Georg Elser: il lupo solitario che tentò di uccidere Adolf Hitler – Vanilla Magazine

Georg Elser: il lupo solitario che tentò di uccidere Adolf Hitler

L’attentato del 20 luglio 1944 nella “Tana del Lupo”, un complotto di alti ufficiali dell’esercito tedesco contro Hitler, è sicuramente il più noto tra i diversi tentativi di eliminare fisicamente il führer. E’ quello sempre ricordato sui libri di storia e un film di successo – “Operazione Valchiria” – lo ha portato sul grande schermo.

Non è altrettanto conosciuto quello del 1939, ideato e messo in atto da parte di un perfetto “signor Nessuno”, un umile falegname che a malapena aveva frequentato le scuole elementari: Georg Elser.

In linea del tutto teorica, l’intera Umanità avrebbe tratto molti più benefici se il Führer fosse morto nel ’39, rispetto a quelli che si potevano ottenere 5 anni dopo. Inoltre, a differenza dei cospiratori dell’Operazione Valchiria, il semplice Elser aveva da subito compreso, con grande lungimiranza, quali catastrofiche conseguenze avrebbe avuto il nazionalsocialismo per il suo Paese. Infine, l’umile falegname, agì da solo. Oggi lo definiremmo un “lupo solitario” che, diversamente dagli organizzatori dell’attentato alla “Tana del Lupo”, non faceva parte di una cospirazione su vasta scala, con centinaia di congiurati e spie.

Chi era Georg Elser?

Georg Elser nacque in una famiglia contadina dell’antica Svevia, nel sud della Germania. Nella depressa economia tedesca degli Anni ’20 svolse vari lavori, tra i quali si dimostrarono di particolare utilità, per l’attentato, quelli di carpentiere e falegname. Si iscrisse a un’organizzazione paramilitare del Partito Comunista, ma in realtà la sua opposizione al nazismo era dettata non solo da motivazioni politiche, ma anche da preoccupazioni sociali e religiose (era di fede protestante). Odiava le restrizioni alle libertà per i lavoratori e per i credenti, temeva (a ragione) che Hitler trascinasse il suo popolo in una nuova guerra con milioni di morti. La sua resistenza al Terzo Reich crebbe gradatamente: all’inizio si limitò al rifiuto di fare il saluto nazista, o di ascoltare alla radio gli sproloqui di Hitler. Negli ultimi mesi partecipò, con costanza, alle funzioni religiose e forse si assunse il ruolo di Angelo Vendicatore che agiva per conto di Dio.

Nel 1938, con la crisi dei Sudeti, realizzò che Hitler avrebbe fatto sprofondare la Germania in una nuova catastrofica guerra. Elser, l’umile e lungimirante falegname, aveva visto giusto, a differenza di tante persone molto più colte di lui. Si rese conto che non esisteva alternativa: occorreva

Uccidere Hitler e gli alti gerarchi nazisti in un colpo solo

Il suo piano, studiato nei minimi particolari, prevedeva tempi lunghi. Individuò il momento perfetto nella ricorrenza del fallito putsch di Monaco dell’8 novembre 1923. Ogni anno, sempre nella birreria Bürgerbräukeller, nella stessa data, per una durata di due ore circa, il führer teneva il suo roboante discorso. Così, nel 1938, Elser partecipò all’evento. Decise che la colonna alle spalle del palco di Hitler era il posto più indicato dove collocare l’ordigno; inoltre, notò che le misure di sicurezza non erano poi tanto accurate. Con precisione e metodo diede inizio al piano. Dodici mesi di meticolosa preparazione, durante i quali, in sostanza, troncò tutti i rapporti sociali con amici e amiche, parenti e conoscenti, per non concedersi distrazioni dal progetto e anche per non correre il rischio di tradirsi. Elser si dimostrò un vero professionista.

S’ingegnò pertanto a produrre una bomba ad orologeria, procurandosi l’indicatore di velocità di un’automobile e il meccanismo di un orologio. L’esplosivo però non era affatto facile da reperire, ma ebbe l’idea di farsi assumere in una cava dove veniva utilizzato abitualmente e in grande quantità. Verso agosto, completato l’ordigno, iniziava la parte più difficile e rischiosa: ricavare la camera di scoppio all’interno della colonna, nella birreria di Monaco, dove si era nel frattempo trasferito.

Il raduno NSDAP del 1923 alla Bürgerbräukeller:

Si trattava di un’impresa quasi impossibile, che probabilmente qualcuno meno dotato di pazienza, tenacia e nervi saldi, avrebbe presto abbandonato. Ma non Elser. Aveva provato, senza riuscirci, a farsi assumere come cameriere nella birreria, e questò complicò di molto il lavoro: per più di quaranta notti di seguito, fu costretto a entrare furtivamente nel locale, controllato da un sorvegliante coadiuvato da un cane. Lavorava in ginocchio, con una torcia tra i denti per farsi luce. Per non far udire all’esterno il suono prodotto dallo scalpello, era costretto ad aspettare il passaggio di qualche automobile nella strada, o di qualsiasi altro rumore che potesse confondersi con i suoi colpi. Al termine di ogni nottata di lavoro doveva poi accuratamente ripulire il pavimento dalla polvere e dalle macerie, il tutto alla fioca luce della torcia. Infine, ideò un ben camuffato sistema di chiusura del buco temporaneo. Elser fece un lavoro da maestro, dal momento che mai nessuno si accorse di nulla.

Tre giorni prima della data prevista, sistemò la bomba e puntò l’orologio alle 21.20 (si era premurato di aggiungere un secondo timer per sicurezza), orario che corrispondeva alla  metà del comizio. Per attutire il ticchettio, isolò il buco con del sughero. Infine, il giorno prima, si assicurò che il congegno ad orologeria funzionasse.

L’8 novembre fece i bagagli e decise di passare illegalmente la frontiera con la Svizzera.

A quel punto, lui aveva fatto la sua parte e tutto era nella mani del destino

Nella Birreria, il conto alla rovescia per la fatidica ora stava giungendo al termine e Adolf Hitler aveva ormai i minuti contati: nessuno era a conoscenza di quel piano e il servizio di sicurezza non aveva rilevato alcuna anomalia nell’ambiente.

Effetti dell’attentato.:

Il Führer incominciò ad arringare i tanti presenti con la sua abituale energia e foga. In prima fila c’erano Heinrich Himmler (il famigerato Capo delle SS), Reinhard Heydrich (il temutissimo Capo della Gestapo nonché architetto dell’Olocausto), Rudolf Hess (il Delfino di Hitler) e Joseph Goebbels (il potente Ministro della Propaganda addetto al “lavaggio dei cervelli”). Tutto stava procedendo secondo i piani e l’establishment nazista sarebbe rimasto decapitato nel giro di minuti. Ma inaspettatamente, neanche dopo un’ora, il logorroico Hitler concluse il discorso e scese dal palco per guadagnare l’uscita. Precisamente sette minuti prima dell’esplosione. Perché? Qualcuno, o forse il tanto decantato “sesto senso” del dittatore, lo aveva allertato del pericolo? Assolutamente no.

Ci si mise di mezzo una variabile assolutamente non prevedibile: il cattivo tempo

La serata era brutta, dal punto di vista meteorologico, e Hitler non poteva utilizzare l’aereo, quindi fece un discorso più breve del solito, perché costretto a tornare a Berlino in treno. Le cattive condizioni atmosferiche decretarono così l’esito di quello che doveva essere un giorno fatidico, l’8 novembre 1939.

Non era la prima volta che il clima decideva il corso degli eventi storici: Napoleone perse a Waterloo per colpa del vulcano Tambora che sconvolse il clima europeo, provocando pioggia continua per l’intero 1815 (impedendogli così di utilizzare con efficacia la sua potentissima artiglieria) e nel 1588 l’Invincibile Armata spagnola, più che dagli Inglesi, venne sconfitta da una devastante tempesta che la disperse.

Alle ore 21.20 precise, ormai inutilmente, l’ordigno esplose, provocando otto vittime e molti feriti. Nemmeno la fuga di Elser andò secondo i piani: fu arrestato da un doganiere che gli trovò addosso una cartolina della birreria di Monaco e, sentito alla radio dell’attentato, sospettò che quell’uomo potesse entrarci in qualche modo e perciò lo fece consegnare alla Gestapo, a Monaco. L’uomo, dopo un violento pestaggio, confessò di essere l’organizzatore, unico, dell’attentato. Nessuno voleva credergli, tanto sembrava impossibile che quel piano tanto complicato da realizzare, fosse stato ideato e messo in atto da un solo uomo. Dovevano entrarci in qualche modo delle organizzazioni ben più strutturate, come il Partito Comunista o, più probabilmente, i Servizi Segreti Britannici!

Il fascicolo della Gestapo su Elser:

Elser però non venne giustiziato, ma fu spedito in un campo di concentramento. Una così straordinaria clemenza diede adito a un sospetto: quell’uomo doveva essere un agente delle SS e in realtà l’attentato era una trovata di Hitler per convincere il mondo intero di essere protetto dalla Provvidenza. Le cose stavano molto diversamente: il führer temporeggiava nell’esecuzione di Elser perché aveva in mente di allestire un processo, destinato ad avere grande risonanza, per mostrare al mondo la vigliaccheria degli Inglesi, i veri organizzatori dell’attentato. Non se ne fece nulla, dal momento che Hitler negli anni a venire ebbe altro cui pensare. Ma non si dimenticò certo di quell’umile falegname, e lo fece giustiziare, a Dachau, il 9 aprile del 1945, a poche settimane dalla fine della guerra. Georg Elser aveva 42 anni.

Francobollo speciale per il 100 ° compleanno di Georg Elser (2003):

Arthur Nebe, uno dei poliziotti delle SS che lo aveva interrogato (e che poi parteciperà all’attentato della Tana del Lupo, finendo impiccato), riportò:

In modo appassionato Elser mi disse, in semplici concetti, come per le masse la guerra significasse fame, miseria e morte di milioni di persone. Non era un pacifista nel vero senso della parola, il suo ragionamento era elementare:

Hitler è la Guerra e se muore ci sarà la Pace

Il fallimento dell’attentato nulla toglie alla lungimiranza e al coraggio di un modesto falegname con l’animo da eroe.

Graffito di Loomit e WON ABC in Bayerstraße 69 a Monaco di Baviera. Fotografia di Geak condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia:


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