The Punisher - Recensione

Inizia la fase 2 per Marvel/Netflix.

The Punisher - La recensione


Recensione sicura. Nessuno spoiler presente.

Le serie Marvel/Netflix hanno sicuramente vissuto di alti e bassi, fino a questo momento. Alle due belle stagioni di Daredevil e alla più che discreta Jessica Jones hanno fatto da contraltare un Luke Cage così così, un Iron Fist proprio bruttino e una serie a otto episodi di The Defenders che un po’ mette e tanto toglie. Con The Punisher speravo vivamente in un ritorno alla “densità” di Daredevil (serie in cui, peraltro, il personaggio ha esordito), e devo dire che, almeno in parte, il mio desiderio è stato esaudito.

La nuova serie, curata da Steve Lightfoot, si inserisce senza alcuna complicazione nella continuity dell’universo Marvel/Netflix (e di conseguenza nel Marvel Cinematic Universe tutto), riprendendo la vita di Frank Castle dopo gli eventi narrati nella seconda stagione di Daredevil. L’ex marine sembra aver dismesso i panni da vigilante e conduce una vita pacata e solitaria, senza dare troppo nell’occhio, facendo un lavoro normale, coperto da un falso nome, mentre il mondo crede che The Punisher sia morto. Il primo episodio è convincente nell’inquadrare questa nuova fase della vita di Frank che, si sa, non potrà durare a lungo. Ben presto, infatti, la serie porta Castle a rimettersi in gioco e, soprattutto, a indagare in modo approfondito e forse definitivo sulla vicenda che ha segnato per sempre la sua vita, trasformandolo in The Punisher: la morte della sua famiglia.


Lo farà insieme a nuovi alleati, in particolare Micro, alias David Lieberman (interpretato da Ebon Moss-Bachrach), ex analista dell’NSA che si finge morto per proteggere la sua famiglia. Tra David e Frank nasce e si sviluppa un rapporto complicato che avrà una rilevanza abbastanza netta negli equilibri della serie. Ma i personaggi con cui Frank Castle interagisce (e che interagiscono tra di loro all’interno di questa prima stagione) non sono pochi. In particolare c’è il ritorno di Karen Page (Deborah Ann Woll), che con Frank ha un legame molto forte, nato proprio nella seconda stagione di Daredevil, gli ex marines Billy Russo (Ben Barnes) e Curtis Hoyle (Jason R. Moore), che con Castle hanno condiviso gli orrori della guerra, e l’agente della Homeland Security Dinah Madani (Amber Rose Revah), che del Punitore segue le tracce, non credendo assolutamente nella sua morte.

Il cast non è malaccio, anche se a mio avviso nessun altro personaggio spicca come il protagonista, che gode di una simbiosi davvero notevole con l’attore John Bernthal (lo Shane di The Walking Dead), come in parte già in Daredevil si era constatato. Bernthal sembra quasi nato per interpretare il Punitore. O, se preferite, il Frank Castle interpretato da Bernthal è nettamente uno dei tanti diversi Punisher che abbiamo visto disegnati negli anni (da Ross Andru, Mike Zeck, Klaus Janson, Steve Dillon e altri). Uno dei migliori, oserei dire.


Se l’omaggio all’aspetto visivo del fumetto è quindi garantito, lo stesso non si può dire - non al 100%, almeno - per quel che riguarda la sceneggiatura. The Punisher soffre infatti dello stesso problema già riscontrato in altre serie Marvel/Netflix. Tredici episodi, tra l’altro di 50 e passa minuti ciascuno, sono troppi e troppo lunghi per raccontare quello che questa prima stagione racconta. Il risultato è che molti episodi sono caratterizzati da lungaggini eccessive che finiscono col far perdere ritmo all’intera serie. In particolare, dopo il buon inizio, per me gli episodi 2-9 potevano essere tranquillamente compressi in tre puntate. Ne sarebbe venuta fuori una spettacolare miniserie da 8 episodi. Gli ultimi 4 (10-13), infatti, sono assai più ritmati, densi, belli e coinvolgenti dei precedenti. E rappresentano un salto di qualità notevole rispetto alla prima parte della stagione. Tutte cose che rendono inspiegabile la scelta di girare così tanta roba in più, se poi la si deve annacquare con tante scene inutilmente lunghe e spesso noiose.

Inoltre, la scelta di puntare molto su una singola vicenda (Frank che indaga sull’uccisione della sua famiglia), con grandi approfondimenti sulla psicologia del reduce di guerra, è anche interessante, ma di sicuro non ci offre una serie di The Punisher basata sulla sua attività principale: andare in giro a far fuori criminali, così, come un lavoro regolare. Se avete amato il Punitore di Garth Ennis, per capirci, o anche quello di altre serie regolari precedenti, toglietevelo dalla testa: il Punisher di Netflix è un film in tredici capitoli (molti dei quali, come dicevo, tagliabili) su un momento preciso della vita di Frank. È un film su quello che l’orrore della guerra può provocare nelle persone più che una serie in cui godersi tante diverse “missioni” del Punitore.


Ciò nonostante, se avete seguito tutte le serie Marvel/Netflix (sopportando pure i punti più bassi della produzione), The Punisher vi piacerà più di tante altre. Personalmente gli ultimi quattro episodi mi sono piaciuti quanto quattro episodi di Daredevil (a oggi ancora la serie migliore del gruppo, a mio avviso). E credo possa tranquillamente valere la pena sopportare la lentezza della prima parte della serie per arrivare alle ottime fasi finali.

Ah, un avviso per gli spettatori facilmente impressionabili. Alcune scene sono caratterizzate da un elevatissimo grado di violenza. Se avete bambini in casa, tenetelo ben presente.

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