Before Midnight Recensione

Before Midnight - la recensione del film di Richard Linklater con Ethan Hawke e Julie Delpy

11 febbraio 2013
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Richard Linklater, Julie Delpy ed Ethan Hawke, riunitisi a quasi dieci anni dal loro ultimo incontro parigino, hanno catturato di nuovo la magia naturale di Jesse e Celine, e la loro capacità di parlare a una generazione.

Before Midnight - la recensione del film di Richard Linklater con Ethan Hawke e Julie Delpy

Ops, they did it again.
Richard Linklater, Julie Delpy ed Ethan Hawke, riunitisi a quasi dieci anni dal loro ultimo incontro parigino, hanno catturato di nuovo la magia naturale di Jesse e Celine, e la loro capacità di parlare a una generazione.
Li avevamo lasciati a fare l’amore in una camera d’albergo a Parigi, interrogandoci sul loro futuro, e li ritroviamo insieme, in vacanza in Grecia con le loro due gemelle e col figlio che lui ha avuto dalla precedente relazione, che però parte subito per gli States aprendo dubbi nel cuore del padre.

Anno più, anno meno, Jesse e Celine sono oramai dei quarantenni. Vivono e lavorano a Parigi, e hanno a che fare con i problemi che le coppie di quasi quarantenni si trovano ad avere a che fare.
Li seguiamo nel loro dialogare ininterrotto, dall’aeroporto dove Jesse saluta il figlio alla casa degli amici intellettuali che li ospitano, alla stanza d’albergo che questi gli hanno offerto per passare una serata romantica. E seguiamo l’evolvere del loro dialogo, minato dal virus del disaccordo fin da quando Jesse ventila l’idea di voler star più vicino a suo figlio, e quindi trasferirsi a Chicago.
Quel virus, nel corso delle loro complesse conversazioni, inizia a operare lentamente e, come spesso accade, infetta progressivamente parti sempre più grandi del rapporto e della discussione, portando l’organismo coppia sull’orlo di un nevrotico collasso.

Nella loro incontenibile e colta logorrea, Jesse e Celine parlano di questioni pratiche e di filosofia, di ruoli e dell’Amore, dell’essere genitori e della Morte, di realizzazioni professionali e di individualità, di tradimento e femminismo, del tempo per sé e quello per gli altri,  di routines e di passione, di chi fa cosa e di come si vorrebbe cambiare l’altro. Parlando della vita, quella di tutti i giorni, quella di sempre, quella di ieri, di oggi, di domani.
Impossibile per chi è coetaneo dei due protagonisti (ma non solo) non ritrovarsi molti degli argomenti di conversazione più o meno pacifica della vita in comune con qualcuno, di una famiglia, di una coppia di amanti e di genitori.
Impossibile non riconoscersi nella quotidianità che viene raccontata, nella banalità e nella meschinità di tante piccole e grandi recriminazioni, nell’imperfezione che rende gli altri, e il nostro amore, perfetti e non irreali.

In tutto questo, la familiarità che sentiamo con i personaggi che bisticciano e si amano sullo schermo fa il paio con quella che i loro interpreti e il regista hanno fra di loro. Quella familiarità e quella confidenza che rende possibile e completa l’illusione di realtà di dialoghi lunghissimi e senza stacchi, sinceri e spontanei (improvvisati o meno). Che regala a Before Midnight l’agilità fluida e liquida del vissuto e (gli e ci) concede il lusso dell’irrinunciabile speranza dell’ottimismo.



  • Critico e giornalista cinematografico
  • Programmatore di festival
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