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Avevamo dubbi, avevamo paure e timori, pensavamo che George Miller potesse tradire sé stesso, confezionare un'operazione meramente commerciale. Ci sbagliavamo, eccome se ci sbagliavamo noi scettici. Furiosa: A Mad Max Saga è la conferma che questa saga, cominciata esattamente 45 anni fa, è una non solo delle più prolifiche, ma anche forse quella che attraverso i decenni ha sempre garantito una qualità alta, anzi altissima, per ciò che riguardo il concetto di intrattenimento epico, di fedeltà ad una specifica atmosfera e caratteristiche peculiari. Nove anni dopo Mad Mad: Fury Road, Miller ci prende per mano, ci porta dentro il passato di lei, Furiosa, che ha la spavalderia della piccola Alyla Browne all'inizio, quando viene rapita da una banda di desperados che fanno parte dell'orda del pittoresco Dementus (Chris Hemsworth). Viveva in una comunità autosufficiente e protetta, con la madre Mary (Charlee Fraser), ma quel rapimento la catapulta nelle Terre Perdute, lì dove la Cittadella, Gas Town, Bullet Farm sono i tre assi del regno di Immortan Joe (Lachy Hulme), lì dove quando sarà cresciuta (con le movenze feline di Anya Taylor-Joy) incontrerà Pretorian Jack (Tom Burke), colui che le insegnerà a diventare tutt'uno con volante e motori. In quel mondo violentissimo, infido, caotico e pieno di tribù senza pietà, lentamente prenderà forma la sua leggenda.

Nove anni dopo Mad Mad: Fury Road, Miller ci prende per mano, ci porta dentro il passato di lei.
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Courtesy of Warner Bros. Pictures

Furiosa: A Mad Max Saga è il frutto di un progetto lungo 15 anni, con cui Miller e Lauthoris avevano cominciato ad intagliare per ogni personaggio un passato, un'identità, qualcosa con cui alimentare il motore narrativo della saga. Dal 2010 però, quando Mad Max: Fury Road era andato in porto, Miller voleva parlare più approfonditamente del personaggio cinematografico femminile più importante del XXI secolo, poi ci si è messo di mezzo il Covid-19 e Furiosa: A Mad Max Saga ha subito un bel ritardo. Senza più Charlize Theron, non coinvolta per evidenti problemi di coerenza temporale e per la volontà di fare a meno della de-aging technology, il testimone qui passa nelle mani del duo Alyla Browne e Anya Taylor-Joy. La verità? La fu Regina degli Scacchi è brava, ma la piccola Browne ancora di più. Miller sceglie una struttura narrativa classica, ci connette ad un iter in cui da un piccolo istante, cambia tutto non solo per quella ragazzina, ma infine per tutta quell'umanità derelitta, decomposta, tribale e pittoresca che si contende l'ultima goccia di acqua e benzina rimasta, che si preda a vicenda senza sosta, con ciò che rimane del vecchio mondo a fare da testimone decomposto ma sempre utile. Se vi state chiedendo quanto l'azione sia ancora protagonista, ebbene questo prequel non tocca le vette mitologiche del film precedente, ma si difende bene, anzi benissimo.

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Courtesy of Warner Bros. Pictures

Se la Taylor-Joy, armata di quei due occhioni giganti, dimagrita, scavata e ferale, è una perfetta Furiosa, regge benissimo il paragone e il necessario collegamento con la Theron, chi fa veramente la differenza è il fu Thor: Chris Hemsworth. Il suo Dementus è un villain che fa affettuosamente il verso a Toecutter, ma vive di vita propria grazie alla verve, allo sproloquio logorroico, alla capacità da parte dell'attore australiano, di renderlo ad un tempo ridicolo e infido, letale e patetico. Verrebbe da scomodare il Falstaff di Welles se non fosse assolutamente fuori luogo con l'intento giocoso di Miller, con questa mediocrità che Dementus, come tanti altri villain della saga porta con sé. Il messaggio è chiaro: in tempi disperati, più che la forza la massa segue chi fa la voce grossa, chi sa crearsi addosso il personaggio più efficace. Dementus è la caricatura di un attore shakespeariano e di un personaggio da fantasy anni '80, ed Hemsworth dimostra a tutti di aver una presenza scenica che le ultime collaborazioni con Taika Waititi avevano messo in un angolo. Non ha possanza di un Immortan Joe, del Fattore o del Mangiauomini, ma proprio per questo funziona così bene. Il resto, come si suol dire, è proprio ciò che ci aspettavamo: azione avvolta da un recupero di topoi di genere, uniti in modo perfetto.

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Warner Bros.

Furiosa: A Mad Max Saga si presenta a questa Cannes 2024 forte di un'autocitazione continua e fertile, ma mai fine a sé stessa. Tom Burke è l'omaggio di Miller a Max Rockatansky, ai tanti eroi da spaghetti western che lo ispirarono a suo tempo, ed infatti ecco spuntare omaggi a Il Buono, Il Brutto e Il Cattivo, a C'era una volta il West, poi si vira verso Omero, si torna verso John Ford e Ombre Rosse. Furiosa: A Mad Max Saga ha almeno tre sequenze d'azione semplicemente fenomenali, una colonna sonora di Tom Holkenborg assolutamente dignitosa ma soprattutto, una regia fantastica. D'accordo, c'è un po' di CGI, ma non è eccessiva, non è troppo al centro, non ruba spazio a ciò che la fotografia di Simon Duggan e il montaggio di Margaret Sixel ci donano in termini di vivacità, di ritmo, di pulsante azione che definisce i personaggi. Questo è soprattutto un film che sa emozionare, divertire, tratta i suoi personaggi con grande rispetto e coerenza, mentre fa rombare il motore verso questo Valhalla cilindrato che riscatta cinematograficamente parlando il concetto di prequel, così a lungo sinonimo di riciclo e usato sicuro. Nossignore, George Miller ci ha stupito ancora, ha mantenuto la sua promessa, anche in virtù di una sceneggiatura curata al millimetro. Perdervelo sarebbe un peccato, sarebbe grave quasi quanto finire la benzina nelle Terre Perdute.

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        Giulio Zoppello

        Sono nato a Padova nel 1985, da sempre grande appassionato di sport, cinema e arte, dopo dodici anni come allenatore e scoutman professionista nel mondo della pallavolo, ho deciso di intraprendere la carriera di giornalista.
        Dal 2016 ho cominciato a collaborare con diverse riviste cartacee e on-line, in qualità di critico ed inviato presso Festival come quello di Venezia, di Roma e quello di Fantascienza di Trieste.
        Ho pubblicato con Viola Editrice "Il cinema al tempo del terrore", analisi sul cinema post-11 settembre. Per Esquire mi occupo di cinema, televisione e di sport, sono in particolare grande appassionato di calcio, boxe, pallavolo e tennis.
        In virtù di tale passione curo anche su Facebook una pagina di approfondimento personale, intitolata L'Attimo Vincente.
        Credo nel peso delle parole, nell'ironia, nell'essere sempre fedeli alla propria opinione quando si scrive e nel non pensare mai di essere infallibili.