Anubi, il cane nero

Anubi, il cane nero

Anubi, dio dalla forma di canide comunemente identificato con uno sciacallo, era un antichissimo dio funerario protettore delle necropoli e dei defunti. Era la divinità principale del XVII nomo (regione) dell’Egitto meridionale, il cui capoluogo fu chiamato dai greci Cynopolis o "città dei cani", ma il suo culto era riconosciuto in tutto l'Egitto. Dio della mummificazione e accompagnatore dei morti nell’aldilà, venne assimilato dai greci a Ermes Psychopompos, "che accompagna le anime"

Anubi poteva essere rappresentato in forma animale oppure in forma mista (con il corpo di uomo e testa di animale) ed era tra le divinità più importanti dell’antico Egitto. L’animale che simboleggiava Anubi è stato identificato variamente come un cane selvatico, un lupo egiziano o, più tradizionalmente, come uno sciacallo, ma in realtà è impossibile dire con certezza a che specie appartenesse perché le caratteristiche fisiche che lo contraddistinguono appartengono un po’ a tutte e tre le specie. Sembra comunque che gli egizi non avessero alcun interesse a specificarne la natura in maniera precisa, e degli studi condotti sulle mummie ritrovate nelle necropoli degli animali sacri ad Anubi hanno rivelato un mescolamento di varie specie canine.

Inoltre il colore nero che lo caratterizza non ha nessun tipo di riferimento alla realtà fisica dell'animale, ma rientra all’interno della simbologia dei colori. Il nero è per noi il colore della notte e della morte, ma in Egitto era soprattutto quello della rigenerazione e della rinascita perché il limo, fango fertile che il Nilo depositava sulla terra dopo l'inondazione, era un fango scuro, quasi nero, che celava in sé la vita e la rinascita della natura. Anubi, come tutte le divinità legate alla morte, era caratterizzato da questo colore.

Il dio Anubi in forma di canide accucciato su una cappella su una cassa canopica del Terzo periodo intermedio dell'Egitto. Walters Art Museum, Baltimora

Il dio Anubi in forma di canide accucciato su una cappella su una cassa canopica del Terzo periodo intermedio dell'Egitto. Walters Art Museum, Baltimora

Foto: Pubblico dominio

Oscure origini

Prima dell'ascesa di Osiride, Anubi era la divinità funeraria più importante dell’Egitto e la sua effige compare già su oggetti funerari ritrovati nelle tombe dei sovrani della I e II dinastia (3000-2650 a.C. circa). Le relazioni familiari di Anubi sono controverse ed esistono varie versioni della sua nascita: secondo i miti più arcaici, riportati nei Testi delle piramidi (la più antica raccolta di testi religiosi egizi), il dio era il figlio della vacca celeste Hesat, la nutrice degli dei e dei fanciulli reali; secondo altri miti era figlio della dea gatta Bastet, ma la versione più amata era sicuramente quella che lo diceva figlio del dio Osiride.

Questo dio aveva due sorelle, le dee Iside e Nefti, e un fratello, il dio Seth. Osiride era sposato con la sorella Iside, Seth con l’altra sorella, Nefti. Secondo il mito, Anubi sarebbe nato da una relazione extraconiugale tra il dio Osiride e Nefti. Le origini di questo antichissimo dio si perdono in una miriade di miti diversi, ma quel che è davvero importante è il ruolo che Anubi ebbe nel mito della rinascita del dio Osiride.

Dio della mummificazione

Nel ciclo dei miti legati alla morte del dio Osiride Anubi ebbe un ruolo fondamentale poiché gli diede la possibilità di rinascere nell’aldilà e divenirne il dio. Osiride, infatti, era stato ucciso barbaramente dal fratello Seth, che smembrò il suo corpo in quattordici pezzi e li sparse per tutto l’Egitto. Iside, sposa del dio assassinato, riuscì a ritrovare tutti i pezzi del corpo del marito e li consegnò ad Anubi. Questi con estrema perizia ricompose il corpo di Osiride e lo avvolse in bende, creando in questo modo la prima mummia che la storia dell’antico Egitto ricordi. Nei Testi dei sarcofagi – testi religiosi scritti all’interno delle bare dal Primo periodo intermedio alla fine del Medio Regno (2125-1630 a.C.) – il dio Anubi esclama soddisfatto, rivolgendosi a Osiride mummificato: «Sorgi e vivi! Guarda [il tuo nuovo] aspetto! Trionfa sulle conseguenze del delitto di chi ti fece del male!».

Con il corpo così ricomposto Osiride poté andare nel mondo dei morti e divenirne il dio, mentre Anubi, primo imbalsamatore della storia, divenne il dio della mummificazione. Questi aveva il compito di trasformare ogni defunto in “Osiride”, cioè in un morto che sarebbe rinato nell’aldilà, e questo poteva avvenire solo attraverso la mummificazione, requisito fondamentale per sopravvivere alla morte. Due dei titoli di Anubi, “colui che è preposto ai bendaggi ”e “colui che è nel luogo dell’imbalsamazione”, ci ricordano questa sua fondamentale funzione. Durante i rituali magico-religiosi legati alla mummificazione, un sacerdote era solito indossare una maschera di Anubi, impersonando così il dio. «Anubi è essenzialmente l’imbalsamatore della mummia. Osiride è insieme la mummia e la speranza di trascendere i ceppi della morte» scriveva l’egittologo R.T. Rundle Clark.

Pittura parietale nella tomba dell'artigiano Sennedjem raffigurante un sacerdote con la maschera di Anubi mentre termina la mummificazione. Deir el-Medina

Pittura parietale nella tomba dell'artigiano Sennedjem raffigurante un sacerdote con la maschera di Anubi mentre termina la mummificazione. Deir el-Medina

Foto: Pubblico dominio

Anubi e la pesatura del cuore

Solo dopo che il corpo era stato mummificato e posto all’interno del sarcofago e la tomba chiusa e sigillata iniziava il viaggio dell’anima nell’aldilà. Un viaggio irto di pericoli e di prove da superare, poiché andare nell’aldilà non era cosa semplice e bisognava meritarselo. Gli egizi sono stati tra i primi popoli a pensare che dopo la morte le azioni compiute in vita si parino davanti al defunto come una montagna: impossibile cancellarle, impossibile farle passare inosservate. L’ultima prova che l’anima si trovava a dover affrontare era la più importante e definitiva perché, se non fosse stata superata, il morto si sarebbe visto negare l’accesso all’aldilà dei beati e si sarebbe ritrovato invece in un luogo di eterna dannazione, una sorta di inferno.

La prova era in realtà un processo vero e proprio che si svolgeva in cielo ed era chiamato “pesatura del cuore”: i greci la chiamarono “psicostasia”, pesatura dell’anima. L’anima del defunto veniva condotta per mano dal dio Anubi all’interno di una sala, chiamata la sala della “ doppia verità”, in cui sarebbe avvenuto il processo. Al centro si trovava una bilancia a due piatti, una sorta di macchina della verità, davanti a questa il dio Osiride in trono e, al suo fianco, quarantadue divinità che costituivano la giuria.

Illustrazione del 'Libro dei morti' (Papiro di Ani), raffigurante Anubi che esegue la psicostasia. British Museum, Londra

Illustrazione del 'Libro dei morti' (Papiro di Ani), raffigurante Anubi che esegue la psicostasia. British Museum, Londra

Foto: Pubblico dominio

Il dio Anubi aveva il compito di controllare la perfetta taratura della bilancia e il suo corretto funzionamento, per poi procedere alla pesatura. Su un piatto poneva una piuma di struzzo, o una statuetta della dea Maat che indossava sul capo una piuma di struzzo (simbolo di verità e giustizia), sull’altro piatto il cuore del defunto, che rappresentava i sentimenti del morto (la sua bontà o la sua cattiveria). Se il cuore – i sentimenti – pesava più della piuma – la verità –, l’anima del morto sarebbe stata condannata ad andare tra i dannati. Se invece il cuore pesava come la piuma, il morto sarebbe andato nel paradiso del dio Osiride, poiché la verità è leggera come una piuma.

Non perderti nessun articolo! Iscriviti alla newsletter settimanale di Storica!

Anubi accompagnatore delle anime

Statue e pitture del dio Anubi si incontrano molto spesso all’interno delle tombe di re e di nobili poiché, in quanto guardiano della necropoli, questi doveva difendere la tomba da ladri, malfattori e da ogni presenza demoniaca. Una splendida scultura di Anubi viene dalla tomba del faraone Tutankhamon ed era posta a guardia della cassa dei vasi canopi – i vasi che contenevano le viscere del morto – nella cosiddetta camera del Tesoro.

Un altro tipo di rappresentazione del dio Anubi che si può incontrare all’interno delle tombe è quella che lo raffigura nella sua veste di guida per il morto. In queste immagini il dio viene rappresentato mentre tiene per mano il defunto e lo precede nel cammino tra le tenebre della morte. È un'immagine emozionante: il defunto ha paura per quello che dovrà affrontare, ma il dio Anubi gli è vicino, lo incoraggia e gli infonde energia tenendolo saldamente per mano. Anubi è la sua guida e il suo protettore.

Anubi presenta il defunto a Osiride, mentre Horus e altre divinità assistono. Stele funeraria di Tebe

Anubi presenta il defunto a Osiride, mentre Horus e altre divinità assistono. Stele funeraria di Tebe

Foto: Cordon Press

Perché utilizzare la figura divina di un di un cane/sciacallo per accompagnare i morti nell’aldilà? C’è da dire che anche i greci e i romani fecero questa scelta: il dio Ermes/ Mercurio compiva il suo viaggio agli inferi accompagnato da un cane. Questo animale fu scelto in virtù del suo grande attaccamento e alla sua devozione verso l’uomo, per i suoi sensi molto sviluppati e per la capacità di vedere nella notte. Chi poteva essere una guida migliore di lui nelle tenebre della morte?

Se vuoi ricevere la nostra newsletter settimanale, iscriviti subito!

Condividi

¿Deseas dejar de recibir las noticias más destacadas de Storica National Geographic?