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Trentesima domenica durante l’anno

Ger 31,7-9/Eb 5,1-6/Mc 10,46-52

Io e Bartimeo

 

Chi è Gesù? Si è chiesto l’evangelista Marco. E ha risposto Pietro: Il Messia.

E ora si chiede: chi è disposto a seguire questo Messia?

Non il giovane ricco. Non gli apostoli. Chi allora?

La persona apparentemente meno adatta: Bartimeo.

Pesantezza

Così Gesù e i suoi giungono a Gerico dopo la lunga e dolorosa discussione sulla grandezza e sul potere.

Gesù sa di essere solo, completamente. I suoi migliori amici, coloro su cui ha investito tutto, a pochi giorni dalla resa dei conti sono totalmente assenti.

Gesù giunge così a Gerico: con la percezione di avere sbagliato.

Nella scelta dei Dodici, di quei Dodici.

Vorremmo affrontare le difficoltà nei momenti di forza, quando siamo convinti e determinati.

Non accade mai. La prova la dobbiamo quasi sempre affrontare quando siamo fragili e spossati, demotivati e depressi. Soli. Come ha dovuto fare Gesù.

Sa che quella salita lo condurrà allo scontro finale. Sa che a Gerusalemme lo aspetta l’incomprensione totale. E la folla che ha intorno non ci sarà.

Davanti alle grandi scelte e ai grandi dolori siamo necessariamente soli, anche se attorniati da molte persone. Gesù sa di essere solo. Ma non è rinchiuso su se stesso, il rabbì.

Il suo sguardo e il suo cuore sono per sempre aperti, definitivamente donati.

Quel cuore che sarà trapassato da una lancia, quel cuore che sarà spaccato è già da ora aperto e sanguinante, accogliente e compassionevole.

Bartimeo

E, uscendo da Gerico, Gesù incontra Bartimeo.

Bartimeo è l’ultimo discepolo, quello invitato a salire a Gerusalemme per vedere un Dio che muore.

L’ultimo miracolo compiuto da Gesù. È l’unico povero, nel secondo vangelo, chiamato per nome.  È conosciuto Bartimeo. Dio sa bene chi è e cosa sta vivendo.

Bartimeo, il figlio di Timeo, è cieco.

È ai margini della strada, mentre tutti la percorrono. È immobile, mentre tutti camminano.

È cieco, mentre tutti vedono. È maledetto da Dio.

È ciò che tutti pensavano vedendolo ai lati della strada.

Non c’era nessuna compassione per un malato come lui: se l’era andata a cercare.

Ma poiché l’Eterno aveva raccomandato di esercitare la misericordia, i pellegrini che salivano a Gerusalemme per celebrare la Pasqua lasciavano cadere qualche spicciolo nel mantello di Bartimeo, ripiegato e appoggiato sulle gambe incrociate ad accogliere l’elemosina.

Ecco Bartimeo: un mendicante cieco che sopravvive ai propri sensi di colpa.

Un escluso, uno messo ai margini, un perdente.

La rappresentazione perfetta della condizione umana. Io sono Bartimeo.

Grida

È cieco ma presente alla vita. Aspetta l’elemosina dai pellegrini che stanno salendo verso la Santa.

Sente del trambusto, c’è gran folla concitata. Chiede, si informa. Qualcuno dei passanti spiega: passa Gesù il Nazareno.

Ne ha sentito parlare, probabilmente la sua fama è giunta fino a Gerico.

Replica urlando a gran voce, chiamandolo Figlio di Davide.

Cosa chiede? Pietà.

Qualcuno che lo veda. Che veda chi non vede. Qualcuno che lo consideri, che non lo commiseri, che ne abbia pietà. E se ad avere pietà sarà il Figlio di Davide, allora tutto può cambiare.

Taci

Molti presero a sgridarlo affinché tacesse.

Rassegnati Bartimeo, non disturbare Dio, ha altro cui pensare. D’altronde, se già sei nato menomato, perché mai dovrebbe ascoltarti proprio ora?

Quante volte ci chiedono di tacere!

Cosa fare in questi casi? Quando il mondo che ci attornia ridicolizza la nostra ricerca? Quando i devoti ci invitano alla santa rassegnazione?

Bisogna imitare Bartimeo: tirare diritto. Anzi: gridare più forte.

Figlio di Davide, abbia pietà di me.

Coraggio!

Si ferma Gesù, non tira diritto.

Si ferma ai margini, si ferma, se qualcuno lo invoca. Si ferma, sente bene la voce di Bartimeo che, urlando, sovrasta il parlottio della folla. E ordina alla folla di chiamarlo. E la folla obbedisce. Da muro diventa finestra. Regala il proprio sguardo al cieco. E la parola alla Parola.

Coraggio. Alzati. Ti chiama.

Tre verbi come tre fucilate. Senza congiunzioni, senza aggiunte.

Tre imperativi che aiutano Bartimeo a cogliere il momento straordinario che sta per vivere.

Abbi coraggio! Dio si accorge del tuo dolore, Dio vede, Dio ascolta come tu l’hai saputo ascoltare.

Bartimeo è ancora cieco, la sua vita non è cambiata di una virgola. Ma la sola speranza cambia ogni prospettiva e dona forza e coraggio. A lui e a noi.

Alzati! Abbandona la tua prostrazione, riprendi in mano la tua vita, la tua dignità, mettiti al livello degli altri. Sei tu che lo devi fare, nessuno può farlo per te. Dio ti salva ma solo se accetti di metterti in gioco, di fare la tua parte.

Ti chiama! Continuamente Dio chiama. Non sono i preti e le suore ad avere la chiamata, ma ogni uomo. Chiamati a diventare discepoli, chiamati a far parte del Regno, chiamati a scoprire la nostra vera natura e il nostro splendido destino.

Questo deve fare la Chiesa. Solo questo. Per questo è nata, per questo esiste. Questa la sua missione, il suo compito, il suo obiettivo.

Questo potrebbe diventare (oso) il tornare alle origini di una Chiesa messasi faticosamente in cammino sinodale. Incoraggiare, innalzare, annunciare che ogni uomo è chiamato a scoprire Dio.

Incoraggiare. Far alzare le persone ai margini. Dire che ognuno è chiamato.

Tutto il resto viene dopo.

 

Cosa vuoi che faccia per te?, gli chiede il Signore.

Gloria! Avevano chiesto gli apostoli. Luce, chiede Bartimeo.

Sì, è lui il discepolo disposto a seguire il Messia fino a Gerusalemme. Fino alla croce.

È lui il vero discepolo, cieco tornato a vedere e chiamato a seguire il Maestro, come me.

1 Comment

  • Marelli Piergiorgio, 24 Ottobre 2021 @ 11:26 Reply

    Grazie Paolo per la bella riflessione…mi metti sempre un pò in crisi grazie

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