Titolo originale: Dawn of the dead
Regia: Zach Snyder
Sceneggiatura: George A. Romero, James Gunn
Cast: Sarah Polley, Ving Rhames, Michael Kelly, Jake Weber
Musiche: Tyler Bates
Produzione: USA 2004
Genere: Zombie movie
Durata: 97 minuti
Regia:
Interpretazione:
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Giudizio:
Trama
Alle prime luci dell’alba, il mondo si scopre infestato da migliaia di zombies che seminano distruzione a causa di una strana epidemia contagiosa. Un gruppo di sopravvissuti si barrica dentro un centro commerciale cercando di resistere all’assalto in massa dei non morti.
Recensione
La saga di Romero è di quelle che ha fatto storia ridelineando i caratteri di un genere, l’horror, da anni bistrattato da pubblico e critica per i suoi presunti limiti stilistico-interpretativi. Tutto inizia con La notte dei morti viventi (1968), prosegue con Zombi (1978) e Il giorno dello zombi (1985), e culmina con La terra dei morti viventi (2005).
Quello di Zach Snyder si configura come un chiaro remake della pellicola del ’78, unica, senza prequel nè sequel, essenziale nel crudo realismo che intende manifestare e con un messaggio forte (l’ennesimo) rivolto al capitalismo: un monito a non farsi indottrinare dall’estasi consumistica che appanna la ragione e acuisce gli istinti primordiali.
Snyder gioca sullo sconvolgimento immediato e l’improvvisazione costruita. Il prologo è memorabile, catapulta lo spettatore in un incubo da vivere nell’immedesimazione in sala, concependo una situazione dove l’alba costituisce il rintocco dell’Inferno che chiude le porte ai dannati costringendoli a vagare sulla Terra in cerca di vittime.
La visione mistico-cristiana si aggiunge al caos della fuga, riassunti nel fervore dei media relegati che esercitano il loro potere comunicativo attraverso gli schermi di televisori esposti nelle vetrine di negozi e supermercati. Snyder non innova, non partorisce idee più originali del maestro Romero, tuttavia la summa degli elementi registici e il ritmo infuso alla vicenda danno qualcosa in più in termini di movimento e caratterizzano maggiormente quel semplice ma claustrofobico sistema rappresentato dal centro commerciale.
L’interesse non viene suscitato dal terrore e dallo sgomento a se stanti, ma dalle dinamiche del gruppo, dal modo in cui i singoli pensano e dai subdoli tentativi di sopravvivere alimentando l’egoismo a scapito dell’agire collettivo. In quest’ambito la coesione c’è, sempre con un occhio all’alternativa personale da un punto di vista mirato alla preservazione di se stessi rispetto agli altri componenti della comunità appena formatasi. Il comportamento è dettato dalle differenze di classe, dai diversi atteggiamenti di fronte al pericolo che sottolineano l’eterogeneità umana scrutata e messa all’angolo.
Il parallelismo fra ambiente chiuso ed esterno crea un’antitesi fra libertà e prigionia, fra pazzia sanguinaria e silente esasperazione, elementi tipici dell’horror e contestualizzati con dovizia in modo da fondersi con un preesistente drammatismo imperante. Snyder, sofista degli effetti speciali, anche qui non fa mancare spettacolarità e abbondanze splatter, di certo necessarie in un film che tratta di zombi molto vivaci (corrono veloce e saltano con estrema facilità, caratteristiche che in Romero non risultano presenti) e atrocità a essi legate.
Finale girato come una registrazione da cinepresa digitale a mano e per fortuna non scontato.
CINEFOCUS
Lo zombie nella storia del cinema: da Wiene a Snyder attraverso Romero
Curiosità
Tom Savini, fedele collaboratore di Romero, appare nel ruolo dello sceriffo Cahill