio. Un altro sintomo può essere l’ingrossamento della milza, più frequente soprattutto nel linfoma marginale, che in questo caso prende il nome di ‘splenico’. Gli esami del sangue, invece, raramente possono rivelare la malattia: succede nel linfoma linfoplasmocitico, dove c’è una produzione esagerata dell’anticorpo IGM”.  

I trattamenti

In genere, questo tipo di linfomi indolenti vanno facilmente in remissione completa, ma hanno anche la tendenza a recidivare in continuazione, e sono quindi molto difficili da guarire in modo definitivo. Molto dipende dal tipo di linfoma, dall’estensione e dalle condizioni del paziente, ma la sopravvivenza dal momento della diagnosi può arrivare anche a 15-20 anni. “Parliamo quindi di lungo-sopravviventi, e negli ultimi anni sono arrivate nuove terapie che stanno puntando sia al prolungamento ulteriore del periodo di remissione sia alla guarigione definitiva - riprende l’ematologo -. In prima linea vengono impiegate delle combinazioni di immunoterapie e chemioterapie, mentre si stanno avvicinando delle terapie sperimentali per la seconda linea. C’è molto fermento, soprattutto per quanto riguarda l’immunoterapia. Per il linfoma follicolare, inoltre, di recente in Italia sono state approvate per la terza linea di trattamento due terapie cellulari: una terapia CAR-T e un anticorpo bispecifico, che sembrano poter portare in remissione completa per periodo di tempo molto lungo anche i pazienti che hanno alle spalle molte recidive”. 

Le nuove terapie sono ben tollerate anche dai pazienti anziani, ma va anche detto che non sempre sono necessari dei trattamenti immediati: “Bisogna valutare sempre caso per caso - aggiunge Giovanni Martinelli, Direttore scientifico dell’IRST - In alcuni pazienti l’approccio migliore è quello “watch and wait”, ossia guarda e aspetta, e ci sono serie di schemi adattate per il grande anziano”. Ci sono poi casi in cui i linfomi indolenti si trasformano in aggressivi, ma questo implica un cambiamento completo della loro natura e, di conseguenza, un trattamento diverso. 

Conoscere il profilo molecolare del tumore

Dalla cronaca, non è chiaro se Alain Delon, che oggi ha 88 anni, abbia fatto una terapia sperimentale o se stia facendo ora una cura palliativa. “Parlando sempre in generale - visto che non conosciamo nulla della storia clinica dell’attore - possiamo dire che oggi riusciamo a trattare bene i tumori ematologici anche in pazienti di oltre 90 anni e con elevate probabilità di riuscita - dice Claudio Cerchione, Dirigente medico ricercatore della Divisione di Ematologia - Fondamentale è effettuare sempre una corretta stadiazione attraverso tecniche di imaging, considerando che i tumori del sangue e degli organi linfoidi sono sistemici per definizione, quindi non esiste il concetto di metastasi. Inoltre - conclude - è sempre più importante la caratterizzazione genetico-molecolare della malattia, da cui dipende la scelta del trattamento”.