Stonehenge: le origini antiche dei misteriosi megaliti | National Geographic

Stonehenge: le origini antiche dei misteriosi megaliti

Anni di ricerche suggeriscono che nel Neolitico i Britanni trasportarono i massicci elementi da luoghi remoti dell'isola per realizzare uno dei più famosi siti archeologici del mondo.

da Robin George Andrews

pubblicato 18-02-2021

Stonehenge, sito risalente a circa 4.600 anni fa, potrebbe essere in parte composto da elementi provenienti da monumenti megalitici più antichi, costruiti a centinaia di chilometri di distanza.
 

Non è difficile capire perché Stonehenge sia uno dei più famosi siti archeologici del mondo. Questo cerchio megalitico, risalente a 4.600 anni fa che si trova nella pianura di Salisbury, a sud dell’Inghilterra, è stato costruito da uomini che non hanno lasciato chiare indicazioni sul suo scopo né indizi evidenti sulla loro identità — misteri che hanno a lungo stimolato l’interesse di archeologi, druidi dell’era moderna, scrittori di fantascienza e semplici turisti.

Uno studio pubblicato sulla rivista Antiquity offre un altro colpo di scena nella saga di Stonehenge: il sito, Patrimonio mondiale dell’umanità, potrebbe non essere una creazione originale. Un team di ricercatori ha scoperto un possibile precursore di Stonehenge nei resti di un monumento ancora più antico che si trova in Galles.

Il cerchio megalitico presso il sito di Waun Mawn, in Galles, è di dimensioni paragonabili a quelle di Stonehenge, è anch’esso allineato con il sole e sembra presentare in parte gli stessi materiali di costruzione. Ma a differenza di Stonehenge, lì non sono rimaste altro che poche pietre. Il gruppo di ricercatori suppone che chi ha realizzato Waun Mawn lo abbia smantellato cinquemila anni fa e abbia trasportato alcune delle bluestone (letteralmente “pietre blu”, dal colore caratteristico dei megaliti, NdT) da tre tonnellate circa 280 km a est fino alla pianura di Salisbury; un’impresa estremamente ardua e, dal punto di vista pratico, inutile, quindi, perché farlo?

L’arco delle pietre originariamente erette a Waun Mawn, in Galles, fotografato durante gli scavi nel 2017. Il profilo di un incavo lasciato da una pietra scoperto presso il sito corrisponde a quello di una delle pietre blu di Stonehenge, e ciò suggerisce che sia stata intenzionalmente trasportata fino al sito Patrimonio mondiale dell’umanità in Inghilterra, a una distanza di circa 280 km.
 

FOTOGRAFIA DI A. Stanford

Per gli antichi Britanni le bluestone “probabilmente erano considerate non solo preziose, ma rappresentavano la vera e propria essenza del loro essere”, sostiene Michael Parker Pearson, esperto di preistoria britannica presso lo University College di Londra nonché principale autore dello studio. Pearson, il cui lavoro è in parte promosso dalla National Geographic Society, ipotizza che la scoperta presso il sito di Waun Mawn potrebbe rafforzare un’ipotesi particolarmente suggestiva: le “pietre blu” di Stonehenge erano la rappresentazione fisica degli antenati dei migranti o i loro ricordi ancestrali. I Britanni del Neolitico stavano letteralmente trasportando per tutto il regno il peso dei loro avi.

A questo punto della ricerca, tuttavia, è impossibile trarre conclusioni definitive, su questo concordano sia gli autori dello studio che gli esperti esterni. “Uno degli aspetti che ho sempre apprezzato di Stonehenge è che ci sono molte domande che probabilmente rimarranno per sempre senza una risposta”, spiega Kate Fielden, vicepresidente di Rescue — The British Archaeological Trust, che non è stata coinvolta nella ricerca. “Mi piace l’idea che quel luogo sia avvolto dal mistero”.

Indizi in antiche leggende?

I decisivi progressi nella scienza archeologica degli ultimi decenni hanno scremato le storie sulle possibili origini di Stonehenge. Il fatto che sia allineato con i solstizi d’estate e d’inverno implica una connessione con l’astronomia e la moltitudine di resti umani cremati presso il sito suggerisce un collegamento con il culto dei morti o degli avi.

Una veduta di Waun Mawn da nord durante gli scavi del 2018. Il cerchio megalitico si trova sul lato di una collina nota con il nome di "Hillock of the Deer" (Collinetta del cervo, NdT) da cui guardando verso ovest si vede in lontananza l’Irlanda.

FOTOGRAFIA DI A. Stanford

Stonehenge è composta da pietre di sarsen locali attorno all’anello esterno e al ferro di cavallo interno, con dolomiti blu più piccole dal Galles all’interno del cerchio.
 

FOTOGRAFIA DI Bruce Dale,Nat Geo Image Collection

Stonehenge non fu eretto dall’oggi al domani. La sua costruzione iniziò 5.000 anni fa e il monumento assunse forme diverse nei secoli successivi. In pratica è costituito da due tipi di pietre: le pietre di sarsen, ovvero lastre di pietra arenaria da 20 tonnellate che compongono il ferro di cavallo centrale e il cerchio esterno di menhir, e le bluestone più piccole, da tre tonnellate, che formano l’arco interno. L’analisi geochimica indica che i blocchi di arenaria provengono da West Woods, non lontano da Stonehenge.

Le pietre blu, al contrario, sembrano essere state trasportate via terra per oltre 300 km dalle Preseli Hills nel Galles occidentale. Parker Pearson e i suoi colleghi ricercatori recentemente hanno riscontrato una perfetta corrispondenza tra le bluestone di Stonehenge e due cave nel Galles.

Gli archeologi fanno notare che il viaggio di quelle pietre blu riecheggia in un’antica leggenda. Nell’opera del XII secolo Historia regum Britanniae (Storia dei re della Britannia, NdT), Goffredo di Monmouth racconta la leggenda di come mago Merlino riuscì a distruggere la Danza dei Giganti, un antico cerchio megalitico in Irlanda, e si servì di 15.000 uomini per ricostruirla nella pianura di Salisbury.

Sebbene la realtà abbia poco a che vedere con questa curiosa storia sui capricci di un mago, il fatto che le pietre blu di Stonehenge provengano dal Galles, esattamente dalla sponda opposta a quella dell’Irlanda, ha fatto riflettere alcuni sulla possibilità che il mito contenga una base di verità. Il precursore di Stonehenge esisteva quindi da qualche parte a ovest? Impaziente di trovare risposta a questa domanda, il team di Pearson — un gruppo composto da archeologi, geologi, esperti di fotogrammetria e specialisti nella datazione al carbonio-14 e attraverso i cristalli — ha trascorso gran parte dell’ultimo decennio nel tentativo di scoprirlo.

La caccia ai siti precursori

Identificato inizialmente come sito di interesse collegato a Stonehenge già nel 2010, Waun Mawn oggi non offre granché a prima vista: appena quattro bluestone sistemate all’incirca a forma di arco. Nel 2011 gli archeologi hanno utilizzato la tecnologia di telerilevamento per scrutare al di sotto della superficie del sito, ma non hanno trovato niente di interessante.

Sulla base di un’intuizione, il team è tornato a Waun Mawn nel 2017 e ha scavato piccole trincee nei pressi di entrambe le estremità dell’arco, trovando due buche in cui erano disposti un tempo i menhir. “In quel momento ho pensato davvero che forse, e dico forse, finalmente potevamo essere sulla strada giusta”, afferma Parker Pearson.

Tuttavia, ancora una volta, le ispezioni geofisiche non hanno riscontrato ulteriori cavità dove potevano essere posizionati i blocchi di pietra. Le tecnologie di telerilevamento sono state utili per vedere sotto la superficie di Stonehenge, e il fatto che quegli stessi metodi abbiano fallito a Waun Mawn, anche dopo rinvenimenti incoraggianti nelle trincee scavate, è stato al contempo ironico e frustrante.

“Non c’è niente di più difficile che provare a cercare un circolo megalitico che non c’è più”, prosegue Parker Pearson.

Alla fine, il team di ricerca ha constatato che questa zona di terra gallese era priva di minerali magnetici, e di qualsiasi altra roccia elettricamente conduttiva, elementi necessari per il corretto funzionamento dell’apparecchiatura di telerilevamento. “La tecnologia moderna non era in grado di fare il suo lavoro, tutto qui”. Spiega Parker Pearson. “Avremmo dovuto farlo alla vecchia maniera, tutto a mano”.

Pezzi perfetti di un puzzle

Dopo mesi di scavo e analisi del terreno per rilevare il minimo cambiamento di struttura, colore e topografia, gli archeologi hanno scoperto più fosse. Queste “cavità” comprendevano un segmento di quello che un tempo era un cerchio di circa 110 metri di larghezza, lo stesso diametro del fossato che circonda Stonehenge. Se tutti i menhir di Waun Mawn si trovassero ancora nelle rispettive cavità, il monumento si allineerebbe all’alba del solstizio d’estate, anche in questo caso, proprio come Stonehenge.

Successivamente, i ricercatori sono passati alla datazione radiometrica del carbone rinvenuto nel sito, nonché alla luminescenza stimolata otticamente, che indica l’ultima volta in cui i sedimenti ricchi di quarzo presenti nelle cavità di pietra sono stati esposti alla luce solare. L’insieme dei dati ha suggerito che Waun Mawn è stato costruito tra i 5.000 e i 5.600 anni fa, ovvero in un’epoca precedente alla realizzazione di Stonehenge.

Un incavo per le pietre scavato nel sito di Waun Mawn. Gli archeologi hanno cercato minime differenze nel colore, nella struttura e nella topografia del terreno per identificare le fosse in cui si trovavano un tempo i menhir dell’antico monumento.
 

FOTOGRAFIA DI M. Parker Pearson

Ma quando sono spariti i blocchi di Waun Mawn? Una delle pietre blu di Stonehenge ha fornito un indizio: una sezione trasversale molto specifica che corrisponde a uno degli incavi di Waun Mawn. Inoltre, schegge di roccia ai piedi di una delle cavità di Waun Mawn presentavano una corrispondenza geologica con il tipo specifico di bluestone di Stonehenge, una roccia nota con il nome tecnico di dolerite non maculata.

Analisi precedenti di resti di scheletri umani rinvenuti a Stonehenge hanno rilevato prove chimiche che alcuni dei defunti provenivano dal Galles occidentale. Considerati nel loro insieme, i dati raccontavano una storia straordinaria e imprevista: il cerchio megalitico di Waun Mawn era stato smantellato dai suoi creatori e portato nella pianura di Salisbury, dove i costruttori hanno riprodotto lo stesso schema e hanno utilizzato alcune delle sue bluestone per erigere Stonehenge.

Gli autori dello studio considerano questa teoria plausibile ma ancora prematura, e alcuni esperti indipendenti sono concordi. Secondo Richard Madgwick, archeologo presso l’Università di Cardiff, in Galles, l’idea che Stonehenge abbia almeno un precursore gallese è “piuttosto convincente”.

Tuttavia, altri esperti ritengono che non ci siano ancora prove sufficienti.

“Cercare prove che supportino le tradizioni orali contenute nei racconti di Goffredo di Monmouth è un approccio interessante, ma i resti rinvenuti finora a Waun Mawn in realtà non corrispondono a ciò che ci si aspetterebbe di trovare su un cerchio megalitico di questo periodo”, spiega Timothy Darvill, archeologo della Bournemouth University. “Dobbiamo sicuramente lavorare ancora molto per confermare le affermazioni”.

Qual è il significato di Stonehenge?

Poiché solo una delle 44 bluestone rimaste a Stonehenge può essere collegata con certezza a Waun Mawn (per ora), il team di ricerca suggerisce che le pietre potrebbero provenire da diversi siti della regione. In tal caso, ciò lascia intuire che Stonehenge fosse particolarmente importante per i suoi costruttori emigrati, ma perché?

Diversi studi dell’antico DNA rivelano che gli individui sepolti attorno alla pianura di Salisbury 5.000 anni fa avevano origini ancestrali differenti. Alcuni provenivano dal Galles occidentale e dall’Irlanda, dove si costruivano tombe in pietra, mentre altri provenivano dall’est dell’Inghilterra, dove le sepolture erano lunghi tumuli. “Si tratta di aree in cui gli stili di vita, ma anche le usanze funebri, erano tradizionalmente diversi”, prosegue Parker Pearson.

Stonehenge si trova proprio a metà tra queste due zone e Pearson ritiene che il monumento potesse essere una specie di “terreno neutrale”, dove diversi gruppi di popolazioni neolitiche potevano conciliare le differenze culturali.

Un recente lavoro condotto da Madgwick supporta questa idea. Il suo team ha scoperto una grande quantità di ossa di maiale a Durrington Walls, un sito neolitico vicino a Stonehenge. L’analisi chimica di questi resti di suini ha rivelato che gli animali provenivano da tutta l’Inghilterra e furono consumati in grandi banchetti. L’intero sito potrebbe essere stato il “Glastonbury [Festival] di quei tempi”, spiega Madgwick, dove le persone convergevano da tutte le isole britanniche per condividere identità ed esperienze.

Questo nuovo studio è in linea con l’idea che gli individui che si ritrovavano a Stonehenge non erano affatto statici o isolazionisti, aggiunge Vincent Gaffney, archeologo dell’Università di Bradford in Inghilterra, non coinvolto nella ricerca. Questi antichi Britanni, spiega, vivevano in “una società che non era monolitica, immobile, ma al contrario era flessibile, interattiva. C’erano movimenti di beni e, a quanto pare, anche movimenti di elementi sostanziali della cultura materiale”.

Ricordi scolpiti nella pietra

Meno chiaro è il motivo per cui quelle specifiche bluestone siano state trascinate dal Galles alla pianura di Salisbury. Ma monoliti provenienti dall’altro capo del mondo possono suggerire una risposta.

Negli anni ’90 Parker Pearson stava lavorando con un archeologo malgascio che studia le costruzioni megalitiche in Madagascar, dove vengono tuttora erette. Le pietre, ha spiegato il suo collega, simboleggiavano gli antenati. Il legno marcisce, la pietra rimane per sempre. I megaliti venivano usati per rappresentare i morti e, essenzialmente, mantenere vivo il ricordo per l’eternità.

Lo stesso concetto può essere applicato alle pietre blu viaggiatrici gallesi. Sono state costruite a Stonehenge, e come molte altre “tombe a corridoio” costruite in quell’epoca, erano sistemate in modo da allinearsi ai movimenti del sole, un’altra entità eterna. Stonehenge poi potrebbe essere stato non solo un punto di incontro multiculturale, ma anche un monumento alla memoria.

Anche se ci separano 5.000 anni da quelle persone, è facile comprendere il desiderio di rendere immortali i loro antenati. Le pietre blu erano l’equivalente megalitico dei piccoli cimeli appartenuti ai nostri cari — fotografie, lettere, ciondoli — che tramandiamo di generazione in generazione.

E proprio come gli antichi Britanni anche noi, quando cambiamo casa, ci portiamo dietro quei preziosi simulacri.

“Gli oggetti che portiamo con noi rappresentano ciò che siamo, e ciò che sono stati i nostri antenati”, conclude Parker Pearson.