‘Criminal record’, Peter Capaldi: “Dopo Brexit voglio essere italiano. Quando ho ricevuto il passaporto mi sono commosso” - la Repubblica

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‘Criminal record’, Peter Capaldi: “Dopo Brexit voglio essere italiano. Quando ho ricevuto il passaporto mi sono commosso”

Dal 10 gennaio su Apple tv+ la serie poliziesca firmata da Jim Loach (figlio di Ken) con l’attore scozzese premio Oscar che nella lunga carriera ha spaziato da un film come ‘Paddington’ a ‘Suicide Squad’. Per attivare l'iscrizione alla newsletter The dreamers, dedicata al cinema e alle serie tv, clicca qui

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È stato il vicino impiccione di Paddington, il dodicesimo Doctor Who, il cattivo di Suicide Squad, ma anche protagonista di film in costume come Le relazioni pericolose e il David Copperfield di Armando Iannucci. L’attore scozzese Peter Capaldi, 65 anni, un Oscar per un cortometraggio da lui scritto e diretto nel 1995 e due Bafta, è protagonista insieme a Cush Jumbo (The Good Wife, The Good Fight) della serie poliziesca Criminal record (dal 10 gennaio su Apple tv+). Creato da Paul Rutman, lo show si inserisce nella tradizione delle coppie di detective (l’ultimo esempio felice la quarta stagione di True detective con Jodie Foster) ma con originalità. Daniel Hegerty è un detective di lungo corso, cinico e disincantato, nel suo passato ci sono delle ombre che potrebbero metterlo nei guai. Quando la sua strada si incrocia con quella del sergente June Lenker (Jumbo), donna, più giovane, nera, un profilo totalmente diverso dal suo i due poliziotti si troveranno su parti opposte della barricata.

Copyrighted Apple tv+

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Daniel Hegerty è un tipo tosto, un poliziotto che ha fatto carriera e ha tutte le intenzioni di proteggere la sua reputazione. Qual è stata la molla che l’ha attratta al personaggio?

"Mi interessava interpretare un personaggio con un passato di cui porta ancora i segni e dal quale è ancora perseguitato. Dal punto di vista dell’attore che lo interpreta è un personaggio che non rivela molto, ma ha una vita interiore molto piena, non avevo mai avuto un ruolo così. Solitamente ho portato in scena personaggi che non avevano paura a dire cosa pensavano e provavano, non avevo mai fatto un tipo con una maschera. È stata una bella sfida”.

Le serie poliziesche hanno una tradizione di coppie di detective ma il vostro show ha l’originalità di metterli su barricate opposte. Come avete lavorato con Cush Jumbo per creare questa coppia in opposizione?
"È stata un’idea molto giusta di Paul Rutman, sceneggiatore e produttore della serie, avere questi due personaggi che non diventano compagnoni o amici, sono su binari paralleli… Conosco Cush da parecchi anni, abbiamo dovuto fare attenzione per rimanere distanti, per non darci confidenza sul set. Abbiamo capito che non dovevamo fare prove, Cush è un’attrice straordinaria e sapevo che avrebbe portato verità e improvvisazione alla scena. Era importante che lo scoprissimo mentre la macchina da presa girava. Forse in tutta la serie c’è una gag fra loro, un unico sorriso: sono avversari. E lui è in attesa, cammina nell’ombra e sa che prima o poi qualcuno verrà a cercarlo. E in qualche modo è anche un sollievo per lui quando capisce che sarà lei”.

Sono anime molto diverse della polizia. Secondo lei cosa rappresentano?
“Credo che siano fatti della stessa materia ma hanno età diverse, vengono da mondi diversi. Il personaggio di June è una che corre in soccorso alle persone anche a costo di mettersi in pericolo e lo fa con passione e serietà. È diventata una detective per aiutare la gente e questa volontà è ancora molto viva in lei, Hegerty probabilmente ha iniziato così ma gli anni trascorsi e quello che ha vissuto lo hanno reso quello che è… forse c’è ancora qualcosa di quello spirito in lui, il desiderio di fare la cosa giusta, ma la vita lo ha picchiato duro e lui per sopravvivere è finito a fare dei compromessi e ha perso la sua anima”.

Il regista della serie è Jim Loach. In Italia è famoso il lavoro del padre ma Jim Loach è piuttosto conosciuto nella tv inglese.
“Conosco Jim da parecchi anni, ha lavorato tanto qui in televisione. È un regista con grande esperienza ed è stato in gamba sul set, la nostra era una serie dove c’era già una visione perché il progetto era già molto avanti e quindi ci occorreva un regista che fosse intelligente e collaborativo e Jim è stato perfetto. E poi ha condiviso il compito con Shaun James Grant che è un giovane regista. Siamo stati fortunatissimi”.

Ha lavorato anche nella sceneggiatura di questa serie e nella sua filmografia c’è un cortometraggio vincitore di un Oscar che lei ha scritto e diretto trent’anni fa. Poi cosa è accaduto?
“Ho fatto quel film perché ero interessato nella produzione cinematografica ma una cosa che contraddistingue molto il nostro settore è che è più facile per gli altri se tu fai e sei una cosa sola. Ho realizzato quel cortometraggio perché volevo vedere cosa significava giocare un ruolo dietro la macchina da presa e mi è piaciuto molto. Ho fatto anche qualcos’altro ma sicuramente di meno successo e poi ho realizzato che mi portava via così tanto tempo. Come attore arrivi sul set, fai la tua parte… sei impegnato due o tre mesi, se sei il regista ci devi stare dietro un anno. E hai così tanti problemi da affrontare che sinceramente ho preferito fare l’attore, imparare le mie battute, andare sul set e avere qualcuno che ti chiede: ‘vuoi una tazza di caffè?’”.

Lei ha origini italiane, qual è il suo rapporto con quella parte della famiglia?
"La mia famiglia viene da Picinisco, vicino a Monte Cassino, ci sono stato alcune volte anche se credo di non avere più parenti ormai. Mio “nonno” (in italiano) era un pastore, non viveva neppure in paese ma fuori, fu lui ad emigrare prima negli Stati Uniti, poi in Inghilterra del nord dove aveva dei parenti e infine a Glasgow. Mio padre è ancora nato in Inghilterra… io ora però ho la cittadinanza italiana e ne sono molto fiero. Per fare richiesta ho fatto una ricerca di tutti i certificati di nascita della mia famiglia e così ho ritrovato l’atto di nascita di mio nonno a Picinisco. Ho fatto tutto questo per colpa della Brexit, quando ho ricevuto il mio passaporto della Repubblica italiana mi sono commosso”.

Suicide squad

Suicide squad

 

Nella sua carriera, anche in anni recenti, ha spaziato tra progetti diversissimi: è stato il vicino impiccione di Paddington, il dodicesimo Doctor Who, il cattivo di Suicide Squad, ma anche film in costume come Le relazioni pericolose e David Copperfield. Come sceglie un progetto?

“Scelgo film o serie che vedrei io per primo come spettatore e soprattutto progetti che coinvolgono persone con cui ho voglia di lavorare. Ho lavorato tanto con Armando Iannucci, lo adoro, abbiamo diverse cose in comune comprese le origini italiane, la sua famiglia è di Napoli ed è di Glasgow come me. Siamo cresciuti assieme, mi è piaciuto fare il suo David Copperfield perché mi piaceva la storia e sono stato felice di lavorare con lui. Tendo a lavorare con persone con cui ho già lavorato, faccio il possibile perché sul set ci sia una buona atmosfera, si lavori bene. Sento il privilegio di fare questo mestiere che è straordinario e mi piace sfidarmi cercando di fare qualcosa di diverso ogni volta”.

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Il suo Mr Curry di Paddington è un personaggio amatissimo, online c’è stata una rivolta quando è stato annunciato che non sarebbe tornato per il terzo capitolo.
“Quello che credo abbia reso questi film un successo è Paul King, il regista. Non si tratta solo di maestria tecnica, sono racconti sinceri, non sono storie fatte solo per fare soldi. Paul è uno vero appassionato di Paddington, un grande estimatore delle sue storie ed è stato bravo a tenere vivo quell’amore per 18 mesi, per il tempo che ci vuole per realizzare il film con tutti i problemi che possono nascere. Mi sono divertito a farli. Mi hanno detto che non sarei stato nel nuovo capitolo e io ho detto ‘ok va bene’, perché la storia va in un’altra direzione. Ma non posso spoilerare niente”.

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