Carlo d’Asburgo nella Contea dopo Caporetto, gioia di popolo e il rischio di Villesse • Il Goriziano
Carlo d’Asburgo nella Contea dopo Caporetto, gioia di popolo e il rischio di Villesse

Carlo d’Asburgo nella Contea dopo Caporetto, gioia di popolo e il rischio di Villesse

L'evento

Carlo d’Asburgo nella Contea dopo Caporetto, gioia di popolo e il rischio di Villesse

Di Ferruccio Tassin • Pubblicato il 19 Mar 2022
Copertina per Carlo d’Asburgo nella Contea dopo Caporetto, gioia di popolo e il rischio di Villesse

Ferruccio Tassin ci riporta ai giorni immediatamente successivi ai fatti bellici di Caporetto seguendo il percorso dell'Imperatore.

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A Villesse, dopo il ponte sul Torre, è in bella vista la ricostruita cappella votiva a ricordo di quando l’imperatore Carlo si salvò dall’annegamento.  La nostra gente “sentiva” gli Asburgo. Dopo il dramma di Caporetto, il ritorno dell’AU fu liberazione. Un po’ di cronaca.  La tara si ha da fare: sottile il confine fra cronaca e propaganda. La palese attenzione ai popoli emerge dal cattolico “L’Eco del Litorale”: parla della Kaiser Karl Platz a Tapogliano, precisa che, essendoci altre piazze con tale nome, “è l’unica scritta tedesca”, le altre “con scritta italiana, come si conviene alle nostre terre, fedeli alla dinastia, all’Austria e alla propria lingua”.

Dal giornale, dopo Caporetto: 29/10, “Gorizia e Monfalcone liberate…”; poi il 30, la progressione; è descritta Gorizia “leggiadra cittadina dell’Isonzo… spazzata dal nemico”. A Trieste gran festa e pontificale del vescovo Karlin. Giovedì I novembre, riunione “di vertice” per iniziare la ricostruzione di Gorizia; si narrano le nefandezze dagli Italiani in fuga. Movimento per l’ imperatore Carlo: in Istria (3/11), accolto dal vescovo di Parenzo e Pola Pederzolli “con parole traboccanti di gioia”. Prima di tornare a Trieste, distribuisce la sua colazione fra i contadini a Vranic; ovunque gente in delirio.

Al 6/11, il titolo “Le linee italiane sfondate” sul Tagliamento; l’articolista cita Dante (canto IX del Paradiso); coi camions riportano indietro i “friulani”. Il giorno dopo, “Una corsa attraverso il Friuli liberato”; commozione per la venuta dell’on. Bugatto. A Villa Vicentina, un Rigonat esclama: “Oh benedez che ses vignuz! Dio, ze che vi spietavin!”. L’ 8/11 l’Imperatore a Cormons: si riempie la piazza: autorità, gente, suore della Provvidenza e bambine con fiori freschi. Lui va a Rosa Mistica “dove ha pregato brevemente e con vera pietà cristiana”; di là, prosegue per Udine.

È dappertutto: a San Giorgio, Latisana, salutato dai soldati in un subisso di lingue e accolto da arciduchesse, crocerossine a San Giorgio di Nogaro. Poi a Cervignano; ad Aquileia il cronista nota che gli Italiani “non asportarono alcuna parte dei tesori artistici…” e mette in evidenza i ritrovamenti per gli scavi degli Italiani; precisa, “in base ai piani qui trovati”. Sottolinea la bellezza del Cristo morente in marmo realizzato durante l’occupazione italiana. Anche nella basilica il sovrano si raccoglie in preghiera “silenziosa”.

Le palme, fatte venire da San Remo per accogliere la duchessa d’Aosta, sono adoperate dai fanciulli e fanciulle per lui.
A Grado, popolazione in gaudio; un vecchio gli bacia il piede; le donne gli mostrano i figli; con una torpediniera rientra a Trieste; al molo, “alte grida di giubilo” lo accolsero. Il 10, col re dei Bulgari, va a Gorizia e Palmanova: messa in duomo. A Strassoldo e Cervignano, assiste al passaggio delle truppe, poi drammatico incidente al guado del Torre a Villesse, dove, con la sua macchina rischia di annegare. I giornali si scatenano: evidenza per l’altruismo del sovrano in quel frangente.

A Vienna la Camera dei Signori terrà una seduta straordinaria. “Te Deum” di ringraziamento in San Giusto a Trieste, presente l’Imperatrice, consoli degli stati alleati, rappresentanti delle società patriottiche di “tutte le nazionalità”. Vienna imbandierata per giubilo; “ufficio divino” in Santo Stefano, partecipazione della madre di Carlo, l’arciduchessa Maria Joseffa (suo confessore era mons. Luigi Faidutti). Consiglio dei Ministri in subbuglio…

Il 13, seduta dei deputati a Vienna; il presidente dott. Gross dichiara che, per il salvamento dell’Imperatore, “tutti i popoli della nostra patria hanno appreso questa notizia come un sollievo”, auspicando che sia segno favorevole “per l’ulteriore svolgimento dell’azione sì gloriosamente iniziata contro il nostro nemico ereditario, l’Italia” e il raggiungimento della pace. Triplice evviva finale! Tutti si congratulano per lo scampato pericolo. Da Guglielmina, regina d’Olanda, a mons. Faidutti, Capitano provinciale di Gorizia, ai Polacchi dei quali Carlo è diventato re.

Maria Joseffa si interessò all’erigenda chiesa del Sacro Cuore a Gorizia e a un sacello a Villesse, come ex voto.
Quanto tenesse l’Imperatore alle nostre terre, soprattutto ad Aquileia cristiana, emerge della visita con Guglielmo di Germania il 13/11.
Tappa lunga a Gorizia, con la illustrazione delle 12 battaglie dell’Isonzo su dal castello, poi i monarchi si recarono oltre Gradisca distrutta a Romans e Aquileia. Visita in cimitero e alla basilica; Carlo illustra i mosaici; a Guglielmo piacque il campanile di Popone. I due si separano: Carlo va a Grado; di lì, con una torpediniera a Trieste.

Come si può capire da questa breve scorreria fra notizie, l’interesse dell’Imperatore per le nostre terre non è rapsodico: ha fondamenta profonde e venature religiose. Il 9/12 1917, la notizia che il Cardinale arcivescovo di Vienna mons. Friedrich Gustav Piffl lancia un appello per “case del soldato” nelle città di guarnigione austriache “in memoria perenne e ringraziamento a Dio pel salvamento di S. M …dalle acque del torrente all’Isonzo” […ma si trattava del Torre]. L’Imperatore ha offerto 100.000 corone, altrettanto l’Imperatrice Zita.

Case del soldato con biblioteche, giornali, periodici, sale di musica, “di ricreazione, piazzali da giuoco, conferenze,d’istruzione diversa…insomma…ricreatori militari con tutto il conforto moderno”.  Conclude l’articolista che, come per l’attentato a Francesco Giuseppe (1853) era stata eretta la Votivkirche, così le “case del soldato” narreranno ai posteri che “S.M. il giovane Imperatore Carlo I, gloria dell’Impero e del mondo cattolico, fu salvato dal pericolo di annegamento nelle acque di una terra austriaca appena liberata dal nemico invasore nel tardo autunno 1917”.

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