La senatrice a vita Liliana Segre, deportata e internata per oltre un anno nei campi di concentramento nazisti, ha chiesto ieri a Giorgia Meloni di togliere la fiamma tricolore, già simbolo del partito di ispirazione neofascista Movimento Sociale italiano, dal simbolo di Fratelli d’Italia. Il partito traina la coalizione di centrodestra, favoritissima per la vittoria alle elezioni politiche del prossimo 25 settembre, con Meloni che potrebbe diventare la prima donna Presidente del Consiglio della storia della Repubblica italiana. La polemica, dopo la richiesta di Segre, ha messo al centro la figura del marito della senatrice Alfredo Belli Paci, morto nel 2007, che si candidò proprio sotto il simbolo del Movimento Sociale Italiano.

È sempre di fascismo che si parla insomma: di fascismo e neofascismo, di quel lascito, con il centrosinistra ad additare il partito di Meloni per quelle influenze e quei riferimenti. “Nella mia vita ho sentito di tutto e di più, le parole pertanto non mi colpiscono più di un tanto. A Giorgia Meloni dico questo: inizi dal togliere la fiamma dal logo del suo partito. Partiamo dai fatti non dalle parole e dalle ipotesi”, ha scritto su Pagine Ebraiche Segre.

A risponderle un coro di voci dal centrodestra. Per esempio Ignazio La Russa, che ha spiegato come la fiamma non sia un simbolo fascista e che ha ricordato la candidatura di Belli Paci proprio con l’Msi. “Spero, inoltre, di non essere irriguardoso nel ricordare che il marito della stessa senatrice Segre, che ho personalmente conosciuto e apprezzato, si candidò con Almirante sotto il simbolo della fiamma con la scritta Msi senza ovviamente rinunciare alla sua lontananza dal fascismo”.

Il caso della candidatura di Belli Paci viene spesso rispolverato quando si tratta di Liliana Segre, quando la senatrice parla di fascismo, razzismo, antisemitismo, quando attacca la destra. Belli Paci nacque nelle Marche e visse a Milano. Entrò nell’esercito dopo aver frequentato l’accademia militare di Livorno. Fu sottotenente d’artiglieria in Grecia, rinunciò ad aderire alla Repubblica Sociale Italiana quando fu catturato dai tedeschi. Rimase fedele al re. Fu internato e girò sette campi di prigionia. Poi si laureò in giurisprudenza e intraprese il mestiere di avvocato.

Segre e Belli Paci si incontrarono a Pesaro, lui aveva dieci anni in più di lei, colpita dalla somiglianza di quel giovane con il padre Alberto Segre. “Ci fu uno sguardo complice, pochissime parole. Un paio di giorni dopo notò il mio numero sul braccio. Io so cos’è, mi disse e lui mi raccontò che, avendo scelto di non aderire alla Repubblica Sociale, aveva trascorso due anni in sette campi di prigionia nazisti. Alfredo Belli Paci era uno dei seicentomila militari internati in Germania”, ha raccontato Segre a Che tempo che fa?.

I due si sposarono nel 1951 e fino alla morte di lui, nel 2007, vissero insieme. Hanno avuto tre figli: Alberto, Luciano e Federica. Belli Paci, conservatore di destra e antifascista cattolico, presidente di Unione Popolare nazionale, decise di aderire alla lista del Movimento Sociale Italiano – Destra nazionale guidato dall’ex funzionario dalla Rsi Giorgio Almirante. E si candidò come “indipendente” nel 1979 alle elezioni politiche per la Camera dei deputati. Neanche 700 voti.

“Mio marito, che era stato uno che aveva scelto due anni di internamento pur di non stare nella Repubblica sociale, vedendo molto disordine, per un certo periodo aderì a una destra in cui c’era anche Almirante”, ha raccontato la senatrice alla trasmissione di Fabio Fazio. “Io ho molto sofferto e ci fu una grande crisi. A un certo punto misi mio marito e me sullo stesso piano e dovevamo sceglierci di nuovo. O separarci”. A quel punto Belli Paci cambiò idea. “Per fortuna lui rinunciò per amore nei miei confronti a una eventuale carriera politica. E io aprii le braccia a un amore ritrovato e fummo insieme per altri 25 anni”.

Di quelle tensioni e di quei tormenti in famiglia raccontò anche Luciano Belli Paci in un’intervista a Il Giornale. “Ero il segretario provinciale dei giovani del Psdi, poi ho militato nel Psi, nei Ds, in Sd, Sel e infine Liberi e Uguali. Non mi sono spostato io, che resto sulle posizioni di Saragat”. Il padre aveva lavorato con liberali, monarchici e antifascisti a quel progetto chiamato Costituente di Destra poi diventata Democrazia Nazionale. “Non le nascondo che fu un periodo difficile per lei e che la scelta di mio padre portò a delle lacerazioni nei nostri rapporti. Fin quando poi si decise a mollare tutto e a fare l’avvocato, da solo e poi insieme a me”.

Avatar photo